Il premier cattolico Perrottet combatte il suicidio assistito
Ermes Dovico, in "La Nuova Bussola" – 17 Novembre 2021
Perrottet, il neopremier che combatte il suicidio assistito
Nel Nuovo Galles del Sud c'è un premier di fresco insediamento che è fortemente contrario a legalizzare il suicidio assistito. Parliamo del trentanovenne Dominic Perrottet, che il 5 ottobre ha assunto la guida dello Stato (con capitale Sidney) più popoloso dell'Australia, subentrando alla dimissionaria Gladys Berejiklian.
Cattolico, sposato e padre di sei figli, con un "curriculum" politico pro vita e pro famiglia, Perrottet fa parte del Partito liberale australiano, di centrodestra. Malgrado la sua opposizione al disegno di legge sul suicidio assistito, presentato dal parlamentare Alex Greenwich (indipendente e dichiaratamente gay), ha lasciato libertà di voto ai colleghi di partito. La settimana scorsa, aprendo il dibattito sulla proposta di Greenwich, il primo ministro ha spiegato che l'eventuale approvazione del suicidio assistito «oltrepasserebbe il limite» e rappresenterebbe «una decisione che cambia la cultura». Perrottet ha argomentato che se verrà accettato il principio sotteso al disegno di legge «nulla sarà più lo stesso, poiché avremo iniziato a definire il valore di una vita».
Il testo promosso da Greenwich, e firmato da altri 28 parlamentari di vari partiti, prevede di garantire il suicidio assistito alle persone con una malattia ritenuta terminale e un'aspettativa di vita minore di sei mesi, oppure inferiore a 12 mesi, per coloro che soffrono di una condizione neurodegenerativa. La richiesta andrebbe approvata da due medici. Il Nuovo Galles del Sud è l'unico Stato federato australiano a non aver ancora legalizzato il suicidio assistito. Nel 2017 un'altra proposta in merito era stata bocciata alla Camera alta, per un solo voto. Ora la partita sembra quantomai incerta. La nota positiva è che anche il leader dell'opposizione, Chris Minns, laburista, si è detto contrario al disegno di legge. È comunque in minoranza nel suo partito. La nota negativa è che pure il Partito liberale del Nuovo Galles del Sud è spaccato, con due esponenti di spicco come i ministri Victor Dominello e Rob Stokes che appoggiano la proposta pro-suicidio. Secondo quanto riporta Abc, ci si aspetta che la normativa passi alla Camera bassa per essere poi esaminata, nel 2022, in quella alta.
Ciò detto, la posizione di Perrottet rimane un segno di speranza, anche per la chiarezza con cui fin qui ha espresso le sue idee. «Questo dibattito riguarda fondamentalmente il modo in cui trattiamo quella cosa preziosa chiamata vita umana», ha affermato ancora il premier in Parlamento. «La nostra risposta a questa questione definisce che tipo di società saremo. Questo disegno di legge, nel suo cuore, sancisce un nuovo principio: che possiamo intenzionalmente aiutare a terminare la vita di alcune persone per porre fine alle loro sofferenze».
Ma non è «dare la morte» la risposta alla sofferenza (che ha pure un grande valore nel piano di salvezza, se la si offre a Dio in unione a quella di Suo Figlio), bensì «cura, conforto e compassione». In particolare, oltre a testimoniare che per lui non si tratta di una questione astratta - e a tal proposito ha condiviso la vicenda della nonna materna malata di cancro - Perrottet ha insistito sulla necessità di migliorare le cure palliative, fino a cercare di avere il miglior sistema al riguardo «non solo nella nazione ma nel mondo». Si è impegnato quindi ad aumentare i relativi fondi e ha fatto pure una personale autocritica: «Non siamo riusciti a fornire quella cura e, come ex ministro del Tesoro, me ne assumo la responsabilità». Ha promesso al contempo che «come premier» affronterà il problema e «lo risolverò». Speriamo ovviamente che ci riesca.
Le cure palliative sono in effetti una questione cruciale, seppur non l'unica, in tema di rapporto con il paziente e si innestano in una visione e in un retroterra culturale (vedi Cicely Saunders, fondatrice dei moderni hospice) che sono opposti a quelli dell'eutanasia e del suicidio assistito, nonostante certi odierni tentativi degli attivisti pro morte di confondere le acque.
A conferma di questa inconciliabilità c'è, tra l'altro, un recente studio qualitativo che mostra l'impatto negativo sulle cure palliative prodotto dall'entrata in vigore della legge canadese sulla "morte assistita" (Medical assistance in dying, in sigla Maid). Lo studio, pubblicato il 30 ottobre 2020 su Palliative Medicine (Sage Journals), è stato condotto con interviste semi-strutturate a 23 operatori sanitari (13 medici, 10 infermieri) impegnati nelle cure palliative nell'Ontario meridionale - all'interno di strutture in cui i pazienti potevano richiedere la Maid - e inclusi nel campione in modo da rispecchiare una diversità di opinioni personali.
In primo luogo, tutti i medici hanno parlato di un conflitto tra il mantenimento dell'idoneità alla morte assistita - ricordiamo che anche in Canada sono previsti dei "requisiti" per ottenere la Maid, tra cui vi è la condizione di provare sofferenze fisiche o mentali ritenute insopportabili - e un controllo efficace dei sintomi. In parole povere, i medici hanno sospeso l'uso di determinati farmaci che potrebbero alleviare il dolore ma far perdere l'idoneità alla Maid. In secondo luogo, molti medici hanno descritto i dilemmi etici riguardanti l'appropriatezza di parlare della Maid con i pazienti che non l'hanno richiesta e che potrebbero sentirsi così invitati o pressati a richiederla.
Inoltre, molti operatori di cure palliative hanno testimoniato il forte impatto emotivo causato in loro dall'introduzione della morte assistita. Questa cambia significativamente il rapporto medico-paziente: i clinici hanno descritto come i pazienti pensassero, facendo confusione, che le cure palliative includessero la morte assistita e, in particolare, i sanitari con obiezioni alla Maid su base morale/religiosa si sono soffermati sulla difficoltà di costruire un rapporto di fiducia con i pazienti che chiedevano la Maid stessa. Infine, i medici intervistati ritengono che la normativa approvata in Canada nel 2016 abbia indirizzato verso l'eutanasia e il suicidio assistito risorse che altrimenti sarebbero state destinate alle cure palliative. Un disastro annunciato, insomma. Eppure - dall'Australia al Canada, passando per l'Italia - continuano, con l'inganno, a chiamarla "dolce morte".
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