Amore a Cristo e ironia, Cardinale Biffi il mio porfessore a Venegono

Nico Spuntoni, in "La Nuova Bussola" - 17 Novembre 2021

Amore a Cristo e ironia, in un libro rivive il cardinale Biffi

"La salvezza comincia quando l'uomo si rende conto che la sua vera alienazione sta nel rifugiarsi nell'una o nell'altra ideologia per la paura di misurarsi con la verità, e comincia a capovolgere questo mortificante processo". Così il cardinale Giacomo Biffi volle concludere il suo commento teologico a "Le avventure di Pinocchio", tracciando l'insegnamento "più elevato" e "più utile" che si potesse trarre dal capolavoro di Collodi. Un insegnamento che calza a pennello sulla figura del grande porporato milanese, definito da Benedetto XVI un uomo "orientato solo dalla luce della verità, che in Gesù Cristo ci appare in persona".

 

Leggendo le pagine di "Biffi per sempre. Memoria di un grande arcivescovo cardinale" (Minerva Edizioni), si tocca con mano l'ammirazione degli autori dei contributi raccolti da Paolo Francia, giornalista bolognese ed ex direttore di Rai Sport, per il protagonista del libro. Un'ammirazione che forse solo certi schivi - così lo ricorda nel volume chi lo conobbe - sono in grado di suscitare.

 

Francia rivendica di essere stato il primo ad aver intervistato l'allora monsignor Biffi dopo la nomina ad arcivescovo di Bologna, prima ancora della presa di possesso. Un'intervista del maggio del 1984 che già manifesta i tratti caratteristici dell'uomo dotato di un'"eccelsa cultura" e di "fine umorismo", capace di sfoderare un "mix di realismo e di ironia" sin dalla prima occasione: al giornalista che gli chiese se gli avrebbe fatto piacere ricevere la porpora, egli rispose che "non è fra le peggiori disgrazie che possano capitare". Basta soltanto questa risposta a far capire come l'umorismo di Biffi lo proiettasse ben lontano dal linguaggio felpato e fintamente umile di un certo clericalismo.

 

Un'altra stimmata caratteriale evidente sin da questa prima intervista è la schiettezza e quell'assenza di "paura di popolarità o impopolarità" (Benedetto XVI dixit) che lo portò a punzecchiare in un colpo solo l'ex sindaco comunista Guido Fanti per il conferimento della cittadinanza onoraria di Bologna al cardinale Giacomo Lercaro, e quest'ultimo per averla accettata. Non era una critica ad un gesto qualsiasi per la storia della città felsinea: quella cittadinanza onoraria, per ammissione dello stesso ex sindaco Fanti, "aprì una stagione politica nuova" perché "i due riformismi, quello cattolico e quello di ispirazione socialista, potevano incontrarsi".

 

Quindi, prima ancora di approdare sulla cattedra di San Petronio, Biffi fece capire che con lui il mito di una 'Stalingrado in preghiera', coltivato da qualcuno strumentalizzando la buona fede di qualcun altro, si sarebbe estinto. Tutte le testimonianze nel volume confermano che avrebbe preferito rimanere nella 'sua' Milano e che la designazione nella città delle due Torri fu un profondo choc per un tipo abitudinario e non amante degli spostamenti come lui.

 

In un testo del cardinale Giovanni Battista Re, ripreso da "Ubi fides ibi libertas" di Samuele Pinna e Davide Riserbato, viene svelato il retroscena di quell'accettazione: Giovanni Paolo II era convinto che Biffi "fosse la persona giusta per Bologna" e lo invitò a cena in Vaticano per convincerlo a dire sì. Il Papa polacco ci teneva talmente tanto che, racconta il cardinal Re, "fin dal giorno prima (...) aveva incominciato a pregare per l'esito di quell'incontro".

L'attuale decano del collegio cardinalizio ricorda il suo amico arcivescovo che "non si preoccupò mai di essere politicamente corretto", facendo riferimento anche al rapporto con un altro religioso importante nella storia recente di Bologna; Giuseppe Dossetti.

 

Biffi, scrive Re, ebbe per l'ex politico democristiano "sincera stima per tanti aspetti lodevoli di lui come uomo di Dio e uomo intelligente, ma non ebbe timore a muovergli apertamente anche due forti critiche: la prima per una imprecisione teologica e l'altra perché in 65 pagine di introduzione al volume Le querce di Monte Sole di Luciano Gherardi aveva fatto un excursus filosofico e storico sulle stragi e uccisioni, ma inspiegabilmente non aveva fatto alcun accenno ai sacerdoti e laici cattolici uccisi in Emilia-Romagna dai comunisti negli anni 1944-46".

 

Un rapporto simile a quello con un altro grande porporato italiano, il cardinale Carlo Maria Martini di cui fu vescovo ausiliare per quattro anni a Milano. Monsignor Ernesto Vecchi, vescovo ausiliare di Bologna nella stagione biffiana, ricorda nel suo contributo che fu Biffi a volere Martini come relatore in un convegno preparatorio al congresso sul tema "Denaro e coscienza cristiana". Eppure, in una chicca regalata da Paolo Francia ai lettori, apprendiamo che in privato Biffi si espresse in termini non proprio lusinghieri verso il gesuita piemontese.

Al giornalista, infatti, il cardinale riportò una conversazione avuta con Benedetto XVI ormai un decennio fa: "Il patriarca Scola mandato a Milano? Ho detto al Papa che non va bene per l'età, perché per rimettere ordine in quella diocesi dopo i tanti disastri bisogna starci almeno dieci o quindici anni".

 

Un uomo dalla schiena dritta non solo con le altre autorità ecclesiastiche ma anche con quelle civili, come dimostrano le ruggini con due presidenti della Repubblica raccontate nel libro da monsignor Vecchi: Oscar Luigi Scalfaro e Francesco Cossiga. Con il primo per difendere la centralità dell'Eucarestia rispetto a tutto il resto, con il secondo per non cedere al politicamente corretto sull'islam. Nel libro si possono rileggere alcune delle riflessioni più profetiche del cardinale su Chiesa, Europa, immigrazione ed islam.

 

Nell'opera di Paolo Francia c'è tanto Biffi, come è naturale che sia, ma c'è anche tanto Caffarra. L'arcivescovo milanese lo volle come al suo posto sulla cattedra di San Petronio per una successione che Francia paragona a quella tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, sulla strada della continuità. Al suo successore, il cardinale milanese - tifosissimo dell'Inter - rimproverava solo tre cose: l'essere astemio, il non saper dire di no ad una richiesta di favore e il tifo calcistico per il Milan. Scrive l'autore: "Diversi fra loro, i due Cardinali. Ma anche uguali, per tanti aspetti. Biffi parlava poco, ma erano sciabolate. Caffarra un po' di più, eppure erano sciabolate pure le sue. Ecco la bella coppia che ha governato la nostra diocesi".

 

Il libro è impreziosito anche da una raccolta di fotografie significative per la storia dell'arcidiocesi felsinea che anche oggi può vantare un pastore con porpora: il cardinale Matteo Maria Zuppi, grande estimatore del suo predecessore milanese, che anche per questo libro ha inviato un suo contributo - come per altri precedentemente realizzati su Biffi - nel quale ha scritto che l'originalità biffiana "ci sveglia dal farci cullare dal pensiero comune (...), il suo amore assoluto per Cristo ci aiuta a capire e a non perdere per qualche consenso facile la vera libertà (...), preghiamo perché i cristiani siano tali, perché Dio trovi la fede, non surrogati o penose caricature".

 

Nico Spuntoni

 

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