Cavalieri Visegrad pace
A Kiev vanno, a loro rischio e pericolo, solo i premier di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia. Portano la solidarietà cristiana dei Paesi dell'europa centrale liberatasi dal comunismo. Ma a Bruxelles, dove invece la diplomazia langue, si preferisce approvare le sanzioni contro la Polonia. Che nel frattempo, da sola, accoglie quasi 2 milioni di profughi.
Luca Volonté, in "La Nuova Bussola" – 18 Marzo 2022
Tre Cavalieri di Visegrad a Kiev per la pace, inetti all'opera a Bruxelles per fomentare la guerra interna all'Europa. L'Europa è scissa in due, da un lato la solidarietà e la dimostrazione di statura politica e umanitaria di Paesi come Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria e dall'altro personaggi improbabili seduti sulle proprie comode poltrone di Bruxelles che, aspettando l'arrivo di Biden (24 Marzo), si intrattengono nel capire come meglio colpire i propri Paesi membri.
Certo, l'assenza della politica e, dunque, di ogni iniziativa per la pace sul continente marchierà i prossimi decenni europei. Tuttavia c'è speranza nel vedere come tre premier, di cui due dei cavalieri di Visegrad (i governi conservatori di Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia) abbiano deciso ieri di rompere le fila della pavidità e viaggiare con mezzi di fortuna e sfidando il pericolo sino a Kiev. Non una scampagnata inutile, quando una coraggiosa scelta di esser vicini fisicamente e moralmente al Governo di Kiev che sta subendo le sorti peggiori del conflitto. Il resto dei Paesi europei, non si muove al di fuori della logica della semplice fornitura di armi, tutt'al più concede qualche appello o si abbandona a strali. Nulla, proprio nulla corrisponde alla storia, alle ambizioni, ai valori che l'Europa avrebbe dovuto e ambiva a rappresentare in questo secolo. Non è un caso che i Paesi del centro ed est Europa siano così sensibili e solidali, non dipende certo e solo dal loro recente passato sotto lo stivale sovietico. Piuttosto, sono quei valori di libertà, di fede cristiana, si senso della solidarietà e della civiltà propriamente europei che oggi giorno solo loro rappresentano.
Non è un caso che mentre martedì i leader di Polonia, Repubblica ceca e Slovenia si incamminavano sotto e bombe a Kiev e mercoledì', altrettanto faticosamente rientravano nelle loro capitali, le Commissioni del Parlamento europeo approvavano le proprie relazione e pareri sullo Stato di Diritto nei paesi dell'UE, in cui proprio i paesi del centro ed est Europa, Polonia, Ungheria e Slovenia in primis, vengono additati come autocrati e da sanzionare la più presto, grazie al meccanismo di 'condizionalità' già licenziato, con tanto di obiettivi da colpire, la scorsa settimana. Che dire di più? Non solo l'auspicio e l'invocazione per una Europa a due polmoni di San Giovanni Paolo II della fine del secolo scorso è rimasto inascoltato, ora dobbiamo dirci con verità che quella separazione è cresciuta e molta parte della vecchia Europa consiste solo nell'abbraccio con gli Stati Uniti, nella sostituzione della diplomazia con la vendita di armi e con il peggior colonialismo culturale anti cristiano.
Sia chiaro, come hanno detto i premier dei tre Paesi: tutti i leaders europei erano informati e potevano partecipare. L'unico (parzialmente) giustificato per la sua assenza è stato Victor Orban che aveva le celebrazioni della Festa Nazionale proprio il 15 Marzo, dopo essersi impegnato in prima persona per evitare il conflitto ad inizio febbraio (sollevando critiche da parte degli europeisti). La frattura è profonda ed è vergognosamente paradossale sino al punto che non un soldo è arrivato sinora per aiutare la Polonia ad accogliere il 1 milione e 800mila profughi, mentre Varsavia continua a pagare 500mila euro al giorno di sanzioni da Bruxelles. Vi sembra normale?
Nel frattempo, a conferma della voluta incapacità e assenza europea, la diplomazia turca non si ferma e il fine Ministro degli Esteri Cavusolgu è ha incontrato a Mosca il Ministro Lavrov e a Kiev Kuleba, nelle stesse ore in cui i Ministri della Difesa (!) europei dei Paesi apparenti alla Nato si incontravano a Bruxelles. Da un lato la diplomazia, dall'altro sanzioni e armi. Non a caso, ieri stesso, il presidente polacco Duda ha deciso di recarsi ad Ankara per discutere ed approfondire le trame per possibili accordi per una pace duratura tra Ucraina e Russia e, poche ore dopo, il Presidente Erdogan ha avuto un lungo colloquio telefonico con Zelensky. Noi confidiamo e preghiamo per la pace, una volta firmata un'intesa complessiva per la sicurezza di entrambi i Paesi, la Russia e l'Ucraina. Per certo, nella giornata di ieri si sono registrati passi avanti nella intesa e nei colloqui di pace, non solo per il cessate il fuoco temporaneo. Tutte le dichiarazioni di parte russa e ucraina a qualunque livello rilevano un avvicinamento che fa ben sperare. I dettagli dell'intesa non sono irrilevanti, la neutralità dell'Ucraina deve trovare un suo status e garanzie proprie, così come quella nuova intesa sulla complessiva sicurezza del continente europeo dovrà essere scritta e garantita con strumenti molto più seri di quelli sinora previsti dai trattati. Accontentiamoci della pace, oggi di questo abbiamo bisogno.
Ci sarà tempo di fare altre considerazioni sulle vere ragioni che hanno scatenato la guerra, la complicità occidentale nel non garantire l'applicazione degli Accordi di Minsk, seguiti al colpo di stato ucraino di cui si vanta Soros . Tempo al tempo, noi preghiamo per la pace e prendiamo atto della scissione in Europa, Rimbocchiamoci le maniche per ricostruire un continente unito, fiero delle proprie radici giudaico cristiane che oggi è distrutto a causa delle inettitudini di Bruxelles.
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