Fratelli e amici ricevendo in bocca adoranti l'Ostia consacrata almeno ogni domenica

È normale per ogni cattolico ricevere in bocca adoranti e in grazia di Dio l'Ostia consacrata partecipando, almeno ogni domenica, all'attualizzazione sacramentale del Sacrificio della Croce nell'orizzonte della Trinità e quindi della fraternità


"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui" (Gv 6,56). Questo personale contatto fisico con il Signore, preparato dall'ascolto della Sua Parola, è vitale, indispensabile, insostituibile per la fraternità e amicizia cristiana aperta nella missionarietà a tutti e a tutto con l'evangelizzazione.

Nel 1789 la rivoluzione francese progettò nella libertà e nella uguaglianza una fraternità universale alternativa alla necessità della fede cattolica con tutte le analoghe conseguenze delle rivoluzioni atee di questi secoli di cultura moderna.

Oggi ci troviamo nella necessità di fraternità anche nella situazione pandemica con tutte le urgenze di solidarietà di fronte al disastro economico e sociale. E soprattutto da credenti ci poniamo la domanda: perché questa epidemia, questa sofferenza storica? La scienza ricercherà le origini e i vaccini per rispondervi oggi. Ma resta l'interrogativo sul perché delle sofferenze storiche di peste e di pandemie. La risposta non può venire dalla scienza e nemmeno dalla sola ragione.  L'Essere rivelatosi come Persona, Creatore del cielo e della terra, a Mosè "Io sono colui che sono" e pienamente nell'incarnazione, passione morte, risurrezione, ascensione e accoglienza del Padre nello Spirito Santo di Gesù Cristo, per ricreare ciò che fin dalle origini è stato ferito in ogni uomo e nel creato dal peccato delle origini di cui ne subiamo le conseguenze senza nostra colpa a meno che non vi aggiungiamo i nostri peccati. Ecco il perché della sofferenza, il peccato delle origini senza nostra colpa e quello attualizzato dal nostro peccato personale, oggi soprattutto culturalmente con il secolarismo o silenzio su Dio e con Dio con conseguenze sociali. E il peccato più tremendo, soprattutto in questo momento, la non voluta fede, speranza, carità nella presenza sacramentale di Gesù Cristo. Senza negare l'urgenza della dovuta attenzione alle norme igieniche e di sicurezza, all'attesa di vaccini urge richiamare in chiesa almeno alla domenica quei tanti battezzati, troppi fratelli cattolici "scoraggiati", impauriti, da mesi assenti o distratti totalmente presi dalle cure del corpo dimenticando le esigenze dell'anima, dello spirito.

È dunque impensabile continuare a seguire la celebrazione eucaristica via streaming dal salotto o dalla camera da letto. "Anzi - secondo la lettera del cardinale Robert Sarah, Prefetto della congregazione per il Culto Divino e i Sacramenti, a tutti presidenti delle conferenze episcopali del mondo; lettera approvata da papa Francesco lo scorso 3 settembre – queste trasmissioni, da sole, rischiano di allontanarci da un incontro personale, intimo e comunitario con il Dio incarnato che si è consegnato a noi in modo virtuale. Ma realmente, dicendo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui" (Gv 6,56) e matura la fraternità cristiana. "La dimensione comunitaria, fraterna – cardinal Sarah -ha un significato teologico: Dio (che si è rivelato Essere come Persona) è relazione di persone nella Trinità santissima; crea l'uomo nella complementarietà relazionale. […] Per descrivere la vita eterna la Scrittura usa l'immagine di una città: la Gerusalemme del cielo (Ap 21); una città è una comunità di persone che condividono valori, realtà umane e spirituali fondamentali, luoghi, tempi e attività organizzate e che concorrono alla costruzione del bene comune". È dunque impossibile ridurre la preghiera della Chiesa, così urgente di fronte al perché della pandemia, alla sola preghiera personale, sostituire il "culto pubblico integrale" (SC 7) con una religiosità domestica o individuale. La specificità e il tratto distintivo della fede cristiana è la fede nel primo mistero cioè nel mistero trinitario che rivela contemporaneamente chi è Dio e chi è ogni uomo amato fino al perdono. La novità, l'originalità di questa concezione di Dio proviene dalla rivelazione portata a compimento da Gesù Cristo, rivelatore di Dio come Abbà, suo e nostro Padre. Nel suo perenne atteggiamento filiale, specialmente nella preghiera al Padre, nel cui spirito filiale unico o originario riceviamo lo Spirito santo la filiazione adottiva di figli nel Figlio e quindi "fratelli", "etnia, nazione santa, popolo sui generis" (Paolo VI) come fratelli distinti a servizio della fraternità di tutti popoli nel dinamismo dell'amore trinitario ecclesialmente per tutti gli uomini di tutte le religioni. Il mistero che celebriamo, e che torna sacramentalmente presente in ogni Eucaristia, è lo specchio per contemplare in ogni Messa il mistero trinitario. La grazia offerta da Dio agli uomini, nel sacrificio redentore, si converte in preghiera di adorazione eucaristica di dimensione trinitaria, come è stato richiamato dall'apparizione dell'Angelo della Pace ai tre fanciulli, nel 1916 a Fatima:" Santissima Trinità, Padre, Figlio, e Spirito Santo, Vi adoro profondamente, Vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo".

"A sfolgorare in tutta la sua attualità – cardinale Sarah -è l'esempio dei fratelli martiri di Abitene (inizi del IV secolo), i quali risposero ai loro giudici con serena determinazione, pur di fronte a una sicura condanna a morte: 'Sine Dominico non possumus'. Quel non "possumus" è un assoluto, e l'ablativo neutro (Dominico), non indica semplicemente la domenica, ma tutto quello che è del Signore. La comunità cristiana non può dunque vivere 'senza la Parola del Signore, che nella celebrazione prende corpo e diventa parola, presenza continua, […]; senza partecipare al sacrificio della Croce in cui il Signore Gesù si dona senza riserve per salvare, con la sua morte, l'uomo che era morto a causa del peccato' e neppure senza 'convenire fraternamente al banchetto dell'Eucaristia'. Non possiamo vivere senza il giorno del Signore che ha l'edificio chiesa come casa e la celebrazione della liturgia come "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua forza" (SC 10).

Ho visto una intervista di un parroco di Milano. Sul 10% per cento dei cattolici fedeli alla Messa domenicale prima della "messa senza popolo" dall'11 marzo, il 30% di questo 10% non è ritornato. È un quadro che conferma ciò che ha spinto, come urgenza prioritaria, Benedetto XVI all'anno della fede e all'Enciclica sulla fede firmata e pubblicata da Papa Francesco. Pastoralmente questo è il primo problema a monte di tutti gli altri, a cominciare dalla fraternità e amicizia.


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