La filosofia greca secondo Stefano Fontana

Dal 10 settembre è in libreria "LA SAPIENZA DEI GRECI. LA FILOSOFIA CLASSICA DA TALETE E PLOTINO" di Stefano Fontana (edizioni Fede & Cultura)

Fabio Trevisan in "Fede & Cultura" 15 settembre 2020


Dopo aver letto e apprezzato questo volume (La sapienza dei Greci – https://www.fedecultura.com/negozio?store-page=La-sapienza-dei-Greci-p188517517 Edizioni Fede & Cultura), mi sono chiesto i veri motivi che hanno spinto Stefano Fontana a scrivere una storia della filosofia classica da Talete a Plotino (come recita il sottotitolo del libro). Dubito infatti, conoscendo l'Autore, che siano (come esplicitato nell'Introduzione) soltanto quelli di far conoscere o di far recuperare alcune nozioni in modo ordinato e in un linguaggio semplice; il testo infatti non è una mera carrellata di nomi, non è un excursus su tematiche varie, dalla metafisica all'etica, sollevate e affrontate dai pensatori greci. In questo libro c'è molto di più: c'è innanzitutto l'amore per la sapienza (dalla stessa etimologia di "filosofia") che il Prof. Stefano Fontana ha coltivato in tanti anni di studio e di insegnamento ma, soprattutto, credo che ci sia il desiderio di ritenere non solo utile ma indispensabile la filosofia greca per analizzare in modo approfondito l'attualità dei nostri giorni e dare così un forte sostegno alla nostra comprensione della realtà.


In questo prezioso volume, nell'affrontare i grandi pensatori greci, Fontana non dà nulla per scontato ma valuta in modo oggettivo e critico le conseguenze reali del loro pensiero. In questo senso, il testo offre l'opportunità di riflettere maggiormente non solo sull'attualità del pensiero dei greci ma anche sugli scenari aperti e sulle possibilità enormi (dal punto di vista logico-metafisico e anche etico-politico) da loro prospettate.


La sorgente iniziale dell'uomo che filosofa è la meraviglia, che differisce un pochino dallo stupore, come avverte Fontana: «Mentre lo stupore è la delusione di una nostra aspettativa, la meraviglia riguarda un avvenimento che irrompe totalmente inaspettato. Lo stupore ha ancora relazione con la pianificazione, l'organizzazione…la meraviglia invece ha a che fare con la completa gratuità». Da questa meraviglia nasce la domanda filosofica, nasce la metafisica (da Aristotele chiamata prote philosophia). Tutta la realtà costituisce l'oggetto materiale della metafisica, mentre suo oggetto formale è l'essere in quanto essere, cioè l'incontro del nostro pensare con l'essere. Questa prospettiva della totalità, propria della filosofia, faceva esclamare a Platone: «Chi è capace di vedere l'intero è filosofo, chi no no». Al contrario del sapere scientifico particolare e settoriale, la filosofia studia l'essere in universale e cerca di dare una risposta totale al fondamento, all'arché .


Fontana precisa il divario tra filosofia e ideologia, analizzando in quest'ultima tre forme particolari: il prassismo (sostenuto soprattutto dal marxismo), lo scientismo (il positivismo in tanti ambiti) e il tecnicismo (ciò che anima ad esempio i progetti di transumanesimo). La filosofia, anche se di natura teoretica e contemplativa, non solo è disciplina pienamente umana ma soprattutto ha delle ricadute sostanziali e pratiche che non vanno affatto sottovalutate.


Fontana non nasconde le difficoltà insite nello studio della filosofia: "Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti", il che significa che non tutti accettano la fatica della conquista della verità (alétheia), come anche il famoso "mito della caverna" platonico suggerisce. I primi problemi della filosofia occidentale, come sottolineato da Fontana, sono relativi alla ricerca del senso, del fondamento, dell'origine e del fine di tutte le cose. Arché non è solo il principio, ma anche il fine, l'ordine che regge tutte le cose. Per i primi filosofi, chiamati Fisici (da physis) da Aristotele, la physis era lo stesso principio generatore, l'arché; uno dei principali problemi che dovettero affrontare fu di rendere ragione dell'unità e della molteplicità, dell'unità del diverso, ossia per quali aspetti le cose si diversificano e per quali si accomunano. Così anche per il problema del divenire, per il rapporto tra apparenza e verità, tra doxa e aletheia. L'Autore mostra le posizioni dei cosiddetti Presocratici, da Anassagora e Talete fino a Eraclito e Parmenide, passando per i pitagorici e i fisici pluralisti, cercando di approfondire le caratteristiche dell'intellettualismo greco, che si possono mirabilmente condensare in una frase di Socrate tratta dall'Apologia:  «Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta». La nobiltà della ricerca filosofica della verità nel pensiero presocratico, del logos, della razionalità, pur tra il problema delle fonti (esistenza di un pensiero arrivato a noi in frammenti) e del nesso tra mito, logos e religioni (pubbliche e misteriche), è tracciata nel libro sottolineando l'importanza di un ordine, di una sapienza che informa e regola tutte le cose e che distingue tra un sapere apparente e uno reale e profondo.


