Domenica XXXI

 

Il Vangelo ci propone il cuore dell'insegnamento di Gesù sul più grande comandamento, anima di tutti i comandamenti: il comandamento dell'amore, che è duplice: amare Dio al di sopra di tutti e di tutto e amare il prossimo come se stessi. I Santi, che domani celebreremo tutti insieme in un'unica festa solenne, sono proprio coloro che per la fiducia nell'Amante, il Padre, nell'Amato, il Figlio, nell'Amore, lo Spirito Santo, cioè nella grazia di Dio hanno cercato di vivere secondo questa legge fondamentale. In effetti, il comandamento dell'amore lo può mettere in pratica pienamente chi vive nella consapevolezza evangelica di una relazione profonda con Dio trinità, proprio come il bambino diventa sempre più capace di amare a partire originariamente da una buona relazione con la madre[DG1] [DG2]  e il padre. Prima di essere un comandamento, un comando -l'amore non è un comando – è u dono, una realtà che Dio ci fa conoscere, sperimentare e godere già, così che, come un seme, possa germogliare anche dentro di noi e svilupparsi progressivamente nella nostra vita. Se l'amore di Dio ha messo radici profonde in una persona, questa è in grado di amare anche chi non lo merita, come appunto fa Dio verso di noi garantendoci il perdono, pentiti, fino al termine di questa vita. Il padre e la madre, aiutati dallo Spirito santo attraverso il sacramento del matrimonio, non amano i figli solo quando lo meritano: li amano sempre, anche se naturalmente fanno loro capire quando sbagliano. Dall'esperienza di fede orante nel Dio trinitario impariamo a volere sempre e solo il bene e mai, anche correggendo, il male. Impariamo a guardare l'altro la cui coscienza e responsabilità la vede solo Dio non solamente con i nostri occhi, ma con lo sguardo di Dio, che è lo sguardo vivente e presente di Gesù Cristo. Uno sguardo che parte dal cuore e non si ferma alla superficie, va aldilà di quello che vediamo e constatiamo e riesce a cogliere le attese profonde dell'altro: attese di essere ascoltato, di una attenzione gratuita; in una parola: di amore. Ma si verifica anche il percorso inverso: che aprendomi all'altro così com'è, andandogli incontro, rendendomi disponibile, io mi apro anche a esperimentare Dio, a sentire che Egli c'è con un amore più grande di ogni peccato e quindi è buono. Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili e stanno in rapporto reciproco: mai l'uno senza l'altro. Gesù non ha inventato né l'uno né l'altro, ma ha rivelato e oggi ci rivela che essi sono, in fondo, un unico dono, un unico comandamento e lo ha fatto e lo fa non solo con la parola, ma soprattutto con la sua testimonianza: la Persona stessa  di Gesù e tutto il suo mistero incarnano l'unità dell'amore trinitario di Dio e del prossimo, come i due bracci della Croce, verticale e orizzontale Nell'Eucarestia anche di questa Domenica e della solennità dei Santi e nel ricordo dei defunti ci dona questo duplice amore, donandoci se stesso, perché nutriti di questo Pane, ci amiamo gli uni e gli altri come Lui ci ha amato e questo lo vediamo attraverso le Letture e il Vangelo di oggi.

Uno scriba domanda a Gesù: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". È una domanda importante. Si tratta di sapere qual è il comandamento cui tendere con più attenzione perché la nostra vita sia sulla strada giusta.

Ma questa è anche una domanda difficile, perché nella legge di Mosè ci sono moltissimi precetti e divieti: i rabbini, al tempo di Gesù, ne contano 613. Come scegliere tra questi comandamenti così numerosi quello che dev'essere il primo e anima di tutti gli altri?

La soluzione più semplice sembrerebbe quella di rivolgersi al Decalogo. Sappiamo infatti che questi dieci comandamenti dell'amore sono i più importanti, perché secondo la Bibbia, inseriti nel cuore fin dalla creazione e rivelati, scritti sulla pietra da Dio stesso e ascoltati da tutto il popolo (Dt 5,4). Invece, per quanto riguarda gli altri precetti, Dio li ha comunicati a Mosè, che poi li ha riferiti a tutto il popolo.

