Commemorazione di tutti i defunti, seconda Messa

 

E molto importante che noi cristiani viviamo il rapporto con i defunti nella verità della fede, e guardiamo alla morte e all'aldilà nella luce della Rivelazione. Già l'apostolo Paolo, scrivendo alle prime comunità cristiane, esortava i fedeli a "non essere tristi come gli altri che non hanno speranza". "Se infatti – scriveva – crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con Lui coloro che sono morti" (I Tm 4,13-14). È necessario anche oggi evangelizzare la realtà della morte e della vita eterna, realtà particolarmente soggette a credenze superstiziose e a sincretismi, perché la verità cristiana non rischi di mischiarsi con mitologie di vario genere. Nell'Enciclica sulla speranza cristiana, Benedetto XVI si interroga sul mistero della morte, della vita eterna (Spe salvi,10-12). Si chiede: la fede cristiana è anche per gli uomini di oggi una speranza che trasforma e sorregge la loro vita (ivi,10)? E più radicalmente: gli uomini e le donne di questa nostra epoca desiderano ancora la vita eterna? O forse l'esistenza terrena è diventata l'unico loro orizzonte? In realtà, come già osservava sant'Agostino, tutti vogliamo la "vita beata", la felicità. Non sappiamo bene che cosa sia e come sia, ma ci sentiamo attratti verso di essa. È questa una speranza universale, comune agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi. L'espressione "vita eterna" vorrebbe dare un nome a questa attesa insopprimibile: non una successione senza fine, ma l'immergersi nell'oceano dell'infinito amore, nel quale il tempo, il prima e il dopo non esistono più. Una pienezza di vita e di gioia: è questo che speriamo e attendiamo dal nostro essere con Cristo (ivi 12). Rinnoviamo quest'oggi la speranza della vita eterna dell'anima che non muore, del corpo che risorgerà fondata realmente sulla morte e risurrezione di Cristo. "Sono risorto e ora sono sempre con te", ci dice il Signore, e la mia mano ti sorregge. Ovunque tu possa cadere, cadrai nelle mie mani e sarò presente persino alla porta della morte. Dove nessuno può più accompagnarti e dove tu non puoi portare niente, là io ti aspetto per trasformare per te le tenebre in luce: anche in vita non anteporre nessuno e niente a Cristo! la speranza cristiana non è però mai soltanto individuale, è sempre la speranza per gli altri. Le nostre esistenze sono profondamente legate le une alle altre ed il bene e il male che ciascuno compie tocca sempre anche gli altri. Così la preghiera di un'anima pellegrina nel mondo può aiutare un'altra anima che si sta purificando in purgatorio dopo la morte. Ecco perché oggi la Chiesa ci invita a pregare per i nostri cari defunti e a sostare presso le loro tombe nei cimiteri. Tre sono le liturgie dei defunti, le Messe. Noi approfondiamo la seconda.

Dopo aver celebrato ieri la festa di Tutti i Santi, oggi preghiamo per tutti nostri fratelli e sorelle defunti perché la loro anima non è morta e il loro corpo risorgerà. Per raggiungere la santità di Dio nella gloria celeste per l'anima è necessaria una purificazione completa in purgatorio. Per questo la Chiesa oggi ci dà la possibilità di unirci a tutti i nostri defunti con la liturgia di tre Messe, e di aiutarli a purificarci per raggiungere la presenza di Dio nella gloria celeste.

In questa seconda Messa della Commemorazione di tutti i fedeli defunti leggiamo come prima lettura una bellissima profezia di Isaia, che parla dell'eliminazione della morte. La seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Romani, ci presenta la prospettiva della risurrezione. Il Vangelo ci parla del giudizio finale del Signore per tutti gli uomini: un giudizio fatto in base all'amore.

La prima lettura è per noi motivo di profonda consolazione. Ci dice che Dio, che è pieno di compassione per noi, "strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lagrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire da tutto il paese".

La morte non è la fine di tutto, ma è un passaggio. L'autore del libro della sapienza afferma che Dio non ha creato al morte, ma che essa è venuta nel mondo per la malvagità del demonio (Sap 1,13; 2, 24). Dio vuole sconfiggere la morte, anzi l'ha già sconfitta attraverso la passione e risurrezione di Gesù.

