La verifica teologico pastorale dei miei 60° di ministero sacerotale

A 86 anni di età, nella solitudine della Casa del Clero con diversi sacerdoti positivi, la memoria ha tanti limiti. Stimolato, però, dalla biografia di "Benedetto XVI. Una vita" di Peter Seewald di 1392 pagine ho sentito il desiderio di una verifica teologico pastorale dei miei sessant'anni di ministero sacerdotale. Lo stimolo si è fatto concreto per una domenica passata con Mons. Carlo Maria Viganò in un Convegno di Fede-Cultura. Evidentemente la verifica può avvenire in un confronto che penso di fare con articoli sul mio blog.


Due testi mi hanno spinto a programmare una serie di articoli di verifica teologico pastorale dei miei sessant'anni di ministero sacerdotale: uno di Benedetto XVI e uno di Monsignor Carlo Maria Viganò. Una verifica ministeriale non può che avvenire in relazione a tante persone e il desiderio di un loro contributo critico, soprattutto da chi è stato nello Studio Teologico San Zeno, nel Centro di cultura cristiana Giuseppe Toniolo. Attendo anche dai parrocchiani di Santa Maria In Organo, Spiazzi, San Fermo, Torri, Sati Apostoli, San Pietro Apostolo.

La spinta alla verifica è venuta dalla feconda lettura di 1392 pagine della biografia "Benedetto XVI. Una vita" di Peter Seewald in risposta alla sua domanda: "Una frase della sua prima omelia come pontefice rimasta particolamente impressa nella memoria: 'Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi'. Aveva forse previsto quello che le aspettava?".

Il papa risponde che non c'era l'allusione i problemi del Vaticano (tipo Vatileakcs), come molti hanno pensato ma al momento storico che la Chiesa sta attraversando dopo il Vaticano II.

"La vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino" spiega Benedetto XVI "non viene da questo genere di episodi: viene invece dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l'esclusione dal consenso di base della società. Cento anni fa chiunque avrebbe ritenuto assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l'aborto, la produzione di esseri umani in laboratorio. La società moderna intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Aver paura di questo potere spirituale dell'Anticristo è fin troppo naturale e occorre davvero che le preghiere di intere diocesi e della Chiesa vengano in soccorso per resistervi".

L'avvenimento di un incontro con la presenza di Cristo nella Chiesa attraverso il suo vicario avvenne per me a 14 anni. Da Cavalcaselle, un paesino agricolo sul lago di Garda, con la Giac andammo nel 1948 a Roma in camion. Strada facendo la meditazione della Mistici Corporis di Pio XII. E quale fu l'entusiasmo nel vedere il pastore angelico cui cantammo: "Qual falange di Cristo redentore…". Ma a 14 anni sentivo, pur in seminario, una forte attrattiva per il mondo femminile con pensieri e atteggiamenti totalmente casti, e il Volto di Pio XII mi ha fatto intravvedere la bellezza di un modo totalmente verginale di amare per tutta la vita. In seminario vigilavano anche su amicizie particolari e ricordo la gioia di poter giungere al sacerdozio con questa prospettiva di sentirmi amato da Cristo e amare donne e uomini in modo verginale per tutta la vita come il pastore angelico Pio XII. Due anni dopo nel mese di agosto il nostro prefetto, il chierico Molinaroli, ci lesse l'enciclica Humani generis ed ebbi la prima consapevolezza a 16 anni che accanto a Cristo nella sua Chiesa soprattutto con il ministero del successore di Pietro, ci sono i rischi allora della Theologie Nouvelle. Mons. Corrà, che insegnava dogmatica, ci spiegò che senza nominarlo si riferiva a Henrie de Luca con il Surnaturelle. E quanto fui felice nel 1952, con il regalo di Meditazioni sulla Chiesa con cui De Lubac aveva corretto l'impostazione teologica del rapporto fra naturale e soprannaturale indicato da Pio XII.

