DOSSIER 'CORREDENZIONE'
DOSSIER "CORREDENZIONE". Per il direttore della società tedesca di Mariologia il titolo di Corredentrice non si presta a equivoci sull'unica mediazione salvifica di Cristo. Se così fosse, si dovrebbe intervenire sugli scritti di Newman e Giovanni Paolo II.
Luisella Scrosati nella "Nuova Bussola" – 7 aprile 2025
Abbiamo chiesto un parere su alcuni punti critici della Nota dottrinale Mater populi fidelis a don Manfred Hauke, Professore di Dogmatica alla Facoltà Teologica di Lugano, membro della Pontificia Academia Mariana Internationalis e direttore della Società tedesca di Mariologia.
La preoccupazione principale della Nota sembra focalizzata sul fatto che alcuni titoli mariani, come quello di Corredentrice e Mediatrice di tutte le grazie, oscurerebbero l'unicità della mediazione salvifica di Cristo. A suo avviso, esiste realmente questo rischio?
A mio parere non esiste questo rischio in un contesto catechetico e teologico sano. Chi potrebbe accusare di squilibrio, ad esempio, san Giovanni Paolo II, il quale ha usato varie volte i due titoli appena menzionati? La Nota stessa ricorda che egli ha utilizzato il titolo "Corredentrice" «almeno in sette occasioni» (n. 18). Forse si dovrebbe togliere la qualifica di "dottore della Chiesa" al cardinale John Henry Newman, dichiarato tale da papa Leone XIV lo scorso 1° novembre, perché il convertito inglese ha difeso il titolo di "Corredentrice" contro l'anglicano Edward Pusey? Oppure intervenire contro gli scritti di sant'Alfonso de' Liguori, dottore della Chiesa anche lui? Andare contro numerosi santi, tra i quali santa Edith Stein e santa Teresa di Calcutta? I titoli mariani "seconda Eva", "madre della vita" e "Madre di Dio", secondo Newman, sono molto più forti del titolo criticato (Lettera a Pusey). O forse bisogna rimproverare papa Leone XIII, elogiato dal Sommo Pontefice regnante con la scelta del proprio nome pontificale, il quale ha concesso l'indulgenza ad una preghiera con il titolo mariano (in italiano) "Corredentrice del Mondo" (Acta Sanctæ Sedis 18, 93)?
È invece più facile che vi siano malintesi nel mondo protestante, che nega la cooperazione dell'uomo alla salvezza con il principio del sola gratia. Per questa ragione, la Commissione teologica del Vaticano II omise «alcune espressioni e vocaboli usati dai Sommi Pontefici, che, pur essendo in sé verissimi, potrebbero essere solo difficilmente comprensibili ai fratelli separati (in questo caso i protestanti). Fra gli altri vocaboli … "Corredentrice del genere umano"» (Acta synodalia, I, 99). È giusto sacrificare un'espressione in sé "verissima" per motivi ecumenici? Ad ogni modo, per i protestanti, non vi è soltanto il problema del vocabolo, bensì anche della dottrina insegnata dal Vaticano II sulla cooperazione singolare di Maria alla redenzione. Un falso ecumenismo può danneggiare la dottrina cattolica che va professata in tutta la sua ricchezza. Se la Chiesa dovesse rimuovere tutte le espressioni non amate dai protestanti, dovrebbe anche eliminare il titolo della Madre di Dio (Theotokos) menzionato nella Nota (nn. 9, 11, 15). Anche qui si potrebbero far valere possibili malintesi di un tale titolo in chi non è bene catechizzato.
Ormai in quasi tutte le testate giornalistiche, incluse quelle cattoliche, si titola che Maria non è corredentrice. Si rimane piuttosto attoniti nel leggere che un titolo, come quello della Corredentrice, che è di fatto entrato nel vocabolario della teologia, come anche dell'insegnamento dei Papi, sia improvvisamente dichiarato dalla Nota "inappropriato" e "sconveniente".
