Risposta di alcuni studiosi alla Nota della Pontificia Accademia per la Vita

Risposta di alcuni studiosi per la vita alla Nota della Pontificia Accademia per la Vita sulle "Linee per l'interruzione volontaria della gravidanza con Mifepristone e Prostaglandina, emanate dal Ministero della Salute italiano il 12 agosto 2020


Risposta di alcuni studiosi per la vita alla Nota della Pontificia Accademia per la Vita sulle "Linee Guida" per l'interruzione volontaria della gravidanza con Mifepristone e Prostaglandina, emanate dal Ministero della Salute italiano il 12 agosto 2020.

Con non poca sorpresa e delusione abbiamo letto la Nota della Pontificia Accademia per la Vita del 14 agosto 2020. Questa dichiarazione commenta criticamente le nuove direttive del Ministero della Salute italiano relative alla somministrazione di abortivi chimici in un day hospital, nel contesto della cosiddetta "pandemia" di COVID-19. Nonostante l'intenzione critica sia certamente da condividere, pure ci sono diversi motivi per cui coloro che possiedono retti criteri morali dovrebbero essere rattristati e seriamente insoddisfatti di questo documento.

La Santa Sede è sempre stata la Sede della Verità. L'Accademia per la Vita è stata fondata da Papa San Giovanni Paolo II attraverso quell'uomo straordinario che è stato (ed è tuttora)il defunto Dr. Jerome Lejeune. Fin dal suo inizio essa è stata un baluardo della vita e un faro per le persone di buona volontà, perplesse in mezzo alla cultura della morte e tutte le sue confusioni. Per questo motivo troviamo insoddisfacenti i seguenti aspetti della dichiarazione della PAV:

1. La nota PAV inizia facendo riferimento ad alcune buone intenzioni espresse nella Legge194 del 22 maggio 1978, che, come dice la PAV, riguarda "una delle questioni più dolorosamente laceranti della bioetica", quella dell'aborto. Dopo aver affermato che attualmente la Legge 194 è la legislazione "con cui tutti dobbiamo misurarci", la PAV ricorda che, mentre ha legalizzato "l'interruzione volontaria della gravidanza" in Italia, questa legge "riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio" e potrebbe quindi essere considerata, almeno in quella parte in cui si impegna a dare davvero alla donna tutto il sostegno possibile per prevenire l'aborto, come una legge "intorno alla quale poteva e potrebbe ancora essere cercata e alimentata un'idea di civiltà condivisa" tra pro e anti-abortisti. La PAV sottolinea inoltre che l'articolo 2 della legge, parlando del ruolo dei consulenti familiari [governativi], affida loro un ruolo ben più ampio di quello di meramente fornire informazioni che conducano a una scelta di cui lo Stato si limiterebbe a prendere atto e di cui sorveglia l'attuazione "sicura ed efficace". Secondo la legge, è dovere dei consultori familiari aiutare a "superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza", e anche le informazioni che essi forniscono sui diritti e sui servizi devono avere questo scopo.

Sebbene questi riferimenti alle clausole attenuanti della Legge 194, insieme alla denuncia della PAV secondo cui spesso vengono ignorate o aggirate, siano buoni di per sé, pure essi sono decisamente insufficienti in un documento proveniente da una Pontificia Accademia fondata da Papa San Giovanni Paolo II per portare avanti fedelmente la forte testimonianza del suo magistero in favore della vita.

Il fatto che la Legge 194 sia "la normativa in vigore in Italia con cui tutti dobbiamo misurarci", non esonera la PAV, nella discussione delle nuove linee guida del Ministero della Salute, dal dovere di riaffermare opportunamente il giudizio fondamentale della Chiesa sulla stessa Legge 194, ovvero la sua ferma e inequivocabile condanna. In fin dei conti, questa è la legge che ha legalizzato l'aborto in Italia – un fatto gravissimo, su cui laPAV ora sorvola in una breve frase concessiva, con parole eufemistiche che paiono insinuare solo un lieve rammarico. Dice infatti la Nota: "Pur consentendo [la legge 194]l'interruzione volontaria della gravidanza a determinate condizioni, …". Ma il fatto è che questa legge ha rimosso gli ostacoli per l'uccisione di innumerevoli nascituri innocenti. Quindi, anche supponendo che questo statuto iniquo sia il "quadro" legale all'interno del quale "tutti dobbiamo misurarci" nella presente discussione, pure essa non è la misura con cui siamo tutti misurati, e, quindi, non può fornire in alcun modo la base di quella che laPAV chiama "un'idea di civiltà condivisa". C'è infatti una Misura divina che misura veramente tutti noi. Ed è una Misura che non solo condanna tutti i crimini consentiti da questa legge ingiusta, ma esclude anche una critica così blanda e ossequiosa quale è quella ora fornita dalla Pontificia Accademia. La Nota, in effetti, lungi dal criticare la legge 194,non fa che richiamarsi ad essa e al suo pieno rispetto. Dice testualmente: "il richiamo alla194 e al pieno rispetto di quanto in essa previsto può aiutare a chiarire il senso e i possibili rischi di quanto è avvenuto" [con le nuove linee guida].