Un altro momento forte da chierico la venuta di Guardini e il suo libro il Signore che mi ha animato nell'amore alla Liturgia e al canto gregoriano. E nel 1958 ci fu il Congresso eucaristico a Verona, concluso a Porta Nuova con il cardinale Roncalli. Ospite in Seminario, fui incaricato al suo servizio e la sera prima della conclusione: "Senti…hai fatto sacramentaria?" Si. "Io non ho preparato l'omelia. Me la prepari tu. Due foglietti e non dirlo a nessuno". Passai tutta la notte a leggere il Signore di Guardini. E provai una grande gioia curando la direzione del canto gregoriano. Ordinato sacerdote nel 1960 da mons. Carraro, ci volle condurre a Castel Gandolfo ad incontra Roncalli, divenuto Giovanni XXIII, che il 25 gennaio del 1959 aveva annunciato il Concilio, suscitando in tutti noi dodici sacerdoti, i primi ordinati da Mons. Carraro, un fervore straordinario. A Castel Gandolfo attendevamo l'incontro per ringraziarlo dell'annuncio del Concilio. E affacciandosi mi guarda e mi dice: "Bella quell'omelia! Ma l'hai copiata tutta dal Signore di Guardini, che è anche per me il testo più bello". Tutti furono meravigliati e io espressi un sentimento in quel momento: "Santità mi auguro che il primo documento del Concilio sia sulla Liturgia e il canto gregoriano!". "Sulla liturgia, concordo… sul Canto gregoriano non so se i vescovi siano della tua sensibilità". E il primo documento nel 1962 sulla Liturgia "Sacrosanctum Concilium". Comunque eravamo tutti elettrizzati dalla prospettiva del Concilio e Mons. Carraro ce la favoriva. È bene oggi ricordarlo!

Benedetto XVI parla della "minaccia" rappresentata "dalla dittatura di ideologie apparentemente umanistiche" cioè del "nuovo ordine mondiale", già presente allora ma di cui non c'era alcun cenno in Seminario. E molti datano per la Chiesa soprattutto il 1960 in preparazione del Concilio Vaticano II, 1960 il mio anno di ordinazione sacerdotale, la spinta al "Rinnovamento". Ma per me è iniziato un vero cambiamento teologico pastorale nel 1963, l'anno in cui ho iniziato il corso di studio nella Facoltà Teologica di Venegono con l'incontro del suo preside, Mons. Carlo Colombo. Teologo di Paolo VI ebbe un ruolo importante nel cammino conciliare. E io, giovane prete, anche emotivamente ero entusiasta, tanto che nel 1965 avvenne un fatto eccezionale. Il Concilio era terminato mercoledì 8 dicembre del 1965. Il Vescovo di Verona, Mons. Carraro, ritornò da Roma la sera stessa e alle 22 mi chiese di andare in episcopio da Santa Maria in Organo, dov'ero curato. "Don Gino – domenica prossima voglio presentare i 16 documenti a tutta la diocesi. Occorre una brevissima introduzione ad ogni documento e tu, così entusiasta del Concilio, va a Venegono da Mons. Carlo Colombo e fatti aiutare".

Entusiasta andai e con lui preparai le brevissime introduzioni. Alla domenica la cattedrale fu strapiena e l'entusiasmo, soprattutto dell'Azione Cattolica, alle stelle.

Il giorno di Natale alle 10 mi telefona invitandomi a pranzo alle 13. "Don Gino io sono stato contento, ma il tuo entusiasmo e certe espressioni di novità forse esagerate non son piaciute a mons. Corrà e a gran parte dei canonici. Ti chiedo di capire quello che ti propongo che appare come un castigo, ma non lo è per me. Questa sera su alla Madonna della Corona come Rettore". In settembre del 1965 il rettore Fantoni aveva fatto un infarto e quindi Santuario e canonica chiusi. Fu un'obbedienza non facile ma il legame e la valutazione positiva del Vescovo mi ha aiutato in quella notte veramente fredda sia in chiesa e sia in canonica.

Dopo un mese, nel gennaio 1966, Mons. Carraro viene a trovarmi e a chiedermi di andare ancora da Mons. Carlo Colombo. "Sai, allo Studio Teologico San Zeno, c'è frattura fra l'insegnante di Sacra Scrittura, padre Fedrizzi, che accentua come Unica Fonte ispirata della rivelazione, che emerge dalla Dei Verbum,  la Scrittura e l'insegnante di dogmatica, padre Bonetti che ricorda che non basta la analisi storico critica dei libri ispirati per la conoscenza della fede, occorre il dogma. Storicamente i testi ispirati del Nuovo Testamento sono stati preceduti da anni dalla Tradizione e quindi la necessità anche della continua interpretazione dogmatica della Chiesa. "Va dal tuo Mons. Carlo per un aiuto".