Il titolo "Corredentrice" è l'espressione più breve per esprimere la cooperazione singolare di Maria alla redenzione. Il malinteso che Maria verrebbe messa sullo stesso piano di Gesù è evitato dalla precisazione che la cooperazione di Maria dipende totalmente da Cristo ed è subordinata a Lui. Proibire un breve titolo che esprime una verità centrale insegnata con grande chiarezza dal Vaticano II sarebbe piuttosto difficile. Teniamo conto, comunque, della precisazione del cardinale Fernández nella presentazione iniziale: «Non si tratta di correggere la pietà del popolo fedele di Dio …». Nel popolo credente sono diffuse le espressioni "Corredentrice del genere umano" (ad esempio negli Appelli del messaggio di Fatima della serva di Dio, suor Lucia) e ancora di più "Mediatrice di tutte le grazie"; quest'ultima invocazione riprende il titolo della festa liturgica introdotta da papa Benedetto XV nel 1921 ed è stata usata persino dai papi Benedetto XVI (Lettera del 10 gennaio 2013 all'arcivescovo Sigismondo Zimowski) e Francesco: «Uno degli antichi titoli con cui i cristiani hanno invocato la Vergine Maria è appunto "Mediatrice di tutte le grazie". Affidate a Lei le vostre aspirazioni e i propositi di bene custoditi nell'intimo; sia Lei a contagiarvi la gioia di seguire Cristo e di servirlo con stile umile e docile nella Chiesa …» (Messaggio all'arcivescovo Gian Franco Saba di Sassari, Sardegna, del 13 maggio 2023).
A suo avviso, la Nota ha inteso respingere solo il titolo di Corredentrice o anche aspetti importanti della cooperazione singolare di Maria all'opera della Redenzione?
Malgrado le osservazioni critiche sui due titoli, la Nota riporta la dottrina del magistero conciliare e pontificio (nn. 4-15), specialmente riguardante la "cooperazione singolare di Maria nel piano della salvezza" (n. 3; vedi anche n. 36s e 42). Il documento cita anche il testo più chiaro su questo punto, la catechesi mariana di san Giovanni Paolo II del 9 aprile 1997, la quale distingue la partecipazione di Maria alla redenzione oggettiva svolta da Cristo sulla terra dalla nostra cooperazione nel processo salvifico (nn. 3, 37b).
San Pio X (Ad diem illum) insegnava che la SS. Vergine, in virtù della sua singolare santità e associazione all'opera della Redenzione, «ci procura per merito di convenienza (de congruo), come si dice, ciò che il Cristo ci ha procurato per merito di giustizia (de condigno)». Nella Nota sembra esserci una frenata a riguardo, se non un'inversione, quando si afferma che «soltanto i meriti di Gesù Cristo […] vengono applicati nella nostra giustificazione» (n. 47). Cosa ne pensa?
La distinzione importante di Pio X non viene citata, ma sembra che si faccia un cenno – purtroppo quasi nascosto – alla distinzione tra il merito de condigno di Cristo e quello de congruo di Maria (nn. 47s). Per parlare di un'estensione universale della mediazione materna di Maria in Cristo è indispensabile un richiamo a questo tipo di merito.
Nei paragrafi conclusivi della Nota, si ripropone un tema molto discusso, ossia che Maria SS., secondo le parole di papa Francesco, «è più discepola che madre» (n. 73). Cosa c'è di vero in questa espressione e quali le insidie?
Secondo sant'Agostino, Maria ha concepito il Verbo di Dio prima nel suo cuore e poi nel suo grembo (Sermone 215, 4). D'altra parte, non è possibile separare in Maria l'essere discepola e l'essere Madre di Dio, oltre che "Madre del popolo fedele". La dignità specifica di Maria viene proprio dalla sua missione di essere la Madre di Dio, la quale ha generato la natura umana del Salvatore. Qui sta anche la base per tutta la sua cooperazione salvifica.
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