2. Per quanto riguarda i maggiori rischi per la salute delle donne implicati dalle direttive del Ministero della Salute, la PAV si mostra ad essi meno sensibile di una cattolica che, come ha riportato il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, L'Avvenire (secondo ABCNews), ha denunciato aspramente la nuova direttiva secondo cui d'ora in poi le donne che desiderano un aborto chimico, dopo aver ricevuto in regime ambulatoriale mifepristone prostaglandina, torneranno a casa per sperimentare la successiva espulsione del feto e tutti isuoi effetti collaterali. Questa norma, lamentava la scrittrice, priverà le donne delle "cure psicologiche e mediche necessarie" e "farà vivere alle donne una procedura difficile e pericolosa in solitudine". Invece la nota PAV è relativamente compiacente: dopo aver osservato che questa norma "supera il vincolo di ricovero ospedaliero", che peraltro, si dice, "è facilmente aggirabile e sostanzialmente già superato in molti casi" comunque, la Nota sottolinea che il Ministero della Salute consentirà ancora alle donne che soffrono di dolore o complicazioni di venire a ricevere assistenza presso i presidi sanitari allestiti a tale scopo.

3. La nota PAV riconosce quindi che potrebbero esserci alcuni svantaggi per le donne nel dover sperimentare a casa l'espulsione del feto e i suoi effetti collaterali; ma tace del tutto sulla minaccia notevolmente accresciuta per la vita umana non ancora nata, implicata in un'altra nuova direttiva del Ministero della Salute strettamente correlata, vale a dire quella che estende il periodo in cui il farmaco può essere utilizzato dalla 7a alla 9a settimana di gravidanza.

La critica della PAV a questa estensione è indebitamente limitata e incompleta. Dice infatti: "L'intervento può quindi svolgersi in una fase più avanzata della gravidanza, quando incertezza e rischio possono rivelarsi maggiori".

Ora, i "rischi e l'incertezza" non saranno chiaramente né maggiori né minori per il nascituro. Perché se lui/lei viene abortito all'età di 7 settimane o 9 settimane, la morte è sempre e comunque il risultato certo! Quindi è chiaro che i rischi e le incertezze a cui si fa riferimento sono esclusivamente quelli che riguardano la madre. In altre parole, la PAV, nel valutare questo prolungamento del tempo durante il quale gli abortivi possono essere legalmente utilizzati, esprime preoccupazione unicamente per l'aumento dei rischi per la salute della madre, mentre non accenna nemmeno a condannare, e neppure a menzionare, il conseguente grande aumento del numero di innocenti non nati che verranno uccisi in base alla nuova direttiva. Questo assordante silenzio è indegno di un documento proveniente dalla Sede di Pietro. Crediamo che questa sia, fra tutte, la caratteristica più scandalosa della tiepida risposta della PAV a queste linee guida.

4. In un altro passaggio, la PAV loda eccessivamente un altro aspetto della Legge 194 che si dice sia stato troppo trascurato: "Parliamo dell'impegno [della Legge] a dare davvero alla donna, e alla coppia, tutto il sostegno possibile prevenire l'aborto, superando quelle condizioni di disagio, anche economico, che possono rendere l'interruzione della gravidanza un evento più subito che scelto in quanto esito di circostanze avverse nelle quali diventa difficile o addirittura insostenibile l'idea di avere un figlio."

Questo sofisma scusa l'aborto deliberato come qualcosa che semplicemente accadrebbe auna donna, piuttosto che qualcosa che essa sceglie di fare, ogni volta che ci sono "difficoltà" o "circostanze avverse" di qualche tipo nell'avere il nuovo figlio. In effetti, quante volte una donna abortirebbe un bambino, se la sua gravidanza non comportasse qualche "difficoltà" o "circostanza avversa"? Criteri così ampi, indulgenti e mal definiti potrebbero essere usati per giustificare quasi ogni decisione della vita reale di abortire.