Ma Dio vuole eliminare la morte anche per tutti gli uomini, e questo è per noi motivo di grande speranza ed entusiasmo, come leggiamo nell'oracolo di Isaia: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza".

Per i nostri fratelli e le nostre sorelle defunti noi desideriamo la salvezza completa. Siamo contenti di rimanere uniti a loro nella grazia del Signore, di poter essere aiutati da loro nella nostra vita e, d'altra parte, di poterli aiutare con le nostre preghiere.

Nelal seconda lettura paolo ci dice che "tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio". L'Apostolo ci ricorda che non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Noi abbiamo una relazione filiale con Dio, e anche i nostri fratelli e le nostre sorelle defunti, con la loro anima viva per cui intendono e vogliono, si trovano in questa relazione e nel desiderio di un'unione perfetta e definitiva con Dio, che li ama come Padre.

Paolo aggiunge: "Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi Di Dio, coeredi con Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare risorti alal sua gloria". La nostra vocazione all'eredità eterna, basata sul mistero pasquale di Gesù morto, risorto e asceso al cielo con la sua e nostra mamma, ci mette, anche per quanto riguarda la sorte dei nostri cari defunti, in una prospettiva di grande speranza di incontrarci.

Questa speranza però è accompagnata da gemiti. Afferma Paolo: "Tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo". La morte sarà vinta completamente quando anche il nostro corpo sarà ricreato per mezzo della risurrezione e unito all'anima che non è morta. La vittoria che Gesù ha riportato sulla morte con la sua risurrezione, per Lui e per la nostra madre è già una vittoria completa; per noi, invece, si manifesterà alla fine.

In questa Commemorazione di tutti i fedeli defunti la Chiesa indica la via che dobbiamo seguire per raggiungere i nostri cari defunti e, con loro, la santità di Dio. Il brano del Vangelo che leggiamo oggi è molto importante e ci mostra su che cosa saremo giudicati alla fine. Lo ha capito san Giovanni della Croce, il quale ha compendiato il giudizio finale nelle parole: "Alla fine della vita saremo giudicati sull'amore". Questa idea dev'essere sempre presente nelle nostre menti e nei nostri cuori, per spingerci a vivere un amore veramente efficace, attivo.

Gesù spiega che quando verrà il Figlio dell'uomo, cioè Lui, nella sua gloria, radunerà tutte le genti e separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. Porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra.

A quelli che stanno alla sua destra egli dirà: "Venite, benedetti del padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e site venuti a trovarmi".

I giusti rimarranno sorpresi di queste parole, perché non si ricorderanno di aver incontrato Cristo tante volte nella loro esistenza e di avergli reso tanti servizi. Si ricorderanno soltanto di essere venuti in aiuto a persone bisognose e miserevoli. Ma Gesù dirà loro: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di quetsi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".

Gesù si immedesima con le persone bisognose, sofferenti. A lui nella sua gloria noi non possiamo rendere nessun servizio: se lo vogliamo servire, dobbiamo servire le persone con le quali egli si immedesima. Per noi si tratta di aver un atteggiamento di fede: quando incontriamo un povero, dobbiamo pensare che Gesù è presente in lui; è Gesù che richiede da noi la nostra solidarietà, il nsotro amore e il nostro aiuto.

Dobbiamo avere una carità che cerchi tutte le occasioni per fare del bene, per venire incontro a tutte le necessità delle persone, secondo le nostre possibilità. Così, invece di essere pigri, dobbiamo dimostrare un amore premuroso e attivo. Non un amore che si limiti a facili sentimenti interiori, ma un amore che si manifesti in maniera concreta, pagando di persona. Questo è il modo di essere veramente uniti a Cristo e di progredire nella via della santità, il modo di prepararsi a un giudizio finale che ci sia favorevole.

In un altro passo del Vangelo Gesù ci dice che anche il semplice gesto di dare nel suo nome un solo bicchiere di acqua fresca a uno dei suoi piccoli discepoli sarà ricompensato (Mt 10, 42).

Così il Signore ci spinge con forza a prendere iniziative che vadano nel senso della carità. Iniziative non solo individuali, ma anche comunitarie. Come è importante pensare di sentirci dire alla fine della vita: "Venite, benedetti del padre mio…" e della nostra Regina dell'amore e della pace e della madre del lungo cammino.

 

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