Ogni volta che un sacerdote celebra la messa o la liturgia delle ore...

Ogni volta che un sacerdote celebra la messa o la liturgia delle ore, anche se è solo, offre il culto pubblico e ufficiale della Chiesa in unione con il suo Capo, Cristo e il suo corpo. 

“Naturalmente, per trovare la sua piena e manifesta espressione, è preferibile che questo culto possa essere celebrato con la partecipazione di una comunità di fedeli del popolo di Dio. Ma può succedere che ciò non sia possibile. L’assenza fisica della comunità non impedisce la realizzazione del culto pubblico anche se interrompe parte della sua realizzazione. Pertanto, sarebbe sbagliato pretendere che un sacerdote si astenga dalla celebrazione della Messa in assenza dei fedeli. Al contrario, nelle circostanze attuali in cui viene impedito al popolo di Dio di unirsi sacramentalmente a questa adorazione, il sacerdote è più legato alla celebrazione quotidiana. Infatti, nella liturgia, il sacerdote agisce in persona Ecclesiae, nel nome di tutta la Chiesa e in persona Christi, nel nome di Cristo, Capo del corpo, per adorare il Padre. È l’ambasciatore, il delegato di tutti coloro che non possono esserci.
È quindi comprensibile che nessuna autorità secolare possa sospendere il culto pubblico della Chiesa (e quindi inaccettabile perché ambigua la richiesta di “Messa senza popolo” sostituibile con “senza la presenza delle persone lì riunite”). Questa adorazione è una realtà spirituale sulla quale l’autorità temporale non ha alcun controllo. Questa adorazione continua ovunque venga celebrata una messa, anche senza la presenza delle persone lì riunite. D’altra parte, spetta a questa autorità civile vietare le riunioni che sarebbero pericolose per il bene comune in considerazione della situazione sanitaria. È anche responsabilità dei vescovi collaborare con le autorità civili nella massima franchezza. Probabilmente era quindi legittimo chiedere ai cristiani di astenersi, per un periodo breve e limitato, dal riunirsi. D’altra parte, però, è inaccettabile che la autorità incaricate del bene politico si permettano di giudicare la natura urgente o non urgente del culto religioso e vietino l’apertura di chiese, il che consentirebbe ai fedeli di pregare, confessarsi e comunicarsi, purché sia rispettate le norme sanitarie” (Robert Sarah).


















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