L'idolatria

Luisella Scrosati, in "La Nuova Bussola" – 31 luglio 2022

In questa nuova e trentaquattresima lezione del Catechismo, proseguiamo la nostra riflessione sulla SUPERSTIZIONE. La scorsa volta abbiamo iniziato questa serie di catechesi dedicate ai vizi opposti alla virtù di religione che sono essenzialmente i PECCATI contro il primo comandamento, ci stiamo ora dedicando ai vizi per eccesso.

 

Abbiamo perciò trattato la superstizione, in generale, nel culto verso Dio e, in particolare, quella forma di superstizione che riguarda il modo con cui si adora e si venera il vero Dio. L'oggetto, il destinatario del culto, è corretto, essendo il vero Dio, ma è la modalità del culto ad essere errata. Potete approfondire qui (link) la puntata della scorsa volta.

 

In questa lezione iniziamo invece a vedere l'altro versante della superstizione, ovvero quei peccati che, all'interno della superstizione, si volgono verso colui che Dio non è o coloro che Dio non sono.

 

La quaestio 94 che San Tommaso dedica all'IDOLATRIA.

 

L'idolatria è un tema fondamentale, tutta la Sacra scrittura è percorsa da questa duplice lotta: da un lato il vero Dio che si rivela e che chiama il suo popolo al culto vero, a vivere secondo il vero Dio, e dall'altra parte il popolo di Israele che si volge verso gli idoli. L'esempio più eclatante è quello del vitello d'oro: appena dopo che Dio si era rivelato sul Sinai ed il popolo era diventato commensale di Dio ai piedi del Sinai, ecco che in un istante il popolo di Israele torna a quegli idoli che aveva imparato a conoscere in Egitto, se ne forgia uno, il vitello d'oro, appunto, ed indirizza atti di culto a questo idolo.

 

Abbiamo ripreso l'esempio perché è importante sottolineare come si forma questo idolo, basti pensare che nel momento in cui il popolo di Israele chiede ad Aronne di fargli un Dio perché lo potessero vedere e toccare, non aveva ripudiato di per sé il Dio che lo aveva salvato, non sta scritto che prima ci sia stato un atto di incredulità o di ripudio conclamato del Dio di Israele, si dice invece che il popolo in qualche modo riconosce il Dio che lo ha liberato dall'Egitto, ma allo stesso tempo vuole un idolo, un'opera delle sue mani.

 

San Tommaso, nella quaestio 94, si chiedere che cosa sia l'idolatria.

 

L'idolatria è essenzialmente prestare il culto divino mediante atti esterni di culto (gestualità, offerta di qualcosa, festeggiamenti...) che manifestano in qualche modo una incredulità.

Attenzione, l'idolatria non è direttamente contraria alla fede, come l'incredulità, ma è direttamente contraria alla virtù di religione.

L'idolatria di per sè non comporta l'ammissione di incredulità, ovvero non comporta che esplicitamente, verbalmente o anche attraverso il solo pensiero, un soggetto dica: "non credo più al vero Dio".

 

L'essenza dell'idolatria è nell'offrire atti esterni di culto a chi non è il vero Dio.

Articolo 1, quaestio 94, san Tommaso dice:

 

"Ora, il culto divino, come veniva prestato alle creature materiali e sensibili con segni sensibili, e cioè con sacrifici, giochi ed altre cose del genere; così veniva prestato alle creature rappresentate con forme e figure sensibili, denominate idoli".

 

Successivamente san Tommaso cita sant'Agostino nell'opera "De doctrina Christiana" e dice:

 

"È superstizioso tutto ciò che è stato inventato dagli uomini nella fabbricazione e nel culto degli idoli, o allo scopo di venerare come Dio la creatura, o qualche parte del creato".

 

L'atto fondamentale dell'idolatria è l'offerta di atti cultuali esterni, il destinatario è tutto ciò che in qualche modo è stato inventato dagli uomini come fine verso cui indirizzare questo culto.

 

Articolo 2:

 

"E' peccato prestare agli idoli un culto, sia esterno, che interno".

 

Bisogna prestare massima attenzione in questo articolo all'enfasi che San Tommaso pone agli atti esterni:

 

"E neppure si può dire, come pensavano alcuni, che "questi sacrifici visibili si addicono alle altre divinità, mentre al vero Dio supremo, per la sua eccellenza, son dovuti sacrifici più eccellenti, quelli cioè della sola anima"; perché, come nota S. Agostino, "i sacrifici esterni sono segni delle disposizioni interiori, come le parole articolate sono segni delle cose".

 

Qualcuno potrebbe dire che fino a che non si presta un atto cultuale interno, che è il più importante, allora non vi è idolatria.

 

Non è così, in quanto san Tommaso dice che l'essenza dell'idolatria sta proprio negli atti esterni, in quanto sono segni degli atti interni. Ma se anche uno - spiega poi nell'articolo terzo - qualcuno intendesse offrire atti esterni sicuro di non offrirli anche internamente, san Tommaso dice che non solo non viene meno l'idolatria, ma vi si aggiunge anche il peccato di menzogna, rendendolo ancor più grave.

 

Ecco perché il martire è il cristiano per eccellenza: perché dare la vita e perdere tutto quando, per esempio, si può fare ancora tanto bene, si può dare ancora tanto amore sulla terra, al sol prezzo di un atto cultuale esterno? Se quello che conta è il cuore allora dato il cuore non è necessario dare la vita fisica...?

