Il prezzo della fede

Mauro Faverzani, in "Corrispondenza Romana" - 9 novembre 2022

Se, come già denunciato la scorsa settimana, il Canada è scosso da una grave ondata di violenza anti-cattolica, che ha fatto tristemente registrare un incremento del 260% in atti vandalici, profanazioni, minacce a sacerdoti, incendi ai danni di parrocchie, cappelle e oratori, tutti verificatisi tra il 2020 ed il 2021, è anche vero che forse gli interrogativi più seri sorgono all'interno delle comunità cattoliche: negli ultimi dieci anni, infatti, nel Paese la Chiesa ha "perso" qualcosa come due milioni di fedeli, passando dai 12,8 milioni del 2011 ai 10,9 milioni del 2021 pari al 29,9% soltanto della popolazione totale. Il Cattolicesimo resta la religione maggioritaria in quasi tutte le province canadesi, compreso il Québec, dove tuttavia il calo è stato particolarmente pesante, dal 74,7% del 2011 al 53,8% del 2021. L'unica eccezione è rappresentata dal Nunavut, rimasto una "roccaforte" anglicana.

 

I dati, sconcertanti, sono stati forniti dall'Ufficio Statistica nazionale, che ha reso noti i risultati emersi dal censimento realizzato lo scorso anno. La stessa pratica religiosa, in generale, avrebbe registrato una flessione, passando dal 40% del 1985 al 20% del 2019. È diminuito il numero di coloro che si riconoscono anche solo genericamente cristiani, dal 67,3% della popolazione nel 2011 al 53,3% nel 2021 ovvero 19,3 milioni di credenti in meno, mentre coloro che si dicono espressamente non cristiani sono il 12,1% del totale. Il 34,6% della popolazione si dichiara privo di appartenenze confessionali. I musulmani sono il 5%, ma il dato è raddoppiato rispetto al censimento del 2011 e questo vuol ben dire qualcosa; gli induisti sono il 2,3%, i sikh sono il 2,1%. Gli ebrei sono in tutto 335 mila, anch'essi in calo. Solo lo 0,2% aderisce ad una sorta di spiritualità autoctona.

 

Un'ignavia spirituale, un'abiura silenziosa ma concreta, che fa a pugni con coloro che invece ogni giorno sono pronti a morire per la propria fede, pronti ad offrire la propria vita a Cristo, come accade in Nigeria, nello Stato di Benue, dove lo scorso 19 ottobre 71 residenti del villaggio cattolico di Gbjeji sono stati letteralmente massacrati dai pastori fulani musulmani. 35 corpi sono stati trovati subito dopo il raid, altri 36 sono stati recuperati in seguito, nei campi adiacenti. Tra le vittime, vi sono anche donne e bambini, oltre a due agenti di Polizia. Erano tutti fedeli della locale parrocchia intitolata a San Michele.

 

I terroristi islamici, circa 200, sono giunti di buon mattino, alle sei, ed hanno iniziato a sparare all'impazzata, come raccontato da Padre Samuel Fila, che, al momento dell'attacco, non si trovava nel villaggio, era lontano, per partecipare ad un incontro tra sacerdoti. Le case sono state bruciate. I caduti venivano finiti a colpi di machete.

 

Lo Stato del Benue non è purtroppo nuovo a questo tipo di blitz, divenuti sempre più frequenti, crudeli e sanguinosi a partire dal 2019. Benché il clan dei Fulani rappresenti il 10% circa della popolazione nigeriana, cerca di dettar legge nel modo più cruento e vigliacco possibile. I funzionari del governo statale hanno visitato il villaggio di Gbjeji dopo l'ultima strage, ma hanno alzato le braccia in segno di resa: non ritenendosi in grado di fermare questa escalation di violenza, stanno valutando se aderire alle richieste giunte dalla popolazione e fornire di armi i gruppi di difesa locale, costituiti da semplici cittadini, affinché si tutelino da sé.

 

La situazione di un Occidente ormai vuoto, privo di spirito, privo di ideali, privo di fede e di fedeli, costituito in gran parte da ignavi senza meta e senza colonna vertebrale stride tremendamente con quella di Paesi, in cui essere cattolici significa essere pronti, in qualsiasi istante, a testimoniare ciò col sangue, senza tuttavia che nessuno si spaventi per questo, indietreggi per questo, si arrenda per questo o abiuri per questo, forte di una fiducia piena e totale in Dio. E questo solo basta.

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