Dio non diviene, Dio è. Ecco perché hegelismo, modernismo e dottrina cattolica sono incompatibili
Dio non diviene, Dio è. Ecco perché hegelismo, modernismo e dottrina cattolica sono incompatibili.
Daniele Trabucco nella "Nuova Bussola" - 3 ottobre 2025
Il sistema hegeliano, lungi dall'essere una semplice costruzione filosofica tra le altre, rappresenta il compimento estremo della modernità, ossia la pretesa della ragione di spiegare il tutto senza ricorrere a nulla di trascendente rispetto al processo storico. Con Hegel (1770-1831) la filosofia occidentale giunge ad affermare che l'Assoluto non è una realtà eterna e immutabile, ma un movimento dialettico in cui l'Idea si sviluppa, si aliena, si nega e si riconcilia attraverso la storia. In questa prospettiva, Dio non è più il principio fermo e immobile che fonda e sostiene l'essere delle creature, bensì diventa soggetto della storia, realtà che prende forma e acquista senso solo nella misura in cui si realizza nei processi umani, politici, culturali e religiosi. La trascendenza viene dissolta nell'immanenza e l'eternità si lascia assorbire dal tempo. Tale visione, apparentemente affascinante per la sua forza speculativa, è radicalmente incompatibile con la dottrina cattolica, poiché nega alla radice il concetto stesso di Dio, di creazione, di rivelazione e di salvezza.
La metafisica classica, assunta e purificata dalla Chiesa a partire dalla sintesi tomista, definisce Dio come "Ipsum Esse subsistens", atto puro, perfezione senza mancanza, immutabile ed eterno. In Lui non vi è alcun processo, alcun divenire, alcuna necessità di alienarsi per essere sé stesso. Dio è Colui che è, principio incausato di tutte le cose, distinto radicalmente dal mondo che da Lui riceve l'essere. La creazione non è emanazione o sviluppo necessario, bensì libero atto d'amore con cui Dio chiama all'essere ciò che prima non era. In questo senso, l'ordine della creazione non è l'auto-sviluppo dell'Assoluto, ma riflesso contingente e partecipato della perfezione divina. Il Dio cattolico non ha bisogno della storia per essere Dio: Egli è perfettissimo in sé, e la storia, lungi dal determinarlo, riceve da Lui consistenza e senso. Proprio per questo, la rivelazione cristiana afferma che l'Incarnazione del Verbo è evento libero e soprannaturale, dono assoluto che si compie una volta per tutte, e che non appartiene al ciclo necessario di un divenire dialettico.
L'hegelismo, al contrario, dissolve l'alterità tra Dio e mondo. L'Assoluto si realizza solo alienandosi nel finito, ossia nella natura e nello spirito soggettivo, per poi ricomporsi nella sintesi dello spirito oggettivo e assoluto. In questa visione, la storia non è luogo della manifestazione di un Dio già perfetto e trascendente, ma il processo stesso con cui Dio diviene. È la storia a costituire Dio, non Dio a costituire la storia. La conseguenza teoretica è devastante: il divino è ridotto a funzione del tempo e la verità perde la sua immutabilità, perché ciò che è vero oggi è destinato a superarsi domani nella sintesi ulteriore del processo dialettico. Non vi è più verità eterna, bensì soltanto verità provvisoria, storicamente situata, transitoria.
Questo corrisponde esattamente a ciò che il Magistero cattolico ha sempre condannato come modernismo: la riduzione della verità a esperienza storica, mutabile secondo le epoche e i contesti. La "Pascendi Dominici gregis" del 1907, promulgata dal grande papa san Pio X, ha mostrato come tale riduzione distrugga dall'interno la fede, rendendola mero prodotto del tempo e della coscienza collettiva. Sul piano cristologico, l'incompatibilità si manifesta in modo ancora più evidente. Per la fede cattolica, l'Incarnazione del Verbo è evento unico e irripetibile, in cui la seconda Persona della Trinità, consustanziale al Padre, assume la natura umana senza confusione e senza mutazione, per realizzare la redenzione mediante il sacrificio della croce. Per Hegel, invece, Cristo non è il Dio che discende liberamente per salvare l'uomo, ma il simbolo del momento dialettico in cui l'infinito entra nel finito e prende coscienza di sé. La croce, in questa prospettiva, non è il sacrificio redentivo che cancella il peccato del mondo, ma la negazione necessaria in cui lo Spirito si aliena per poi riconciliarsi. La salvezza non è dono soprannaturale che scaturisce dall'amore di Dio, ma coscienza storica che l'uomo acquisisce del processo dialettico.