Con la rivoluzione dei sofisti, tra il V e il IV secolo a.C., il pensiero greco non solo si trasforma da contemplativo-gratuito al fatto di essere remunerato, ma soprattutto di spacciare, come nella moneta, una sapienza "falsa", orientata alla retorica e alla dialettica (sofistica eristica), in cui viene meno la dimensione oggettiva del sapere:  «i sofisti insegnavano non ad avere ragione, ma a essere più forti», proponendo, come Callicle, l'ideale del "superuomo", cioè di colui che anziché essere sottoposto alle leggi, le fa a proprio piacimento. Credo sia superfluo aggiungere quanto l'analisi filosofica dell'Autore abbia effettivo riscontro con la realtà che stiamo vivendo, farcita di individualismo, di relativismo, di falsi aneliti all'auto-determinazione.


Con la figura di Socrate (anche se egli non ha lasciato nulla di scritto, in quanto lo conosciamo soprattutto attraverso i dialoghi di Platone) non solo si ha una corrispondenza tra filosofia e vita, che arriva coerentemente al sacrificio della stessa esistenza per amore della verità, ma si approda, ancor di più, alla cosiddetta "arte maieutica", ovvero alla capacità di aiutare gli altri a partorire la verità, facendo venire alla luce ciò che precedentemente non era chiaro, superando la doxa per un sapere «altro e alto» attraverso un processo dialettico (animato dal principio di non contraddizione). Con Socrate il daimonion («quel non so che di divino e di soprannaturale che sentiva in sé») poteva condurre alla metanoia (conversione) dell'interlocutore, rendendo manifesta l'importanza del «prendersi cura della propria anima». Socrate, infatti, poteva superare il relativismo etico dei sofisti indicando la qualità dell'essere umano in cui l'uomo è la sua anima e in cui l'io può divenire razionale e libero, sede di valori assoluti. Stefano Fontana affronta la "questione socratica" e la pone all'attenzione critica del lettore, superando alcuni limiti interpretativi legati all'intellettualismo greco, suggerendo un superamento dell'atto conoscitivo quale sola prerogativa dell'intelletto per una visione olistica dell'uomo, includendo pure l'atto della volontà: «Quando l'uomo si volge alla verità e al bene lo fa con tutto se stesso, con l'intelletto che conosce e con la parte dell'anima che ama e che vuole». Il libro ha quindi il merito di porci a stretto contatto con la statura teoretica ed etica di questi grandi filosofi, mettendoci quasi nella possibilità di poter interloquire con loro, cercando innanzitutto di capire il nocciolo dei loro problemi e le argomentazioni da loro assunte.


