“Evviva la teologia. La scienza divina”

Come è possibile oggi, nell'epoca della postmodernità, comunicare Cristo a un uomo che sembra totalmente estraneo alla questione religiosa e al fatto cristiano? A questo interrogativo dà una risposta don Armando Matteo nel libro "Evviva la teologia. La scienza divina". Sei "tappe", in 2000 anni di storia, su cui si sofferma l'autore con una certezza di verità che orienta il cammino

Giovanni Fighera in "La Nuova Bussola" 4 ottobre 2020

Come rendere credibile oggi la teologia? O meglio come comunicare Cristo ad un uomo che sembra totalmente estraneo alla questione religiosa e al fatto cristiano?


Partendo da questi fondamentali interrogativi, sulla scia di opere che hanno rilanciato il fascino del greco (La lingua geniale di Andrea Marcolongo) o il latino (Viva il latino. Storie e bellezza di una lingua inutile di Nicola Gardini), don Armando Matteo, docente di Teologia fondamentale e autore di numerosi saggi, scrive Evviva la teologia. La scienza divina (edizioni San Paolo).


Come il greco antico e il latino, trattate comunemente come lingue morte, ma assai vive nella realtà perché possono accendere di luce nuova tutti gli aspetti della vita, anche la teologia ha un fascino e un'utilità nella vita quotidiana. Ne è fortemente convinto l'autore, anche se l'affermazione potrebbe sembrare risibile in un'epoca come quella contemporanea.


Viviamo, infatti, nell'epoca della postmodernità, caratterizzata da una libertà eslege, portata ai limiti estremi, sciolta dalla Verità e dai valori con la conseguente totale svalutazione della libertà stessa. In un mordace aforisma Nicolás Gómez Dávila scrive: «La libertà non è un fine, è un mezzo. Chi la scambia per un fine, quando la ottiene, non sa che farsene». Le conseguenze di questa libertà assoluta, svincolata da ogni riferimento, sono ben sottolineate dal filosofo Zygmunt Bauman (che ha definito la nostra società come liquida): «I nostri antenati […] non erano in grado di prevedere che la libertà come la concepivano sarebbe arrivata con il cartellino del prezzo attaccato, ed è un prezzo salato». E il prezzo salato è una situazione di totale insicurezza, di incertezza e di rischio a vari livelli.


In questa postmodernità imperversa il relativismo (che non è altro che la forma più diffusa di nichilismo), divenuto un'ideologia perversa alla base dell'imperversare di tutte le altre ideologie contemporanee, perché ha spazzato via ogni barlume di certezza del passato e vuole colpire ed eliminare dal sistema tutti coloro che si fanno ancora portavoce dell'esistenza di una verità.


Dopo aver abbandonato la fede nell'aldilà, l'uomo ha perso o comunque sta perdendo anche la fiducia nel progresso nell'aldiquà, e si trova, quindi, in una situazione drammatica, in quanto non sa più in che cosa credere. Forti sono le parole con cui Miguel Benasayag e di Gérard Schmit descrivono il momento attuale: «Tutta la cultura moderna si è fondata […] su una credenza fondamentale: il futuro era promesso come una specie di redenzione laica, di messianismo ateo. Ma questa promessa non è stata mantenuta. Ecco perché la crisi attuale è diversa dalle altre a cui l'Occidente ha saputo adattarsi: si tratta di una crisi dei fondamenti stessi della nostra civiltà» (L'epoca delle passioni tristi).


Per queste ragioni l'uomo odierno è colpito da mali dell'anima e da depressioni spirituali, mai verificatesi con tale impatto devastante nella storia dell'umanità: mali che la scienza e la tecnica sono ben lontane dal poter curare.


In un percorso diacronico di duemila anni di storia, dall'avvento di Cristo ad oggi, don Armando Matteo sottolinea la cultura, i cambiamenti epocali, le cesure nella visione del mondo, offrendo utili sintesi e prospettive ermeneutiche per quanti hanno già affrontato lo studio della filosofia e della teologia ed aprendo interessanti finestre per approfondimenti a quanti non conoscono bene lo sviluppo della storia del pensiero.


Sei sono le "tappe" su cui Armando Matteo si sofferma: i Vangeli, i padri della Chiesa, i dottori, gli apologeti, i mistagoghi, i pontefici.


I Vangeli, scritti in greco perché potessero essere letti e la Buona Novella potesse essere diffusa ovunque, costituiscono la prima bottega del teologo. La lingua di Gesù attinge in maniera abbondante al «materiale afferente ai molteplici ambiti in cui si dipana l'esistenza umana più spicciola» (il lievito, le radici del gelso, l'imponente libertà del vento, le nubi che annunciano il tempo, il modo in cui vengono assunti gli uomini a giornata, ecc.).


I padri della Chiesa sono quegli autori cristiani dell'antichità «che hanno contribuito a dare forma al movimento di fede sorto intorno a Gesù. È grazie a loro che quel movimento assume una sua struttura religiosa compiuta, formula i testi fondamentali della propria fede, […] regola il proprio culto, si dota di un ordinamento giuridico, di una gerarchia interna», ecc. È ancora grazie a sant'Agostino che «la teologia compie la sua grande entrata sulla scena della storia, facendo interloquire la cultura greco-romana e il messaggio dei Vangeli».