Gesù però non va a cercare il comandamento più importante del Decalogo. Perché? Perché i comandamenti del decalogo sono per lo più comandamenti negativi, cioè divieti o sono limitati. Sono comandamenti negativi, come: "Non avere altri dei di fronte a me …Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio …Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non pronunciare testimonianza falsa contro il tuo prossimo …" (Dt 5,6-21).

Questi divieti sono molto importanti, perché definiscono le condizioni necessarie per rimanere nella grazia di Dio cioè per amare. Chi, sapendo e volendo, trasgredisce uno di essi, si pone fuori della grazia di Dio cioè fuori del suo amore.

Ma questi comandamenti negativi non possono costituire il tutto della vita; la loro osservanza, pur necessaria non può essere considerata l'ideale dell'esistenza umana. Non può essere ideale di vita il "non rubare", il "non uccidere", il "non dire falsa testimonianza" ecc. Non siamo fatti solo per rispettare soltanto una serie di divieti; dobbiamo avere un orientamento positivo e dinamico.

Gesù allora cerca nella Bibbia un orientamento positivo chiaro e dinamico, e lo trova in un passo del Deuteronomio che gli Ebrei considerano molto importante. Questo il passo che ci viene proposto oggi come prima lettura della Messa.

Esso comincia con le parole: "Ascolta cioè congiungi all'udire l'ubbidire, Israele!", per attirare l'attenzione dell'ascoltatore di noi oggi per pregare. Poi afferma: "Il Signore cioè il datore di ogni bene è il nostro Dio cioè il nostro tutto cui tutti e tutto subordinare, il Signore è uno solo". Questa è l'espressione della fede di Israele. E dalla fede proviene il dono di amore, il comandamento: "Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" (Dt 6,45). Poiché il Signore è unico, bisogna dare a lui solo tutto se stessi: tutto il cuore, tutta l'anima e tutte le forza e così essere liberi, capaci di amare.

Questo è un comandamento completamente positivo. Ed è un comandamento dinamico, che ci dà un orientamento di libertà per amare nella nostra esistenza. Infatti, chi di noi può pretendere di averlo osservato pienamente? Chi può dire di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze? Noi, anche anziani, ci troviamo nella necessità di progredire in questa direzione.

D'altra parte questo comandamento positivo corrisponde all'esigenza più intima del nostro cuore. Tanto più che si tratta del comandamento dell'amore. Gesù ci fa capire sempre più che siamo stati creati per amare. Dio che è amore (Amante il Padre, Amato il Figlio, Amore lo Spirito Santo), ci ha creati per amore e perché noi potessimo sempre amare, restando uniti a Lui nell'amore. Possiamo riconoscere facilmente che ciò corrisponde al desiderio più profondo del nostro essere somigliante a Dio soprattutto quando non riusciamo: siamo fatti per amare, e non possiamo trovare la nostra vera gioia se non nell'amore. Se cerchiamo di gioire in qualche immediato interesse egoistico, allora la gioia, soprattutto tra uomo-donna, non sarà pura e non ci soddisferà pienamente.

La risposta che Gesù dà allo scriba comprende anche una seconda parte, che appare sorprendente. Lo scriba ha interrogato Gesù sul primo comandamento, ma Gesù ora di sua iniziativa ne aggiunge un secondo: "E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi".

Così, nella sua risposta allo scriba Gesù unisce le due dimensioni dell'amore: l'amore verso Dio e l'amore verso il prossimo. Lo stretto legame fra questi due amori è la caratteristica del Vangelo. Gesù non vuole che separiamo queste due dimensioni dell'amore. Lo scriba e quindi anche noi alla vigilia di tutti i Santi tali per questo riconosciamo che Gesù ha risposto bene: "Hai risposto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v'è altri da amare totalmente all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici".

Domandiamo alla Regina dell'Amore, alla Madre del lungo cammino di starci vicino di poter raggiungere la pienezza della gioia nel tentare e ritentare di amare continuamente con Lui, in Lui e per Lui tutti.

 


 [DG1]A relazio

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