  Fu un avvenimento per la mia vita perché mons. Carlo mi disse della presenza del prof Ratzinger, il terzo estensore della Dei Verbum approvata, dopo il rifiuto della prima del prof. Ranher, della seconda che non ha raggiunto il quorum. Ratzinger mi ha accolto, prepara to da mons. Carlo, con tante affettività dicendomi: "Guarda che la Rivelazione non è un meteorite caduto nel libro come per l'Islam. C'è tutto un popolo con i profeti e chi con il carisma dell'ispirazione per scrivere. Poi i dodici, san Paolo e nella comprensione tutta la Chiesa con i successori degli Apostoli in comunione con il successore di Pietro". Per due ore mi ha presentato tutto il Concilio, una presentazione che non ho più dimenticato fino al culmine quando divenne Benedetto XVI al quale ho dedicato tre volumi alla sua scuola.

Nel 1967 Mons. Corrà mi volle segretario di lui Direttore dello Studio teologico San Zeno, soprattutto per animare la ricerca di una nuova ratio studiorum, il piano di studi cristocentrico alla luce dell'Optatam totius. Gli alunni diocesani e provenienti dai vari istituti religiosi arrivavano a quattrocento. Mons Carraro, con il ruolo avuto nell'Optatam totius, era l'animatore e il clima anche tra professori e studenti era splendido con una accentuazione ecumenica. Si arrivò al piano di studi cristocentrica con i vari momenti in modo successivo: biblico, patristico, dogmatico, sistematico, liturgico giuridico, pastorale. Mons. Carraro nel 1969 invitò il cardinale Garronne, prefetto della Congregazione dei Seminari che si trattenne quattro ore con tutto lo Studio Teologico qualificando il piano di studi magna cum laude. Garronne era, tra i rinnovatori conciliari, il più lanciato. Ero succeduto a Mons. Corrà come Direttore e me lo sono trovato critico. Con lui anche Mons. Veggio Rettore del Seminario e Mons. Rossetti soprattutto per l'assenza del corso De gratia, cioè sulla Rivelazione. La maggioranza dei professori era contraria perché il soprannaturale entrava in tutta la priorità antropologica della Nouvelle Teologie di de Lubac non del Surnaturelle, criticato dall'Humani generis ma delle Meditazioni sulla Chiesa accolto anche da Pio XII. Su questo anche Mons. Carraro aveva qualche difficoltà e pensò di finanziare un viaggio Verona Pisa, Pisa Roma in aereo per tutti i professori e superiori per incontrare i membri della Congregazione dei Seminari. IL segretario di Garrone (i nomi non li ricordo come altri elementi), era un tedesco molto chiaro e chiese che l'insegnante di dogmatica facesse la regia dei vari momenti, pur nella distinzione fra l'unica fonte biblica dell'ispirazione e la necessaria tradizione per la conoscenza della fede. Con questa precisazione accettata da tutti chiese di scrivere la ratio per pubblicarla su Seminarium e inviarla a tutti gli studi teologici.