Dai padri ai dottori della Chiesa (i primi quattro dottori, che furono anche padri della Chiesa, vennero proclamati nel 1298) si demarca il passaggio dall'epoca dell'Impero romano e della sua crisi a quella comunale del XIII secolo, dall'esaltazione del pensiero platonico alla riscoperta di Aristotele che diviene l'incontestabile ipse dixit. San Tommaso, grande genio del secolo, risponde alla domanda Esiste Dio? adducendo addirittura cinque prove della sua esistenza.


Con un volo pindarico di quattrocento anni giungiamo all'epoca della modernità, l'età delle scoperte, delle rivoluzioni scientifiche, delle riforme, del teatro, del cannocchiale: l'età che segna il trionfo della ragione da una parte e il dominio del dubbio con Cartesio dall'altra. Lutero mette in discussione il papa nel 1517 (di chi ci si può ora fidare?), la scoperta dell'America ripropone la domanda su dove finisca davvero il mondo, le scoperte astronomiche mettono in discussione la centralità della Terra nell'universo (che cosa si trova davvero al centro dell'universo), Cartesio pone addirittura il dubbio come metodo. Di cosa possiamo essere veramente certi? diventa la domanda della Modernità. Pur senza volerlo


l'autore del cogito ergo sum spalanca le strade all'ateismo (Dio non esiste), al deismo (Dio non è un mistero), […] all'agnosticismo di un Kant (Dio sfugge all'intelligenza ma è buono per fondare la morale), al panteismo di uno Spinoza e del Romanticismo dopo (Deus sive natura) ed infine all'idealismo di Hegel (Armando Matteo).


Gli apologeti perseguono nell'epoca della modernità l'obiettivo nobile «di sottrarre la verità della religione cristiana al predominio della ragione», ma secondo l'autore falliscono nel tentativo. Non vengono a capo della «loro acritica sottomissione all'autorità indiscussa della ragione moderna» (Armando Matteo).


E si giunge così all'età della postmodernità, l'epoca di Darwin, Freud, Einstein, Heisenberg, giusto per citare alcuni nomi, l'epoca in cui «le idee chiare e distinte sono ormai un pallido ricordo» (Armando Matteo), l'epoca in cui «viene messa profondamente in discussione la concezione assolutistica che la ragione moderna ha di sé».


Con la postmodernità sorge un sentimento di vita nuovo, più incline al godimento che non al sacrificio, con un tocco più frizzante e meno statico. Ed un tale nuovo sentimento di vita troverà la sua consacrazione nella rivoluzione culturale del Sessantotto. […] A me pare di poter affermare che la cifra unitaria della postmodernità sia quella della libertà. Si tratta cioè di un'epoca in cui, uno alla volta, cadono tutti quei bastioni che per secoli hanno coartato la vita e il pensiero dell'uomo comune (A. Matteo).


Soltanto l'incontro con un cristianesimo che sia all'altezza di questo desiderio totale di libertà dell'uomo postmoderno può affascinare e catturare l'uomo di oggi.


Che cosa, insomma, è davvero all'altezza della nostra libertà? Verso che cosa dunque liberamente dirigiamo la nostra libertà? […] (Il teologo Hans Urs von Balthasar) invita a scommettere di più sulla forza di attrazione e di attivazione della libertà umana che promana esattamente dalla contemplazione di Gesù (A. Matteo).


«Non c'è filosofia che tenga nell'epoca della postmodernità» (A. Matteo). Oggi, come un tempo, come in quel tempo della storia in cui i primi discepoli hanno incontrato Gesù, è necessario incontrare Gesù e innamorarsi di Lui. Il bello attrae e cattura, ciò che è bello chiama (Kalòn kalei).


Scrive H. U. von Balthasar in Solo l'amore è credibile (1963):


Quando la mamma per giorni e settimane intere ha sorriso al suo bambino, giunge il giorno in cui il bambino le risponde con un sorriso. Essa ha destato l'amore nel cuore del bambino e il bambino, svegliandosi all'amore, si sveglia alla conoscenza. […] La conoscenza […] comincia ad operare perché l'amore è stato messo preliminarmente in moto dalla madre […]. Così Dio si manifesta all'uomo come amore (von Balthasar).


Dall'incontro con lo sguardo amoroso di Gesù inizia il dramma della scelta di seguirlo oppure no. Rimangono impressi la data e l'ora di quell'incontro in cui è già presente tutto, anche se la nostra vita ci è, poi, data per approfondire proprio quell'istante che può valere un'eternità. È la nostra libertà ad essere sfidata, provocata, suscitata, chiamata a giudicare nuovamente ogni fatto, ogni circostanza nella prospettiva di una luce nuova che illumina l'oscurità, che permette di intravedere la via di uscita dal tunnel anche quando si è in difficoltà, di aspettarsi un destino buono anche quando le fatiche sembrerebbero prendere il posto dell'entusiasmo.


La bellezza del Cristo è testimoniata da questa promessa di novità per la nostra vita, da questa straordinaria corrispondenza con il nostro desiderio di felicità e di amore. Nell'esperienza di aver trovato una sorgente che inizi a dissetare la nostra arsura in mezzo al deserto del mondo siamo sorpresi per l'uomo nuovo che sta nascendo in noi. Di qui scaturisce il desiderio di seguire e conoscere sempre più in profondità il Maestro. Di qui sgorga la speranza per la nostra vita che, nella straordinaria notizia della resurrezione di Cristo, diventa certezza di eternità per noi e per i nostri cari.

Giovanni Fighera

 

 


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