Sessualità
Roberto Marchesini, in "La Nuova Bussola" – 27 Marzo 2022
«Quei centrotrenta discorsi catechetici costituiscono una sorta di bomba ad orologeria teologica, che potrebbe esplodere con effetti spettacolari nel corso del terzo millennio della Chiesa. E quando ciò accadrà, forse nel XXI secolo, probabilmente la sua Teologia del Corpo verrà considerata una svolta non soltanto della teologia cattolica, ma anche nella storia del pensiero moderno».
Così George Weigel, il più noto biografo di Giovanni Paolo II, definisce la Teologia del Corpo: un insegnamento rivoluzionario, nel metodo e nel contenuto, sulla sessualità umana che Giovanni Paolo II ha elaborato in moltissimi anni di lavoro pastorale e presentato come Magistero pontificio nelle udienze del mercoledì tra il 1979 e il 1984, nei primi anni del suo lungo pontificato.
Giovanni Paolo I aveva iniziato le sue catechesi del mercoledì parlando delle virtù teologali e cardinali; il suo successore portò a termine questo ciclo dedicato alle «sette lampade della santificazione», ossia le sette virtù. Conclusa questa trattazione, cogliendo l'occasione del prossimo Sinodo dei Vescovi sul tema «I doveri della famiglia cristiana», papa Wojtyła cominciò ad esporre le sue riflessioni sulla sessualità che aveva maturato negli anni precedenti. Svolse questo tema dal 5 settembre 1979 al 28 novembre 1984, per un totale di 129 catechesi, con due sole interruzioni: la prima tra il maggio e il settembre del 1981, dopo l'attentato che lo ridusse in gravi condizioni; la seconda in occasione dell'Anno Santo del 1983.
Queste catechesi portarono al dibattito teologico circa la sessualità umana due grandi novità, nel metodo e nel contenuto, come dicevamo. Nel metodo perché, anziché procedere in modo deduttivo, ossia da un principio generale traendone le logiche conseguenze, Giovanni Paolo II procede in modo induttivo, ossia traendo principi generali dall'esperienza quotidiana e comune. Nel contenuto perché la Teologia del Corpo rappresenta un salto qualitativo importante rispetto all'insegnamento tradizionale rispetto alla sessualità e al matrimonio.
Anche l'enciclica Humanae Vitae di Paolo VI rispecchia questo insegnamento tradizionale che si basa sul significato naturale della sessualità. È vero che nell'enciclica di papa Montini si parla di «significati dell'atto coniugale», e non di «fini», come nell'insegnamento tradizionale; non si può escludere che l'uso di un termine che fa riferimento al «linguaggio» sia una conseguenza del rapporto che l'Istituto Diocesano di Studi sulla Famiglia guidato dall'allora cardinale Wojtyła inviò al pontefice. Tuttavia, l'impianto dell'Humanae Vitae rimane «naturale», non si apre al «soprannaturale»; tra le accuse che questo documento ricevette ci fu infatti quella di «biologismo», ossia di basare l'insegnamento morale sulla sessualità esclusivamente sulla biologia umana.
La Teologia del Corpo, invece, proietta la sessualità umana nel suo significato soprannaturale (per questo è «Teologia» del corpo), ossia come mezzo per la piena realizzazione della persona, cioè la sua santificazione.
Segnalo molto volentieri, per chi volesse approcciarsi o approfondire questo splendido insegnamento, il terzo appuntamento del Cammino del Bell'Amore, dedicato allo studio e alla divulgazione della Teologia del Corpo di Giovanni Paolo II. L'anno scorso ne avevamo parlato ai lettori della Nuova Bussola (vedi qui) che avevano aderito numerosi e appassionati all'iniziativa; così li invito nuovamente a partecipare a questo elevato momento di formazione. Gli organizzatori sono la Fondazione Veritas Amoris Project e l'Associazione Sintotermico Camen; i promotori La bottega dell'Orefice e gli Sposi Carmelitani di Treviso.
Il corso si terrà il 2 e 3 aprile prossimi presso uno dei più importanti santuari lombardi, il santuario di Caravaggio (BG); relatore unico sarà il professor don José Granados che, credo, non abbia bisogno di presentazioni ai lettori della Nuova Bussola. Per iscriversi, visitare il sito www.camen.org dove si troverà il modulo di iscrizione da compilare online. Non mi resta che augurare una folta partecipazione a questa lodevole iniziativa: buon cammino.
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