Moscati, il medico santo che indica la vera scienza
Antonio Tarallo, in "La Nuova Bussola" – 16 Novembre 2021
"Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna, promuovendo l'eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute". Dopo aver prestato il giuramento di Ippocrate, medici chirurghi e odontoiatri iniziano ufficialmente la professione di medico. Il giuramento nella versione antica venne pronunciato anche dal dottore Giuseppe Moscati che, il 4 agosto 1903, conseguì la laurea in medicina con "pieni voti e diritto alla stampa".
Moscati si appassionò fin da subito alla ricerca scientifica e cominciò a frequentare i laboratori di biochimica e fisiologia già a partire dal secondo anno di università. Questo voleva dire guardare avanti, nel settore scientifico. Una lungimiranza dettata dallo Spirito Santo. Infatti, solo all'inizio del XX secolo, la fisiologia e la chimica - che fino al secolo precedente avevano seguito percorsi separati - si uniranno per portare a sensazionali scoperte. In questo fermento culturale il giovane Moscati indirizzò i suoi primi studi alla comprensione dei meccanismi che legavano appunto fisiologia e chimica.
Il più delle volte, e giustamente, quando pensiamo a Giuseppe Moscati, pensiamo alla figura del santo, dell'uomo di carità, dalla spiritualità francescana, che viveva la sua missione con amore e dedizione. Nulla di più vero. Ma tutto questo a discapito di un punto che è bene sottolineare: la sua preparazione scientifica, la sua professionalità fino al perfezionismo, come dimostra la scrittura di diversi saggi scientifici. E anche una profetica idea della scienza che fa di quest'uomo un santo davvero speciale. La "carità scientifica", definiamola così, dove possiamo incontrarla? Basterebbe pensare che il dottor Giuseppe Moscati, prima di sottoporre un corpo all'autopsia, si segnava la fronte, sempre, con il segno della Croce. Un altro lato della sua personalità è legato all'esperienza del dolore: nei suoi scritti, infatti, leggiamo che il dolore non va interpretato come una contrazione muscolare, ma come "un grido dell'anima a cui il medico deve accorrere". Un medico-sacerdote, potremmo definirlo.
Un esempio tangibile del suo percorso interiore e di studi è possibile trovarlo nel museo dell'Ospedale degli Incurabili, a Napoli, dove lui operò. Il museo - che ufficialmente è denominato "Museo delle Arti Sanitarie di Napoli" - ha delle stanze in cui è possibile immergersi nella quotidiana opera del dottor Moscati. Qui, infatti, possiamo trovare custodite alcune delle sue "ricette" mediche. Sono numerose, ma una frase colpisce, subito, la nostra mente e il nostro cuore: "Nulla di grave". Prendiamo come esempio una di queste ricette: dopo una diagnosi di "lieve sclerosi all'apice sinistra dei bronchi", il Moscati scrive "nulla di grave", sottolineato ben tre volte e con un punto esclamativo. Così Giuseppe Moscati parlava ai suoi pazienti. In quel "nulla di grave" non possiamo che trovare il Moscati preoccupato, attento alla condizione psicologica e spirituale del paziente: nulla di grave, un vero e proprio ristoro dello spirito.
Percorrendo le sale dello studio-museo si osserva un Moscati scienziato. E queste ricette conservano, comunque, l'aspetto scientifico, ovviamente. Il santo medico era un uomo di scienza, attento sì a curare l'anima, ma anche - e soprattutto - il corpo, come ogni buon medico ha il dovere di fare. Ritorniamo, appunto, al suo giuramento di medico. Ad esempio, ancora in una ricetta si legge questa diagnosi: "Ulcera duodenale". In questo caso, pronta la terapia: la tintura di iodio, un antisettico in grado di uccidere l'helicobacter pylori che causa l'ulcera. Il fatto sorprendente è che solo nel 2005 questa cura è stata attestata efficace per combattere questa tipologia di batterio. Ancora una volta, lo scienziato Moscati aveva ragione.
Nel museo si trova anche un tavolo autoptico. È quello dell'anfiteatro anatomico dell'Ospedale degli incurabili: il medico santo era il direttore del reparto di Anatomia patologica dell'importante struttura partenopea. Fa riflettere - e non poco - la targa che Moscati fece mettere all'ingresso della sala: sopra questa, vi erano le parole del profeta Osea dell'Antico Testamento, "Ero mors tua, o mors". Traduzione: "Io sarò la tua morte, o morte". Un'immagine della salvezza che viene da Cristo crocifisso e, anche, che bisogna eseguire con rispetto l'autopsia sul cadavere cercando di trarre tutte le informazioni possibili per prevenire la morte di altri pazienti con la stessa patologia. Un grande scienziato, un grande santo: in lui, le due caratteristiche si sono fuse in maniera sublime.
La sua vita è stata testimonianza di come la vocazione del medico possa avvicinarsi, davvero, a quella della santità: curare l'anima e curare il corpo; curare il corpo e curare l'anima. Per San Giuseppe Moscati vanno di pari passo. "Sebbene lontano, non lascerete di coltivare e rivedere ogni giorno le vostre conoscenze. Il progresso sta in una continua critica di quanto apprendemmo. Una sola scienza è incrollabile e incrollata, quella rivelata da Dio, la scienza dell'al di là! In tutte le vostre opere, mirate al Cielo, e all'eternità della vita e dell'anima, e vi orienterete allora molto diversamente da come vi suggerirebbero pure considerazioni umane, e la vostra attività sarà ispirata al bene". Queste, le parole di Moscati, a un suo giovane allievo. Era il 22 luglio 1922. Da rileggere oggi e domani. Per sempre.
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