Domenica di risurrezione

 

La morte e risurrezione del Verbo di Dio incarnato è un evento di amore insuperabile, è l'unica vittoria dell'Amore che ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e della morte. Ha cambiato il corso della storia, infondendo un indelebile e rinnovato senso e valore della vita di ogni uomo. Grazie alla morte e risurrezione di Cristo, pure noi oggi, con Lui vivo e presente, risorgiamo a vita nuova ed unendo la nostra alla sua voce proclamiamo di voler restare per sempre con Dio, Padre nostro infinitamente buono, misericordioso e provvidente. Entriamo così nella profondità del mistero pasquale senza del quale questo mondo ferito dal peccato sarebbe orribile. L'evento sorprendente della risurrezione di Gesù è essenzialmente un evento d'amore: amore del Padre che pur permettendo la passione e la morte per la nostra salvezza non abbandona il Figlio nella morte; amore del Figlio che si abbandona al volere del Padre per tutti noi, chiedendo nella preghiera di non essere abbandonato nella morte; amore dello Spirito che risuscita Gesù dai morti nel suo corpo trasfigurato. Ed ancora l'amore di Dio uni trino: amore del Padre che "riabbraccia" il Figlio avvolgendolo nella sua gloria; amore del Figlio che con la forza dello Spirito ritorna al Padre rivestito della sua umanità trasfigurata. Dall'odierna solennità che liturgicamente dura otto giorni e che ci fa rivivere l'esperienza assoluta e singolare della risurrezione di Gesù, ci viene dunque un appello a convertirci all'amore; ci viene un invito a vivere rifiutando l'odio  e l'egoismo che ci tolgono la libertà e quindi la possibilità di amare ed essere felici e a seguire docilmente le orme dell'Agnello immolato per la nostra salvezza, a imitare il Redentore "mite e umile di cuore", che è "ristoro per le nostre anime (Mt 11,29). Che nessuno di noi qui convenuti chiuda il cuore all'onnipotenza di questo amore che redime con la corredentrice! Gesù Cristo è morto e risorto per tutti: Egli è la nostra speranza" Speranza vera per ogni essere umano. Oggi, come fece con i suoi discepoli in galilea prima di tornare al Padre, Gesù risorto invia anche noi dappertutto come testimoni della sua speranza e ci rassicura: Io, vivo, presente, sono con voi sempre, tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Fissando lo sguardo del nostro animo nelle piaghe gloriose del suo corpo trasfigurato, possiamo capire il senso e il valore della sofferenza necessaria, possiamo lenire tante ferite che continuano ad insanguinare l'umanità anche ai nostri giorni. Nelle sue piaghe gloriose Lui vivo che si identifica con i sofferenti riconosciamo i segni indelebili della misericordia infinita di Dio di cui parla il profeta sottolineando la provvidenza del Padre. Egli è Colui che sana le ferite dei cuori spezzati, che difende i deboli e proclama la libertà degli schiavi del proprio capriccio chiamato libertà, che consola gli afflitti e dispensa loro olio di letizia invece dell'abito da lutto, un canto di lode invece di un cuore mesto (Is 61,1.2.3). Se con umile confidenza ci accostiamo a Lui, incontriamo nel suo sguardo la risposta all'anelito più profondo del nostro cuore: conoscere Dio e stringer con Lui una relazione vitale, che colmi del suo stesso amore la nostra esistenza e le nostre relazioni interpersonali e sociali. Per questo l'umanità ha bisogno di Cristo e della sua e nostra mamma: in Lui, noi speranza con la Regina della pace, dell'amore, con la Madre del lungo cammino, "noi siamo stati salvati" (Rm 8,24).

NB. Attingo dal biblista Albert Vanhoye e dal teologo Ratzinger Benedetto XVI

Commenti

Post popolari in questo blog

Anglicani

I peccati che mandano più anime all'inferno

Sulla bellezza della Messa “Tridentina”