Domenica 13°

Amare il padre, la madre, il fidanzato, la fidanzata, lo sposo, la sposa, la carriera, il potere, il successo più di Cristo attraverso Maria è infelicità perché inquieto il nostro cuore finché non mette lo scopo cristiano della vita al primo posto: l'obbligo morale è conseguente alle delusioni


Un giorno Sara Matteucci (1978-1986) in un dialogo del tutto insolito per una bambina di sette anni chiede: "Mamma, lo sai che io ti voglio tanto bene; ma se ti dico che ne voglio di più a Gesù, alla Madonnina che a te, ti offendi? No amore" alla luce del Vangelo di questa domenica che ci parla dell'esigenza del Signore al primo posto per godere di tutta la sua generosità. E questo prima di essere un obbligo morale cui per libero arbitrio possiamo rinunciare, è la verità, una necessità e rinunciarvi è schiavitù, infelicità.

Gesù mite e umile di cuore, non può non esprimere la verità per ogni cuore umano creato per l'infinito: "Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio e la figlia più di me non è degno di me". Tanto più per altre relazioni. E Gesù lo fa per amore cioè perché siamo stati creati, redenti non per noi stessi o per le creature temporali ma per Dio che incontriamo attraverso la sua umanità avvenuta nel grembo verginale di Maria e oggi già risorte, quella di Gesù e di Maria, presenti convenendo ecclesialmente soprattutto alla Domenica, cui anche noi siamo destinati.

Gesù non è per noi un amico come gli altri, altrettanto per Maria: è il Figlio di Dio, è la Madre di Dio e quindi abbiamo bisogno di amarli con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta l'anima, pregarli mattina e sera e pensarli tutto il giorno, un peccato alla Domenica non andare a Messa, una omissione grave non pregare spesso con il rosario. E questo per essere liberi in tutti gli altri rapporti e quindi poter amare ed essere amati cioè felici anche nelle tribolazioni già in questo mondo. Pur dovendo rispondere alle necessità della pandemia e quindi a tutte le doverose richieste per non contagiare ed essere contagiati, non si dovevano escludere le Messe, l'obbligo grave del terzo comandamento di santificare la festa che nessuno, neanche il Papa può dispensare senza ferire la vita. In questo clima culturale di secolarismo con la proposta perfino di scrivere dio con la minuscola e Uomo con la maiuscola non manchiamo semplicemente ad un obbligo morale, ma a quella necessità che ha portato Sara a 7 anni a morire serena traboccando d'amore per il grande amico Gesù che riceveva ogni giorno e per la grande mamma Maria.

Gesù ci mette dinnanzi che amare Lui attraverso di Lei al di sopra di tutti e di tutto e quindi liberi con la possibilità di amare, di essere già felici prima di morire vuol dire prendere anche la propria croce che non può mancare in nessuno come non è mancata in Gesù: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno dime". Prendere, non subire, la propria croce nella consapevolezza della necessità di poter essere liberi, quindi amare ed essere amati cioè già felici significa amare come Dio nell'incarnazione del Figlio ci ha rivelato e attraverso la sua e la nostra mamma ci dona. Chi giungerà a rendersi conto che vita non è fare di sé stesso il tutto cui tutto subordinare perché si perderà; ma chi consapevolmente alla luce della fede è disposto anche a perdere la propria vita per il Regno di Dio, per il vero amore ai fratelli nel mondo, è sarà già felice.

È assolutamente necessario almeno ogni Domenica, partecipando alla Messa sentire il Vangelo cioè la Persona di Cristo che ci parla per non fallire nella vita e questo fino all'ultimo momento, anche forse avendo fallito per tanti anni forse per non consapevolezza o mancanza di una adeguata evangelizzazione. La conversione, anche all'ultimo momento, rimedia a tutto. Che la Sua e la nostra mamma ci aiutino. 


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