La strage di cristiani in Nigeria

Roberto Bonuglia, in "Accademia Adriatica di Filosofia" – 6 giugno 2022

Nella domenica di Pentecoste è arrivata, purtroppo, una pessima notizia: nonostante l'iniziale e imbarazzante silenzio del portavoce della polizia locale Funmilayo Odunlami ‒ che non ha risposto alle telefonate ed ai messaggi di nessuno [1] ‒ si è consumato l'ennesimo attacco ai cristiani in Nigeria, il Paese più popoloso di tutta l'Africa.

 

La St. Francis Catholic Church di Owo, nello stato di Ondo, infatti, è stata colpita duramente durante la funzione religiosa in corso: un commando armato è entrato nel locale di culto ed ha sparato ai fedeli. Owo è la città natale del Governatore dello Stato, Rotimi Akeredolu ed il bilancio dell'attacco è drammatico: le prime stime oscillano tra i 25 ed i 50 morti, diversi sono i feriti, molti di essi in gravi condizioni come riportano le fonti locali. Un medico di un ospedale della zona, infatti, ha rilasciato una dichiarazione alla Reuters [2] nella quale ha detto che non meno di 50 corpi sono stati trasferiti al FMC (Federal Medical Center) di Owo e al St. Louis Catholic Hospital.

 

Una versione confermata anche da Ogunmolasuyi Oluwole che ‒ dopo aver visitato sia la chiesa cattolica dove si è consumato l'eccidio sia l'ospedale ‒ ha anche aggiunto che tra i morti e i feriti molti siano bambini.

 

La Nigeria non è nuova a questo tipo di persecuzioni: in gran parte della parte settentrionale del Paese, infatti, i cristiani vivono la loro vita sotto la costante minaccia di attacchi di Boko Haram, della Provincia dell'Africa occidentale dello Stato islamico (ISWAP), dei militanti Fulani e dei criminali che rapiscono e uccidono in modo sistematico. Mentre tutti i cittadini della Nigeria settentrionale sono soggetti a minacce e violenze, i cristiani sono spesso presi di mira in modo specifico a causa della loro fede: ISWAP e Boko Haram vogliono eliminare la presenza cristiana in Nigeria, e i militanti musulmani "fulani" attaccano specificamente i villaggi cristiani.

 

I fulani sono un'etnia nomade diffusa in tutta l'Africa occidentale e ‒ dal 2009 ‒ hanno fatto tra le 13 e le 19 mila vittime, soprattutto tra i cristiani della Middel Belt: il motivo dell'accanimento ha diverse motivazioni visto che i fulani sono in prevalenza pastori mentre, nell'area, i cristiani sono dediti principalmente all'agricoltura e si sono in larga parte ritrovati in Nigeria per scappare da un'altra persecuzione, quella intensificatasi l'indomani della guerra in Biafra. De facto, «la grave siccità degli ultimi anni ha costretto i pastori fulani a spostarsi per cercare zone più redditizie per far vivere il bestiame. Bestiame che spesso ha invaso i campi degli agricoltori cristiani causando ulteriori scontri che si sono poi inaspriti con vere e proprie persecuzioni ai danni della comunità cristiana locale» [3].

 

La quale, oltre ai rischi di violenza, in alcuni Stati del Nord della Nigeria vive anche sotto la sharia, motivo per il quale sono discriminati e trattati come cittadini di seconda classe. I cristiani che si convertono dall'Islam, inoltre, ‒ come avviene anche in altri Paesi a maggioranza musulmana e non solo [4] ‒ affrontano anche il rifiuto delle loro famiglie e sono spesso spinti con ritorsioni di vario tipo a ritrattare la loro fede [5].

 

Lo conferma il fatto che una settimana fa il capo della Chiesa metodista in Nigeria sia stato rapito insieme ad altri due religiosi nel Sud-Est del Paese e sia stato necessario il pagamento di 240.000 dollari per la liberazione sua e dei suoi compagni di disavventura [6].

 

Due settimane fa, poi, due sacerdoti cattolici sono stati rapiti a Katsina, lo Stato natale del Presidente Muhammadu Buhari, nel Nord del Paese. Ad oggi, nessuno ha pagato il riscatto e non sono stati rilasciati.

