La legge naturale è un riflesso del dritto divino

Antonio Livi, "Movimento Mariano Regina dell'Amore - 12 gennaio 2021

Farò un discorso molto formale, che rischia di essere noioso, però è indispensabile. Perché le contestazioni che ci furono già nel '68 – e son continuate fino adesso – all'enciclica Humanae Vitae sono fatte soprattutto con questo pretesto: l'enciclica è manifestazione di un'opinione teologica non più accettabile. Già nel '68 non era più accettabile, 50 anni dopo ancora di meno, perché non segue l'evoluzione della teologia morale.

 

E in nome della teologia morale – che adesso si alimenta soprattutto di freudismo, ossia della psicanalisi di Freud, da cui nasce la rivoluzione sessuale di cui parlava D. Alfredo e di tante altre cose… La mentalità che ha influenzato anche il commercio, l'industria che si chiama pansessualismo; e che, naturalmente, dà all'esercizio della sessualità la caratteristica dell'anarchia: nessun ordine, nessun ordine, nessun ordine!

 

Questa teologia… Quest'opinione teologica che si alimenta delle cosiddette "scienze umane", che è stata una rovina per la teologia già a partire dagli studi accademici nelle università pontificie. In tutto questo, si può sintetizzare sul fatto che l'enciclica di Paolo VI viene considerata un'opinione teologica di minoranza da superare, da eliminare.

 

Abbiate pazienza per seguire un discorso formale, perché lì si gioca la parola fondamentale di questa mia relazione che è l'infallibilità.

 

L'infallibilità che cos'è? È la garanzia che hanno i fedeli… Attenti: non Scalfari e la Repubblica, non l'Espresso, non il New York Times, non il Tablet. Ma i fedeli cattolici hanno, nel carisma dell'infallibilità del Papa, e in generale nel magistero autentico, la garanzia che Esso – il Magistero –, trasmetta fedelmente la Volontà di Dio, rivelatore e ordinatore del mondo. Il fatto di avere, nel magistero, Gesù Maestro. Gesù che dice: "Andate in tutto il mondo e insegnate a praticare la Verità che Io vi ho insegnato". Ecco, questa garanzia si chiama Infallibilità.

 

Perché se la Chiesa gerarchica – gli Apostoli non fossero garantiti da Cristo stesso, che ha affidato a loro questa missione, la verità della loro dottrina, la Chiesa cesserebbe di esistere. Mentre invece Gesù ha fondato la Chiesa ci sia per sempre. Ciò si chiama teologicamente, dal punto di vista dottrinale, l'indefettibilità della Chiesa.

 

La Chiesa è indefettibile. Non nel senso che non abbia difetti – ce li ha la persona stessa di Pietro, tutti gli Apostoli, e le persone di tutti noi –: la Chiesa è piena di peccatori e di persone, comunque, limitate e defettibili. Ma la Chiesa, in quanto continuità di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, è destinata a essere presente, per la salvezza del mondo, fino alla fine del mondo. Ma non sarebbe indefettibile la Chiesa se venisse a mancare la sua funzione principale, ossia di dire la Verità.

 

Pertanto l'infallibilità nell'enciclica di Paolo VI è tutto. Ossia, se non fosse infallibile, quell'insegnamento, avrebbero ragione i contestatori, sia vescovi, sia teologi, sia sociologi, sia disgraziati di ogni tipo… avrebbero avuto ragione loro, allora, e avrebbero ragione adesso.

 

C'è un turpe individuo, che si chiama Maurizio Chiodi – dicono che è sacerdote (chi lo sa!) si veste da sacerdote quando fa le conferenze –: dice delle bestemmie continue. È una cosa terribile! Mi vien da vomitare ad ascoltarlo, e l'ho ascoltato anche a Roma, alla Gregoriana.

 

Alla Gregoriana possono dire tutto quello che vogliono perché è l'università dei gesuiti, ed essendo il Papa gesuita – avendo fatto stampare, alla Gregoriana, libri che osannano la sua rivoluzione pastorale –, lì si può dire tutto. Basta dire che "andiamo con Francesco". Quello che non dicono mai: "Andiamo con Gesù".

 

Un discorso di tre pagine, scritte sul carattere dottrinale dell'enciclica, in cui non c'è mai la parola "Gesù". Non c'è mai nemmeno la parola "Dio". C'è solo la parola "Chiesa": intesa come l'intendono loro, ossia un "popolo in cammino" guidato da loro, una specie di lunga marcia di Mao Tzetung. E poi c'è una parola strana che è "Spirito", con la maiuscola. La Chiesa deve andare avanti guidata dallo "Spirito"…

 

E che 'sto "Spirito"? Non lo Spirito Santo, lo "Spirito". (Qualcuno del pubblico dice: "Lo spirito del tempo".) Esattamente: der Zeitgeist, è lui, è lui. Perché lo "spirito" hegeliano non è Dio trascendente, ma è la storia dialettica che s'incarna; per Hegel s'incarnava nel regime prussiano, in un regime politico, ecc. ecc.