Non sembra esserci molta differenza tra l'atteggiamento espresso nella nota PAV e l'atteggiamento di compromesso che molti politici e purtroppo anche molti ecclesiastici hanno già portato avanti da decenni. A differenza di quei radicali che ora arrivano al punto di esortare le donne a "gridare il tuo aborto", questi "moderati" ammettono blandamente che porre fine a una vita non nata è sempre qualcosa di poco felice, che la società non dovrebbe incoraggiare. Ma ci dicono che dovremmo cercare di ridurre l'incidenza dell'aborto solo lavorando per eliminare le sue "cause profonde" – che identificano come povertà, cattiva salute, supporto inadeguato durante la gravidanza, consulenza insufficiente e così via – piuttosto che proibirlo per legge .

Oltre a non presentare una solida difesa del nascituro, un tale approccio dimentica anche che la riduzione del numero di aborti non è l'unico scopo di una legislazione in favore della vita. La condanna penale degli abortisti ridurrà effettivamente l'incidenza di quel crimine. Ma a parte questo, le leggi esistono anche per inviare un messaggio etico. La società deve proclamare i suoi valori morali fondamentali chiarendo che ci sono alcuni reati contro lagiustizia e la dignità umana che una civiltà umana non solo non deve incoraggiare, ma neppure tollerare. E una tale "tolleranza zero" può essere dimostrata solo penalizzando tali reati. In effetti, questo principio generale, applicato a molte altre forme di comportamento, sarebbe prontamente ammesso anche dai più fedeli sostenitori dell'aborto legalizzato. Quanti di loro, ad esempio, vediamo fare campagne per l'abrogazione delle leggi che penalizzano la discriminazione razziale sul lavoro, l'alloggio, ecc.? Forse che insistono sulla proposta di opporsi al razzismo solo "cambiando i cuori e le menti" attraverso il buon esempio e una migliore istruzione?

Si può certamente accettare che oggi una ragazzina, se vittima di pressioni da parte di medici, psicologi o anche del suo ragazzo, nell'abortire suo figlio all'insaputa dei suoi genitori, potrebbe avere una responsabilità molto ridotta in questo reato. Ma una donna adulta è normalmente responsabile di ciò che fa e non è mai innocente se acconsente a uccidere il proprio bambino. Si deve ricordare qui il vecchio adagio, "piuttosto morire che peccare". Ridurre al minimo o addirittura negare la responsabilità personale della donna e/odella coppia significa in effetti scoraggiare queste sventurate persone dall'aprirsi a una conversione autentica e veramente necessaria. Mentre le blande parole della PAV possono a prima vista sembrare lodevolmente misericordiose, un migliore discernimento rivela che esse sono solo una maschera per trascurare gravemente il valore e la dignità della vita umana sin dal suo inizio. Gli autori dimenticano che gli esseri umani possono, con la grazia di Dio, usare la loro volontà per superare immense difficoltà, come è stato mostrato ad Auschwitz da Maximilian Kolbe, lo stesso santo la cui festa è stata celebrata il 14 agosto, data del documento della PAV.

5. Infine, diverse espressioni usate dalla PAV sono inadeguate per una Pontificia Accademia, poiché adottano gli stessi eufemismi ed espressioni evasive con cui il mondo vuole mascherare il grave crimine dell'aborto. Tali sono, ad esempio:

a. L'uso ripetuto dell'espressione "interruzione della gravidanza" invece di "aborto".

b. L'aborto causato da abortivi chimici è descritto dalla PAV come "un atto di grande rilevanza emotiva, sociale e morale", senza menzionare che si tratta dell'uccisione di un bambino innocente, un orribile omicidio. In un altro passo l'aborto viene definito "un atto che lascia segni profondi nella sua biografia" [di una donna]. Ma la grave immoralità di un simile atto non viene neppure menzionata.

c. La PAV sostiene che come società ora dobbiamo affrontare un "compito comune" – un compito, cioè, in cui sia coloro che sostengono l'aborto sia coloro che difendono la vita sarebbero chiamati a collaborare nella "difesa sia della vita concepita […] che della famiglia", quindi, si spera, contribuendo a prevenire l'inizio di un "inverno demografico" derivante dal crollo dei tassi di natalità. Ma questa aspirazione è totalmente irrealistica. Poiché è diventato chiaro negli ultimi decenni che non esiste un terreno comune rilevante tra coloro, da un lato, che riconoscono la dignità di tutte le vite umane e riconoscono ogni essere umano come persona dal momento del vero concepimento fino alla vera morte, e, d'altra parte, coloro che vogliono che la volontà umana dei privilegiati e dei potenti decida quali esseri umani sono qualificati per essere considerati persone dotate di dignità e diritto alla vita.