Penso di aver vissuto gli anni più belli fino al 1971. Paolo VI volle un Sinodo sulla giustizia e il ministero sacerdotale alla luce della Presbyterorum ordinis. Sul celibato tutte le vicarie, tranne quella di Villafranca, erano concordi. Ma sul carattere dell'ordinazione sacramentale c'era discussione. Fu deciso di fare due incontri. Uno per descrivere tutte le varie opinioni senza atteggiamento critico e quindi nel successivo la dottrina cattolica. Si convenne che la relazione del primo incontro a San Fidenzio fosse fatta dall'insegnante di sacramentaria a Venegono prof. Eliseo Ruffini di Como. E al mattino presto andai a prenderlo e strada facendo mi lesse la relazione. A metà relazione notai il disagio di Carraro notando l'avvallo di studenti romani per certe posizioni non cattoliche. Al battimani lui si dissociò e rivolgendosi verso di me: "E tu sei d'accordo?". "Eccellenza non con le posizioni, ma con la loro descrizione come abbiamo chiesto". Seguì una Messa senza omelia, con una tensione grande. Io chiesi a Mons.  Pavanello, di fare una telefonata se dovevamo sospendere l'incontro. "Non sospendete l'incontro – rispose il vescovo -, sarò io a sospendere qualcuno". Avevo capito e alla sera andai a portargli cappello e borsa che aveva dimenticato. Don Franco Fiorio, segretario, mi disse che non era disponibile a ricevermi E io scrissi un biglietto se dovevo sospendere la scuola. "Non sospendere la scuola, ma al Verona Fedele sospenderò te". Alle 23 mi telefona Monsignor Aleardo Rodella dicendo che era stato un'ora con Mons. Carraro per dissuaderlo nei miei confronti. Per un mese non ci fu rapporto fino alla proposta della parte dottrinale che avrebbe tenuto lui. Fu splendida e rivolgendosi a me: "Pretendevi che ti chiedessi perdono per come ti ho trattato? Ma di fronte alla deformazione del Concilio non ci ho più visto". "Comunque eccellenza – risposi – la lezione che ci ha fatto ci ha tutti rasserenati e la ringraziamo tanto".

Ma fu il 1972 l'anno critico. Dopo un incontro biblico a Roma sono tornati alcuni chiedendo di mettere ai voti la regia dell'insegnate di dogmatica su tutti i momenti e fu sostituito il momento dogmatico con quello sistematico. Tra le altre cose anche l'ipotesi di alcuni che la fede nella risurrezione non verrebbe meno anche se si trovassero le ceneri del corpo di Gesù. Andai a Ottigny in Belgio alla facoltà teologica per invitare padre Dupont. Venne una settimana e fu provvidenziale. Ma anche i vescovi veneti lombardi pensarono ad un incontro e chiamarono Martini preside dell'Istituto biblico che tolse l'aspetto positivo dell'incontro con Dupont.

Ero scombussolato pur avendo avuto un incontro con Paolo VI insieme a Mons. Salvetti per come avevamo accolto a Verona l'Humanae vitae. Nel 1968 il dott. Pretto organizzò a Spiazzi un incontro di medici sulla contraccezione con il Card. Doepfner e Mons. Albino Luciani, favorevoli, don Valsecchi favorevole e  mons. Guzzetti contrario. IL venerdì sera vescovi e teologi lasciarono l'incontro e il sabato l'uscita dell'Enciclica. Passai tutta la notte a leggerla e rileggerla per la conclusione nella Messa della domenica: non è mai lecito disgiungere artificialmente l'apertura alla fecondità dell'atto genitale. Alla fine la raccomandazione pastorale verso chi si è incamminato su questa strada e tenta e ritenta il vero comportamento. Paolo VI, tramite Carraro, seppe del lavoro e ci invitò. Fu un incontro bellissimo. Ma qualche giorno dopo il 29 giugno 1972 nell'omelia: "da qualche fessura è entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. Crediamo in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio ecumenico e per impedire che la Chiesa prorompesse nell'inno di gioia per aver ricevuto in pienezza la coscienza di sé". Nel 1972 l'organizzazione del Convegno liturgico nazionale con Mons. Noè (divenuto cardinale) e padre Mazzarello. Il camilliano padre Rossi lanciò i più bei canti, divenuti comuni. Il secondo giorno del Convegno un'emorragia renale che mi provocò tre messi di insonnia. Fisicamente distrutto e spiritualmente in crisi il Vescovo mi inviò alla casa di Cura dei Fate bene Fratelli di Milano, vicino alla Cattolica. Appena potei mi iscrissi alla Cattolica per la filosofia e mi laureai con la Vanni Rovighi.