La vasta influenza di Platone fino ai nostri giorni è quindi giustamente collocata e vista sulla zattera di una seconda navigazione, che abbandona il vento della physis precedente per imbracciare i remi della metafisica, ossia della ricerca dell'essenza, di ciò per cui una cosa è ciò che è, e trovando nel mondo iperuranico delle Idee il fondamento (arché) delle cose. Fontana, nel sottolineare l'equivocità del dualismo platonico tra Idee e realtà delle cose particolari, pone in risalto la metafisica della partecipazione tra Idee trascendenti e immateriali e il mondo materiale e finito, facendo vedere non solo un'irriducibile separazione ma anche una certa comunione: «Il concetto di partecipazione è la prospettiva metafisica centrale in Platone». Al contrario di Parmenide e delle sue note sull'essere, Platone evidenzia un altro aspetto dell'essere, l'Essere-diverso, che non significa non-essere, ma essere come diverso e non più univoco. Anche dal punto di vista gnoseologico, come ha ben mostrato l'Autore, Platone si è posto dinanzi alla capacità della conoscenza umana di conoscere le cose particolari esperite a partire da una conoscenza dell'universale da intendersicome ànamnesis (ricordo). Non solo i gradi della conoscenza platonica, tra un sapere doxastico e un sapere epistemico, sono osservati attentamente da Fontana, ma anche la dottrina dell'anima e l'antropologia conseguente, così come quella dell'Eros e del bello: «Il bello è misura e proporzione, quindi verità e ordine…il bello di una cosa è quindi la sua verità, la sua intima misura, l'equilibrio della sua essenza, lo splendore della sua forma». Fontana fa intravedere tra le pagine la bellezza dei grandi miti platonici e la possibilità che il loro ricorso aiuti la stessa ragione, così come la visione dell'uomo politico e la vita della polis in Platone fanno scorgere i dilemmi e i limiti di una visione che, secondo le parole dell'Autore: «Vuole di fatto eliminare qualsiasi corpo intermedio tra il cittadino e lo Stato, compresa la famiglia.


Con Aristotele si approda a un realismo metafisico che cerca di superare alcune contraddizioni del mondo delle idee di Platone. Stefano Fontana ripercorre, anche se brevemente, il percorso logico di Aristotele nella definizione di predicato, predicabile e categoria per arrivare alla consistenza ontologica delle categorie quali modi in cui l'essere si presenta e chiarendo le due caratteristiche fondamentali della sostanza: l'in sé (separato) e il questo (determinato). Aristotele ha anche precisato il concetto di sostanza quale composto di materia e forma. Il sapere filosofico diventa autentico quando si conoscono le cause, che vengono precisate da Aristotele essere quattro: causa efficiente, formale, materiale e finale. Anche lo statuto della metafisica si specifica in Aristotele, come ha correttamente evidenziato l'Autore: «Ontologia (studio dell'essere), come eziologia (studio delle cause) e come teologia (studio di Dio)». Fontana riesce a penetrare la complessità del pensiero aristotelico e a porci dinanzi ai suoi interrogativi sull'argomentazione scientifica e l'importanza del sillogismo, sulla distinzione tra postulati e assiomi, sui principi (di non contraddizione, di identità e del terzo escluso), sulla distinzione tra razionalità scientifica e filosofica, tra il termine ratio e intellectus, tra l'essere come potenza e atto e ancora tra intelletto attivo e passivo. Sulla questione dell'eventuale separazione tra le due funzioni dell'intelletto (attivo e passivo), Fontana si sofferma non solo nell'evidenziare la presunta esistenza di due intelletti diversi e distinti, ma delle ricadute logiche ed esistenziali di un'eventuale concezione. Così l'Autore non solo ci rende apprezzabile lo sforzo aristotelico di dare ragione della propria filosofia, ma ci fa gustare i frutti del pensiero anche delle concezioni politiche ed etiche conseguenti. Affermazioni come: «L'uomo non può realizzare pienamente il proprio bene e la propria felicità se non è aiutato dall'intera comunità politica» e : «La società comincia prima della comunità politica e la vita sociale non si esaurisce nello Stato»  attribuite al pensiero di Aristotele ed evidenziate nel libro dall'Autore, rimangono caposaldi non solo del pensiero ma soprattutto dell'agire etico-politico, indispensabili per la comprensione ad esempio dei principi e dei valori della Dottrina sociale della Chiesa.


Prima di arrivare al capitolo conclusivo dedicato alla grande sintesi di Plotino, Fontana presenta e sottopone a giudizio i limiti e le incongruenze della cosiddetta filosofia ellenistica (in particolare l'epicureismo, lo stoicismo e lo scetticismo), facendo scorgere quanto il tramonto della polis abbia inciso profondamente nell'elaborazione del pensiero. Merita ancora sottolineare come la visione epicurea dell'uomo etsi deus non daretur (come se Dio non fosse) sia di stringente e drammatica attualità. Il pregio di questo stimolante libro è appunto quello di farci pensare, esaminare, giudicare quanto il pensiero greco, da Talete a Plotino, possa aiutarci a discernere veramente nella realtà nella quale stiamo vivendo. Non allontanandoci da loro, dalla sapienza dei greci, potremo cercare una soluzione teorico-pratica ai problemi della nostra epoca, ma attraverso loro e con loro potremo riassaporare la bellezza (e la fatica) della verità.

Fabio Trevisan


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