 

Qualche tempo prima, nel mese di marzo, uomini armati hanno preso di mira il collegamento ferroviario vitale tra Abuja e la città settentrionale di Kaduna, uccidendo almeno 9 persone e rapendone a dozzine, molte delle quali sono ancora detenute e la maggior parte delle quali, manco a dirlo, sono ree di essere cristiane.

 

Quella di oggi è solo l'ennesima pagina di intolleranza e persecuzione che la Nigeria ‒ al settimo posto al mondo nella classifica dei Paesi più ostili alla minoranza cristiana [7] ‒ scrive: la novità è rappresentata dal fatto che, ormai, le violenze siano sistematiche anche nella parte meridionale dello Stato, finora meno interessata da episodi così drammatici.

 

Nel Nord-Est della Nigeria, infatti, già da tempo qualsiasi comunità di credenti è a rischio di attacco da parte di Boko Haram o ISWAP. A causa delle violenze, migliaia di cristiani sono costretti a vivere in campi formali o informali per sfollati interni (IDP). Questa situazione contribuisce alla vulnerabilità, perché le persone che hanno perso la casa o i propri cari ora sono effettivamente rifugiati all'interno del proprio Paese. Anche le donne e le ragazze tendono ad avere livelli di vulnerabilità più elevati e chiunque si converta dall'Islam al cristianesimo è ‒ ovviamente quanto tristemente ‒ il più indifeso di tutti.

 

Fatto sta che oggi, nella chiesa cattolica, il comando armato è arrivato indisturbato in prossimità del locale in Owa-luwa Street ‒ vicino, cioè, al palazzo di Olowo di Owo ‒ in autobus [8]. Una volta entrato, superando la recinzione e il cancello non solo il commando ha aperto il fuoco sui fedeli inermi, ma anche lanciato esplosivi. Si è trattato, quindi, non solo di un attacco crudele, ma di una vera e propria imboscata come riporta la testimonianza di un superstite: «Hanno teso un'imboscata e sono penetrati. Hanno sparato con le pistole e hanno usato la dinamite per entrare. Stavamo per finire il servizio. Immediatamente abbiamo chiesto alle persone di andarsene, abbiamo iniziato a sentire il rumore di spari e dinamite da diverse angolazioni. Abbiamo subito chiesto alla gente di tornare di corsa all'interno della chiesa e chiudere la porta. Ci siamo nascosti all'interno della chiesa anche se alcune persone erano già andate via quando è avvenuto l'attacco. Ci siamo chiusi in chiesa per circa 20 minuti. Quando abbiamo saputo che se ne erano andati, abbiamo aperto la chiesa e portato le vittime in ospedale» [9].

 

Il tutto è stato fatto dagli assalitori con il volto scoperto, forti dell'impunità che avrebbero avuto. Ciò non sorprende, visto che nel disinteresse generale delle autorità politiche nigeriane e non solo, l'escalation di violenze dei fulani contro i cristiani è frutto di un preciso progetto di eliminazione dei primi a danno dei secondi e, al contempo, la risultante dell'evoluzione che il banditismo ha avuto ‒ e sta avendo ‒ nel Paese: «Se il banditismo in Nigeria alcuni decenni fa si avvaleva di archi e frecce, negli ultimi anni i fulani si sono dotati di Ak47, diffusissimi nel Paese dopo la caduta di Gheddafi» [10].

 

La violenza, insomma, ha raggiunto un punto di non ritorno che non a caso ha fatto parlare alcuni analisti geopolitici di un vero e proprio «genocidio progressivo e di una slow-motion war» [11]: dall'abbrivio del Terzo millennio e con un'orribile accelerazione negli ultimi anni, le denunce accertate di omicidi, stupri, mutilazioni e rapimenti di cristiani in Nigeria sono costantemente aumentate.

 

Ma continuano a non fare notizia, come molto spesso succede quando ad essere perseguitati sono i cristiani. A noi il compito di scriverne, parlarne e, soprattutto, di pregare per tutti loro.

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