Domenica 24°

Tragica la situazione dove non c'è la consapevolezza evangelica del perdono di Dio nel perdono reciproco: si andrebbe da una vendetta all'altra anche a livello sociale, fino alla distruzione completa. Senza evangelizzazione è ciò che oggi aumenta sempre più in famiglie nemiche fino all'eliminazione morale e qualche volta fisica degli altri


Dio rivelandosi a Mosè nell'Essere come Persona "Io sono Colui che sono" da cui tutto proviene e in Gesù l'Essere come Persona si rivela relazione, Padre, Figlio, Spirito Santo cioè Amante, Amato, Amore. L'essere umano, creato ad immagine di Dio come persona è relazione maschio-femmina, famiglia, società con il libero-arbitrio cioè la possibilità di amare ed essendo finito con il rischio di odiare cioè peccare e perciò bisognoso continuamente di ricevere dando perdono. Dio rivela la sua misericordia cioè un amore più grande di ogni peccato in chi è sempre disponibile al perdono.

Già l'Antico Testamento mostra il rapporto tra il perdono che riceviamo da Dio accordando il perdono ai nostri fratelli. Il brano del Siracide con cui abbiamo ascoltato Dio qui ci mette dinnanzi l'impossibilità del Suo perdono rifiutandolo ai fratelli:" Se qualcuno conserva la collera verso un'altra persona, come oserà chiedere la guarigione al Signore?". Ogni guarigione morale o fisica è in rapporto al perdono ricevuto donandolo. Ecco l'invito a tutti: "Perdona l'offesa al tuo prossimo, e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati".

Questo insegnamento del Siracide Gesù lo rende molto più forte e convincente con una parabola, in cui mostra l'incoerenza di chi è stato perdonato e si rifiuta di perdonare. In questa parabola Gesù parla di debiti; anche nel Padre nostro, preghiera cristiana modello di ogni preghiera parla del perdono con l'immagine dei debiti: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Il perdono di Dio senza misura perdonando.

Pietro chiede a Gesù. "Signore, quante volte devo perdonare al mio fratello, se pecca contro di me?" Pietro ha capito che il Signore è misericordioso e vuole propagare la misericordia che è necessaria; ma pensa che ci sia un limite al perdono, che non si possa perdonare indefinitamente; perciò dice: "Fino a sette volte?". 

A Pietro sembra già molto perdonare sette volte al fratello; e a noi, forse, sembra già molto perdonare una seconda volta per colpe simili che siano state commesse nei nostri confronti. Quando si perdona una volta, si esige che quella colpa non si ripeta più.

Pietro dunque mostra di essere generoso quando dice: "sette volte". Nella sua risposta Gesù è molto più radicale rivelando che il Padre ci perdona fino all'ultimo istante di vita: "Non dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". È come dire: "sempre". Settanta volte sette, infatti, sta ad indicare un numero esagerato: è inverosimile che un fratello offenda 490 volte! Quale persona ha modo di offendere tante volte un'altra persona.

Con la sua risposta Gesù ci vuole dire che dobbiamo essere sempre disposti a perdonare un fratello, anche se ci offende in continuazione, perché il Padre con la sua misericordia ci perdona fino all'ultimo momento per cui all'inferno non è Lui che ci manda ma siamo noi che ce lo creiamo rifiutando totalmente e per sempre il suo perdono. Poi conferma questa rivelazione con la parabola, l'immagine del re misericordioso e del servo spietato.

Il re di questa parabola è generoso. Viene da lui un servo che gli deve dieci mila talenti, ossia una somma enorme, incredibile (milioni di euro!). Siccome il servo lo supplica, si getta a terra e dice: "Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa", il padrone, impietositosi di lui, lo lascia andare, condonandogli addirittura il debito. Il servo dunque è beneficiario di una generosità straordinaria da parte del padrone senza essere disponibile al perdono.

E, appena uscito, egli incontra un altro servo come lui, che gli deve cento denari, cioè una somma ridicola in confronto ai diecimila talenti. Cento denari in quel tempo significavano il salario di cento giornate di lavoro. Quindi si tratta di una somma di un certo rilievo, ma infinitamente piccola in confronto con l'altra. È un rimando al perdono del Padre misericordioso nella Confessione nella disponibilità al perdono nostro.

Il servo che ha beneficiato della generosità del padrone non ne ricorda affatto e, afferrato il compagno, lo soffoca e gli dice. "Paga quel che devi!", Il compagno fa esattamente quello che il primo servo ha fatto nei confronti del padrone: si getta a terra e lo supplica, dicendo: "Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito".

La situazione è del tutto parallela, ma la conclusione è completamente opposta: il servo che beneficiato della generosità del suo padrone senza la disponibilità al perdono non vuole ascoltare l suo compagno e lo fa gettare in carcere, finché non abbia pagato tutto il debito. Questo atteggiamento è contro la nostra stessa natura segnata dal rischio del peccato per il libero arbitrio con cui possiamo amare come Dio cioè fino al perdono; gli altri servi ne restano scandalizzati: è inconcepibile un atteggiamento del genere! È da inferno!

Questo è il nostro quando, bisognosi del perdono di Dio, non siamo disponibili al perdono. Se siamo sinceri tutti cogliamo il condono di un debito enorme: sin dal battesimo siamo stati perdonati da lui, cioè ci è stato condonato il debito originale senza nostra colpa; e poi, con una misericordia instancabile, Dio ci perdona tutte le colpe giornaliere, non appena mostriamo il minimo segno di pentimento nella disponibilità a perdonare. Anzi Dio fa delle nostre colpe, dei nostri sbagli un'occasione di grazie più abbondanti, di amore più generoso. Quanti ricordi di questa Provvidenza. Ma se in tutta la vita non ravviviamo il cuore della nostra fede, della nostra speranza, della nostra carità cioè la disponibilità al perdono che è garanzia di paradiso nonostante tutte le nostre miserie, le nostre infedeltà, siamo pazzi.

Gesù ci dice che dobbiamo "perdonare di cuore". Il nostro perdono non dev'essere dato a malincuore, a fatica, ma generoso, pieno anche di delicatezza. E c'è una certezza da non dimenticare. Noi possiamo vedere e subire le conseguenze di azioni cattive ma non possiamo vedere la coscienza di chi le commette e quindi la colpevolezza che solo Dio e in parte di chi le commette vede. Ecco il segreto della relazione con tutti cioè il non giudicare nessuno che ci dà la certezza di essere sempre perdonati, quindi certi del paradiso.

In questa Messa che è l'attualizzazione sacramentale del sacrificio della Croce di ogni domenica per liberarci dalle colpe chiediamo di essere disponibili sempre al perdono, qualunque torto subiamo. Lo chiediamo alla Madre della msiericordia.


Commenti

Post popolari in questo blog

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno

Sulla bellezza della Messa “Tridentina”