Nel 1974 Paolo VI indisse il Sinodo sull'evangelizzazione nel mondo contemporaneo e invitò a parteciparvi anche Mons. Carraro. Fu un gesto di grande amore invitandomi ad andare con lui dandomi la possibilità di incontrare il cardinale Wojtyla, relatore introduttivo e conclusivo del Sinodo, e la sua segretaria, amica Poltaska. Per me questo incontro fu una medicina anche se l'aria del Sinodo era in tensione con Paolo VI fino a puntare a una relazione sinodale e non post-sinodale. C'era parecchia contrarietà per l'Humanae vitae di fronte alla dittatura di ideologie apparentemente umanistiche, come la contraccezione, così criticate da Wojtyla e Poltascka. Nel sinodo sull'evangelizzazione si fece evidente la contrapposizione tra il partire dall'uomo, come suggeriscono i primi otto capitoli antropocentrici della Gaudium et spes o partire da Dio. Wojtyla: partire da Cristo che contemporaneamente mi rivela chi è Dio e chi è l'uomo. Non dimenticherò la notte del 28 ottobre del 1974, quando i vescovi sono rimasti al lavoro fino alle 5 del mattino con il servizio di padre Grasso con la conclusione di dare tutto a Paolo VI per una esortazione post-sinodale. Paolo VI non aveva mai partecipato agli incontri e restò meravigliato di questa conclusione chiedendo a Mons. Carraro chi avrebbe potuto aiutarlo. "Wojtyla", rispose Carraro. Paolo VI chiese di portargli un'ipotesi di esortazione dopo tre mesi. Wojtyla disse a Carraro: "Se avessi la possibilità di una settimana qui a Roma gliela butterei giù". Carraro offrì a lui e alla Poltascka  la permanenza presso le Orsoline con una che sapeva bene polacco-italiano. E venne l'Evangelii nuntiandi con i primi cinque capitoli su Cristo che rivelano contemporaneamente chi è Dio e chi l'uomo. Paolo VI la pubblicò l'8 dicembre del 1975, a dieci anni dalla conclusione del Concilio. Wojtyla affrontò il problema dei percorsi dell'evangelizzazione sul terreno della cultura con Mons. Carraro, l'incontro del Vangelo con le culture. Il Vangelo non si pone semplicemente "accanto" alla cultura. Oltre che alle persone singole, esso si rivolge specificamente anche alla cultura, la quale è in grado di influenzare la crescita e il divenire spirituale degli individui, la loro fecondità o infecondità per Dio e per il mondo. L'evangelizzazione, pertanto, non consiste in un adeguamento alla cultura dominante ideologicamente, in un rivestirsi di elementi culturali in vista di una inculturazione assolutamente superficiale, che ritiene sufficienti un paio di innovazioni liturgiche e di espressioni linguistiche modificate. Ebbene! Il Vangelo è un "taglio", una purificazione destinata a produrre centro maturazione e risanamento. "Eccellenza fondi A Verona un centro dii Cultura cristiana. Ha qui un alunno di Sofia Vanni Rovighi. È il più adatto". Fu un preannuncio e quando nel 1976 mi laureai con la proposta di assistente della Vanni Rovighi, Carraro mi ricordò dell'impegno e avviò il Centro diocesano Giuseppe Toniolo con l'indicazione "Esiste una cultura cristiana". All'inaugurazione ai Santi Apostoli, una parrocchia di Verona, parteciparono due professori dello Studio teologico: "Don Gino non sei più quello che eri. Cultura cristiana è divisivo, mentre oggi con l'antropocentrismo della Gaudium et spes richiede cultura umanistica". Non è stato facile perché anche a Verona la dittatura di ideologie apparentemente umanistiche stava crescendo. Però, anche con l'aiuto di Telepace, la fecondità non è mancata. Nel 1978 abbiamo invitato il cardinale Wojtyla in viaggio per il conclave di una sosta al Toniolo e lui accettò per il venerdì prima della domenica. Purtroppo ci fu uno sciopero e noi chiedemmo un appuntamento dopo il conclave. "Volentieri ma se posso portare anche Visinschi che non ha mai visto Venezia e gradirebbe vederla". Ma la Provvidenza lo volle Papa e una settimana prima dell'appuntamento referendario sull'aborto nel 1981 ci ricevette con Tele pace. E mentre a livello nazionale il 32° per cento per la vita, qui a Verona il 78°. Ma ormai l'antropocentrismo mi ha spedito parroco a Torri del Benaco dove da parroco, ho vissuto i più bei dodici anni dei 60 di ministero sacerdotale.

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