Messaggio del Vescovo Domenico
18 agosto 2022
Vescovo di Verona
Ai presbiteri e ai diaconi della Diocesi di Verona
Rieti, 6 agosto 2022
Cari presbiteri e cari diaconi,
vi scrivo nel giorno in cui compio 34 anni da prete. E ripenso a quel caldo
pomeriggio di agosto quando il vescovo impose le sue mani su di me. Al termine,
prendendo la parola, me ne uscii dicendo: "Chissà come andrà a finire!". La battuta
suscitò qualche ilarità e non poche preoccupazioni. Ma, a distanza di anni, mi pare
che il suo senso non fosse che doveva necessariamente cambiare la scelta, ma che la
scelta sicuramente ci cambia e ci porta dove non avremmo mai pensato. In effetti, c'è
una distanza obiettiva tra quello che abbiamo immaginato in seminario e quel che
poi è accaduto. Del resto, solo quando il pastore è a contatto con quelli ai quali è
mandato, sperimenta chi è. Prima non lo sa. Qualche volta, la sensazione è che siamo
diventanti "invisibili" agli occhi dei nostri contemporanei. Che strano destino: noi
chiamati a dar corpo all'Invisibile rischiamo di diventare invisibili. Quel che un
tempo era pregiudizio o, addirittura, avversione si dissolve in una specie di
silenziosa indifferenza. Coi più giovani la cosa è più evidente. Non siamo contestati.
Semplicemente ignorati. Ma non è forse così anche per i loro genitori, snobbati ed
evitati, ma nel profondo attesi ed osservati?
Paradossalmente, questa condizione che qualche volta ci intristisce può essere
letta in dissolvenza come un'opportunità. Perché ci riconduce a quel che siamo:
'segni' poveri e spesso inadeguati che non debbono attrarre su di sé l'attenzione, ma
fungere da indice puntato verso l'Alto. Per realizzare questo ci vuole un pizzico di
umiltà, un poco di coraggio, e, soprattutto, una dose massiccia di pazienza. Anzitutto
l'umiltà. Il sapersi "amici" di Cristo ci lega sempre di più a Lui, non senza lotte,
fatiche, cadute e riprese. L'umiltà benintesa si costruisce sulle sorprese belle o brutte
della vita. Poi ci vuole il coraggio che non si esaurisce rispetto alle tante smentite che
il ministero riserva, ma conserva il buon umore che rende avvertiti delle attese
autentiche di tanti che da noi aspettano solo un cenno. E, da ultimo, c'è bisogno di
pazienza che è la metodologia più divina che esista. Per convincersene basta ripensare
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