Domenica XXVII

 

La liturgia di questa domenica ci offre insegnamenti importanti per la vita coniugale e per il rapporto con i bambini: "Sicché (uomo-donna) non sono più due, ma una carne sola. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto" (Mc 10, 8-9). È questo il progetto originario di Dio, come ha ricordato anche il Concilio Vaticano II nella Costituzione Gaudium et spes: "L'intima unione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale. Dio stesso è l'autore del matrimonio" (n. 48). Il racconto della Genesi vuol far risaltare innanzitutto la dignità della donna. Essa è un essere umano nel senso pieno della parola. Tutti gli altri esseri si trovano a un livello inferiore; la donna è indispensabile all'uomo per formare una coppia inseparabile, che vive nell'amore.

Significative sono le parole che Dio pronuncia all'inizio del racconto: "non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile". L'uomo non è stato creato per essere solo: se fosse solo, non vivrebbe nell'amore. Ma Dio non solo ama ma è amore, lo ha creato per comunicargli il suo amore e renderlo capace di vivere nell'amore. Perciò assieme a lui ha creato la donna.

In modo simbolico, il racconto ci dice che Dio plasma dal suolo ogni specie di animali, a cui l'uomo deve dare il nome. Questo sta significare la superiorità dell'uomo sugli animali, che non sono esseri razionali. L'uomo si trova su un altro livello rispetto ad essi, perciò la sua relazione con loro non può essere mai una relazione di uguaglianza, ma di superiorità e di dominio. Gli animali non hanno capacità di ragionare, di giudicare, di pensare; perciò non possono entrare in una relazione stretta con l'uomo.

La donna invece è un essere perfettamente uguale all'uomo. Per dimostracelo, la Bibbia dice che essa è stata tratta dall'uomo: "Il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolto all'uomo, una donna e la condusse all'uomo". L'uomo allora può esclamare, con esultanza: "Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa". La donna è veramente della stessa natura dell'uomo.

  Il racconto termina dicendo: "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne". Qui viene indicata l'unione che deriva dall'amore e che dà origine alla famiglia, nella quale l'uomo e la donna formano una cosa sola.

Il matrimonio cioè l'unione dell'uomo e della donna è una buona notizia per il mondo, il loro diventare 'un'unica carne ' nella carità, nell'amore fecondo e indissolubile è segno che parla di Dio unico, l'Amante cioè il Padre, l'Amato cioè il Figlio, l'Amore cioè lo Spirito Santo. Ogni matrimonio sacramento costituisce in sé stesso un Vangelo, una Buona Notizia anche per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L'unione dell'uomo e della donna, il loro diventare 'un'unica carne ' nella carità, nell'amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d'amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene da Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d' amore fedele fino alla Croce. E ogni domenica, partecipando insieme marito e moglie con figli all'attualizzazione eucaristica del sacrificio della Croce siamo in grado di esperimentare, comprendere, tutta la verità di ogni famiglia, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C'è un'evidente corrispondenza tra la crisi della fede nell'incontro eucaristico domenicale e la crisi del matrimonio. Ecco perché ogni matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità, ad apparizioni e movimenti, ma si sta realizzando sempre più, anche in piccoli numeri, nel tessuto della diocesi e delle parrocchie.

Mi rifaccio a tutti gli sposi conosciuti in questi 61 anni di sacerdozio, soprattutto in 8 parrocchie: ringrazio con loro il Signore per il dono del Sacramento del matrimonio, e li esorto a mantenersi fedeli alla loro vocazione in ogni stagione della vita, "nella gioia e nel dolore, nella salute, nella malattia e nella vecchiaia", come hanno promesso davanti a me ministri del rito sacramentale. Consapevoli della grazia ricevuta, possano i coniugi cristiani vivere una famiglia aperta alla vita (ho davanti famiglie anche di quattro, sei figli) e capace di affrontare unita le molte e complesse sfide di questo nostro tempo. C'è oggi particolarmente bisogno della loro testimonianza. C'è bisogno di famiglie che non si lascino travolgere da moderne correnti culturali ispirate all'edonismo e al relativismo, e siano pronte piuttosto a compiere con generosa dedizione la loro missione nella Chiesa e nella società.

Il Vangelo completa questa prospettiva con un insegnamento sull'accoglienza dei bambini. Qui Gesù non parla più in modo diretto della famiglia, ma solo dell'accoglienza dei bambini in generale.

I bambini vengono facilmente disprezzati dagli adulti, perché non possiedono ancora la maturità dell'adulto, non hanno sviluppato le proprie capacità, e quindi non contano quando si tratta di prendere delle decisioni o di fare dei ragionamenti. Per questo c'è la tendenza a disprezzarli.

Anche i discepoli di Gesù mostrano di avere tale tendenza. Alcune persone presentano a Gesù dei bambini perché li accarezzi, e i discepoli le sgridano. Pensano che Gesù abbia cose più importanti per occuparsi dei bambini, ma che debba occuparsi soltanto degli adulti. Solo questi ultimi sono importanti.

Gesù si indigna con i discepoli per il loro comportamento, considerandolo completamente fuori posto e dice. "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio". Per lui i bambini sono aperti a Dio, sono già persone.

In particolare, essi sono capaci di una vera relazione con Dio. Studiosi di psicologia religiosa infantile sostengono che ai bambini non si debba parlare solo di "Gesù bambino" ma che si debba parlare di Dio, perché essi possiedono già la capacità di adorarlo. Sono capaci di farlo in maniera autentica, forse anche meglio degli adulti. Un'inchiesta ha osservato violenza verso i genitori nei bambini dai 6 ai dieci anni non educati alla preghiera.

Gesù completa il suo insegnamento, dicendo: "Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso". I bambini hanno l'atteggiamento giusto per accogliere il regno di Dio: un atteggiamento di accoglienza fiduciosa, aperta. Noi dobbiamo imitarli, per accogliere con semplicità il regno di Dio, che ci viene offerto da Dio nel suo grande amore paterno.

"E prendendoli tra le braccia e imponendo loro le mani li benediceva". Gesù abbraccia i bambini, per manifestare il suo grande affetto, e anche il suo rispetto, per loro.

Nella seconda lettura, nella Lettera agli Ebrei ci è stato ricordato che Gesù è stato coronato di gloria e di onore, perché ha subito la morte per amore verso di noi. Gesù ha percorso tutto il cammino della vita umana. La sua vita e la sua morte sono l'esempio più bello di fedeltà nell'amore: fedeltà alla volontà del Padre e fedeltà alla solidarietà con i fratelli. Ci prepariamo al mese di ottobre, mese del Rosario perché la Madonna ci faccia comprendere che in fin dei conti la cosa che ci possa succedere in questa vita non è certo morire: la cosa peggiore è dannarci cioè eternamente senza amore.

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