6. In conclusione, vale la pena ricordare il carattere tragicamente illusorio della grande visione esposta da Jacques Maritain nella sua opera fondamentale degli anni Trenta: Umanesimo integrale. Questo libro impressionò molto il futuro Papa Paolo VI, e così contribuì in modo significativo al solare ottimismo del cattolicesimo degli anni '60 che trovò espressione in alcuni documenti chiave del Concilio Vaticano II. Maritain prevedeva la sostituzione di quella che chiamava la vecchia "cristianità sacrale" con una nuova" cristianità secolare" in cui cristiani e non credenti avrebbero collaborato in uno spirito di dialogo fraterno e reciprocamente rispettoso per costruire una civiltà basata sui valori umani perenni che egli pensava potessero essere condivisi come terreno comune da tutti gli "uomini di buona volontà". Questa sembra essere la prospettiva filosofica che ancora oggi motiva la PAV. Ma la crescente corruzione della cultura occidentale nell'ultimo mezzo secolo ha dimostrato che questa rosea visione ha purtroppo fortemente sottovalutato il potere del peccato originale e le profondità della malizia del "Principe di questo mondo". Sia Maritain che i Padri Conciliari scrivevano prima che l'aborto o l'eutanasia fossero legalizzati in quasi tutte le nazioni occidentali, e avrebbero reagito con sbalordita incredulità alla notizia che entro pochi decenni le società tradizionalmente cristiane dell'Europa e del Nord America non solo avrebbero elevato la sodomia alla dignità del "matrimonio" nelle loro leggi e avrebbero persino cercato di cancellare la distinzione primordiale tra maschio e femmina, ma avrebbero imposto sanzioni sociali e legali sempre più severe a chiunque osi sfidare o addirittura mettere in discussione questi atti di ribellione contro l'Autore della natura.

È oggi più evidente che mai che non può esistere un terreno comune stabile capace di unire in una "civiltà condivisa" la Città di Dio e la Città Terrena. Preghiamo perché la PAV desista dal tentativo illusorio di placare la prevalente cultura della morte omettendo ogni riferimento, nei documenti che trattano dell'aborto legalizzato, alla grave peccaminosità di questa offesa contro la sacralità della vita umana, e che invece presti maggiore attenzione alle parole dell'Apostolo: "Non conformarti a questo secolo, ma lasciati trasformare dal rinnovamento della tua mente, affinché tu possa discernere qual è la volontà di Dio"(Romani 12: 2).

28 agosto 2020

Festa di Sant'Agostino

vescovo e dottore della Chiesa

Fr. Brian Harrison, OS, MA, STDAssociate Professor of Theology (retired)Pontifical Catholic University of Puerto RicoCarlos

A. CasanovaMember of the Advisory Board of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Alessandr SanmarchiMember of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Paul ByrneMember of the Advisory Board of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Christine VollmerVice-President of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Josef SeifertPresident Emeritus of the John Paul II Academy for Human Life and the FamilyMember of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Claudio PierantoniMember of the Advisory Board of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Thomas ZabiegaMember of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Judie BrownMember of the Advisory Board of the John Paul II Academy for Human Life and the FamilyPresident, American Life League Inc

Pedro Luis Llera VásquezProfessor and Director of Catholic School

Michel HichbornPresident of the Lepanto Institute

Georges BuscemiPresident of the Quebec Life Coalition

Richard FitzgibbonsM.D.

Richard Stith J.D.(Yale), Ph.D.(Yale)Senior Research Professor of Law (Valparaiso University)

Jeanne SmitsParis Correspondent of LifeSiteNews

Hugh OwenDirector of the Kolbe Center for the Study of CreationMember of the John Paul II Academy for Human Life and the Family

Dina NerozziSpecialist in Child Psychiatry and EndocrinologyJohn RistEmeritus Professor of Classics and Philosophy, University of Toronto

John BruchalskiMD FACOG

Paolo PasqualucciRetired Professor of Philosophy of the Law,University of Perugia,

James Bogle EsqTD MA Dip Law ACIArb, barrister (trial attorney), former President of InternationalUna VoceFederation

Paul Herzog von OldenburgPro-life and pro-family activist

José Antonio UretaJournalis

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