È evidente che qui non si tratta di una semplice deviazione interpretativa, ma di una sostituzione del cuore stesso del cristianesimo con una filosofia dello Spirito che, sotto veste religiosa, annulla la gratuità della grazia. La dottrina cattolica non può accettare il hegelismo nemmeno sul piano ecclesiologico. La Chiesa, per la fede, è sacramento universale di salvezza, fondata da Cristo una volta per tutte, custodita dalla successione apostolica, assistita dallo Spirito Santo nella trasmissione intatta del deposito della fede. Per Hegel, invece, la religione cristiana non è che una fase dello sviluppo dello Spirito, destinata a essere superata nella filosofia assoluta. Ciò significa che la Chiesa non ha valore definitivo, ma solo relativo, provvisorio, storico. La verità del cristianesimo è transitoria, funzionale a un processo che la supera. Questo equivale a negare il dogma stesso della rivelazione compiuta e definitiva in Cristo, affermato dalla "Dei Verbum" del Concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965) e da tutta la tradizione precedente. Se la rivelazione è compiuta una volta per tutte, non può essere superata da un ulteriore momento dialettico; se invece è destinata a essere oltrepassata, allora non è più rivelazione ma illusione provvisoria.
Infine, dal punto di vista teoretico più radicale, l'hegelismo contraddice il principio di non contraddizione, fondamento della ragione e della metafisica classica. Per Aristotele e Tommaso, una cosa non può essere e non essere allo stesso tempo e sotto lo stesso aspetto. Per Hegel, invece, la contraddizione non è negazione della verità, ma motore stesso del reale. Il positivo è tale solo nella misura in cui contiene e supera il negativo. Così, l'Assoluto vive del proprio opposto e si afferma negandosi. Questo rovesciamento mina la razionalità stessa del reale e rende impossibile qualsiasi fondamento stabile. La fede cattolica, invece, presuppone la logica come riflesso dell'ordine divino e rifiuta ogni dissoluzione della verità nell'oscillare infinito della dialettica. Un Dio che vive di contraddizione non è il Dio cattolico, ma un idolo filosofico, incapace di dare certezza e salvezza. Per tutte queste ragioni, il hegelismo non può essere compatibile con la dottrina cattolica. Non si tratta di un semplice linguaggio da purificare o di categorie da rielaborare: l'intero impianto speculativo hegeliano è inconciliabile con la fede. Al centro del cattolicesimo vi è un Dio trascendente, immutabile, personale, che liberamente crea e liberamente salva, che si rivela una volta per tutte nel Verbo incarnato, che dona alla Chiesa la verità eterna e non superabile. Al centro dell'hegelismo vi è, invece, un Assoluto che diviene, che si realizza solo nel tempo, che assume la contraddizione come propria vita, che relativizza ogni verità facendola dipendere dal processo storico. Tra questi due poli non c'è possibile conciliazione. Dove Hegel parla di dialettica, la fede cattolica proclama l'immutabilità; dove Hegel vede il processo, la Chiesa annuncia l'eternità; dove Hegel riduce Cristo a momento dello Spirito, la dottrina cattolica riconosce il Figlio eterno incarnato per la redenzione del mondo.
La radicale incompatibilità tra hegelismo e cattolicesimo non è dunque un fatto accidentale o storico, ma un'esigenza teoretica: o Dio è, e allora non diviene; oppure Dio diviene, e allora non è Dio. L'Assoluto hegeliano non è il Dio cristiano, ma la sua contraffazione filosofica. Per questo, oggi come ieri, il pensiero cattolico deve resistere alla tentazione di assimilare la dialettica hegeliana come strumento di comprensione della fede. Ogni concessione in tal senso non farebbe che dissolvere la trascendenza, minare la rivelazione, svuotare la salvezza. La fede cattolica è fede nel Dio vivente che è principio e fine, alfa e omega, eterno presente che non ha bisogno della storia per essere sé stesso. Per questo essa proclama con assoluta certezza che Dio non diviene, perché è l'Essere stesso che fonda ogni divenire senza essere fondato da nulla.
Commenti
Posta un commento