 

La Chiesa ha sempre rifiutato questo ragionamento elevando agli altari i martiri che al prezzo della vita hanno rifiutato di dare culto esterno agli idoli.

 

L'IDOLO è qualsiasi presunta opera delle mani dell'uomo, che sia materiale o più elevata, pensiamo alla forma di idolatria moderna. che richiede ad altre ragioni il sacrificio di sé stessi.

 

L'altro elemento che san Tommaso esclude è quello di poter offrire un culto esterno solo come consonanza con le usanze del popolo:

 

"Questo errore fu seguito anche da certi eretici, i quali affermavano non essere condannabile che uno imprigionato in tempo di persecuzione veneri esternamente gli idoli, purché conservi la fede nell'anima. - Ma tutto questo è manifestamente falso. Infatti essendo il culto esterno il segno del culto interiore, come è una menzogna riprovevole affermare il contrario di quanto si crede interiormente mediante la vera fede, così è riprovevole falsità prestare un culto esterno a un essere, contro quello che si pensa interiormente".

 

 

 

Articolo 4. San Tommaso si chiede:

 

Come mai l'uomo è così incline all'idolatria che è uno dei peccati più diffusi e più gravi in quanto va direttamente a ledere l'onore di Dio?

1- Per un disordine di affetto. L'uomo ha una parte concupiscibile della propria anima che è deviata, che è inclinata e che tende perciò a legarsi più alle creature che non a Dio. Perciò se non presta attenzione l'uomo può assumere atteggiamenti sbagliati, occorre invece mantenere nella loro unicità ed esclusività tutti quegli atti che si devono solo a Dio.

 

2- L'uomo è incline a cercare una rappresentazione. Di nuovo, questo sembra essere il motivo del vitello d'oro. L'uomo non riesce a rimanere in una posizione di fede, ma ha bisogno di concretizzare, di restringere Dio all'interno di una rappresentazione umana.

 

3- L'uomo non riconosce il vero Dio, in particolare non lo conosce nella sua bontà, nella sua potenza, nella sua bellezza. Tende perciò a legarsi alla bellezza, alla potenza, alla scienza... delle creature. E ricerca in chi non è Dio quella soddisfazione che dovrebbe cercare solo in Dio, ovvero confida più nell'uomo che non in Dio.

 

Da qui il Salmo che dice: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo". E' un'espressione fortissima, ma che sta proprio ad indicare questo movimento sbagliato che va da Dio all'uomo e che genera il peccato, poiché solo Dio è il sommo Bene dell'uomo.

 

Nella quaestio 95 san Tommaso tratta della superstizione divinatoria, la divinazione nelle sue diverse forme.

 

Che cosa è la divinazione?

Si tratta di un modo di predire il futuro, che non si fonda sull'osservazione, il ragionamento, la supposizione, ma sulla base di elementi che non sono in relazione con quanto potrà avvenire in futuro.

 

Come?

Attraverso una ingiusta usurpazione di quella capacità che appartiene solo a Dio. Solo Dio conosce il futuro, anche i futuri contingenti legati alla libera decisione dell'uomo. Ovviamente non si sta parlando delle congetture che si fanno sulla base di alcuni dati della realtà. Conoscere il futuro della storia in modo immediato ed esaustivo invece è una prerogativa e una facoltà propria di Dio solo, che non si può usurpare:

 

"Ora, si ha una vana ricerca del futuro quando uno tenta di conoscerlo da chi non può apprenderlo. Perciò la divinazione è una specie di superstizione". (Articolo 2)

 

Il futuro lo possiamo in qualche modo apprendere o sulla base dell'osservazione e del ragionamento, oppure tramite un dono divino, una rivelazione che Dio dà a qualcuno. Al di fuori di queste due fonti il resto cade nella superstizione e rientra sempre nel mondo demoniaco. Il culto non va inteso solo a ciò che si offre, ma anche ciò di cui si avvale: io posso avvalermi di qualcosa di divino, senza tuttavia che vanga da Dio o senza che Dio me lo voglia concedere, in questo caso mi avvalgo di una prerogativa presunta divina senza però che venga realmente da Dio.

 

In questo caso non è il destinatario del culto che non è il vero Dio, ma è ciò da cui traggo una prerogativa divina a non essere il vero Dio.

 

E se non è il vero Dio chi è?

"Ebbene, qualsiasi divinazione deriva dall'intervento diabolico: o perché i demoni sono espressamente invocati per manifestare il futuro; oppure perché essi intervengono nelle vane ricerche del futuro, per irretire le anime umane nelle vanità, a cui il giusto, a detta del Salmista, "non volge l'occhio, come non bada alle follie menzognere". Ora, si ha una vana ricerca del futuro quando uno tenta di conoscerlo da chi non può apprenderlo. Perciò la divinazione è una specie di superstizione".

 

I demoni entrano in gioco quindi o perché sono espressamente invocati oppure perché anche se non sono invocati, l'uomo sta usurpando a Dio il Suo potere, ovvero di conoscere il futuro, e perciò i demoni entrano per irretire le anime umane nella vanità. Da questa duplice distinzione, nascono le varie forme di divinazione.

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