 

Allora la parola fondamentale è "infallibilità". Ma questa parola interessa i fedeli; interessa i fedeli da un punto di vista teologico. Per cui i fedeli, riguardo a quest'enciclica, riguardo a qualsiasi documento del magistero ecclesiastico, si domandano: "Debbo crederci?". Oppure: "Posso crederci?". "Debbo obbedire?". "Posso disobbedire?". In maniera più esplicita: "Vedo in quelle parole, o in quei discorsi, in quei principi, in quelli enunciati, e in quelle disposizioni pratiche, la Volontà di Dio? Pertanto devo credere a Cristo Maestro, mediante quelle parole, quei discorsi, quegli enunciati? Devo obbedire a Lui? Io che voglio come cristiano, vivere la sequela Christi, andare dietro a Cristo, devo fare così?".

 

Pietro, ad un certo momento, ragionava da uomo – ragionava con criteri umani, pertanto di egoismo, di sociologia di rivoluzione sessuale, tutte queste cose – e Gesù gli dice: "Mettiti dietro a Me, che stai ragionando non come Dio ma come gli uomini. Mettiti dietro a Me, non pretendere di precedermi con le tue idee. Tu non inventare niente, mettiti dietro a Me, alla mia sequela".

 

Se ciascun cristiano deve seguire Cristo, figuriamoci il Papa! È il primo che deve seguire Cristo! Per questo l'idolatria del Papa – uno contro l'altro, uno che supera l'altro – è una cosa che totalmente anticristiana, insensata, non ha senso. Il Papa lo veneriamo – non lo adoriamo –, ma lo veneriamo nella misura in cui esercita la sua funzione di Vicario di Cristo. E basta. E se quello che dice è esattamente Parola di Dio, dottrina di Cristo, allora io mi sento in obbligo di crederci. Non di essere convinto – poi spiegherò –: di crederci. Il Magistero va creduto, non è che il Magistero va approvato. Perché tutti quelli che hanno contestato… Me lo ricordo perché, siccome son vecchio, a quell'epoca ero già una persona matura, nel '68… fui anche cacciato da un seminario romano.

 

All'epoca la principale accusa che facevano i teologi cattivi, cioè i falsi teologi, all'enciclica, era che non è sufficientemente biblica: non giustifica queste cose, non le giustifica; non siamo convinti di queste giustificazioni.

 

Ma il Magistero non deve giustificare niente! Il Magistero comanda. Il Magistero dice: "Questa è la Parola di Dio". Il Magistero dogmatizza. Il Magistero non deve giustificare niente. Il Magistero dice: "Questo l'ha detto Gesù, questo l'ha comandato Gesù e io ve lo ripeto, io lo applico".

 

Uno che cosa deve fare di fronte alla Parola di Dio? Comprendere – per quello che si può comprendere –, ma comunque a prescindere da ogni comprensione e da ogni giustificazione intellettuale, deve crederci. Il credere è una cosa diversa dall'accettare una dimostrazione.

 

Quando in matematica si finisce per dire: "Come volevasi dimostrare", uno, se è intelligente, deve dire: "Per forza, è così". L'evidenza dialettica della dimostrazione porta a dire: "È così. Non è che ci credo, è così". L'accettazione di una teoria è conseguenza della validità della dimostrazione.

 

L'accettazione di un dogma dipende solo dall'avere fede che Cristo è Maestro, e il Papa è il Vicario di Cristo. È una cosa ben diversa, totalmente diversa.

 

Per cui ogni critica che si fa all'HV per le giustificazioni che adduce, è una critica totalmente sbagliata. Tra parentesi. È un po' sbagliato anche lo stile dell'enciclica che – seguendo l'impostazione di Giovanni XXIII – non dogmatizza, ma cerca di convincere attraverso discorsi. E va be'… è una scelta pastorale, che io ritengo sbagliatissima, ma comunque non toglie il fatto che il Papa, in quel momento, voleva insegnare con autorità dottrinale. Pertanto dogmatizzava nella sostanza, ma non nella forma.

 

Perché poi, anche nel Vaticano II, si è visto, studiando le cose da teologi e non da giornalisti, che quello che nel Vaticano II – che non ha voluto emettere nuovi dogmi – è però da credere, perché ripropone dogmi già enunciati dalla Chiesa.

 

Qui viene un punto difficile da capire e per questo vi chiedo di essere un pochino attenti. Io non sono così divertente come Don Alfredo, né così simpatico come lui. Sono antipatico perché sono un professore di logica. In certe aule, di una certa università, seppi che mi chiamavano "don sonnifero". Per questo mi alzo, così guardo tutti e controllo. Però vi chiedo questo sacrificio, per amore di Dio; e io pure lo faccio, sennò non sarei venuto qua, con tanti problemi che ho. Perché questi elementi di logica applicata alla Fede sono fondamentali. Ed è questo.

 

Il dogma che cos'è?

 

Quando hanno accusato quest'enciclica di non avere contenuto dogmatico, quando hanno detto: "Si può cambiare, tanto non è dogma"…

 

Quando un ex teologo domenicano – è sempre domenicano, non è più teologo – ha cominciato a dire: "Tutto quello che ha detto Paolo VI, e anche Giovanni Paolo II, sul matrimonio e la famiglia sono disposizioni di diritto canonico, di diritto ecclesiastico, sono disposizioni pragmatiche che, per il bene delle anime, per lo sviluppo della Chiesa, si possono cambiare". No, nemmeno per sogno!

 

In materia morale, in materia di matrimonio e famiglia, sono implicati direttamente – non indirettamente – i veri dogmi della nostra santa fede. E quali sono? Attenti.

 

I dogmi sono: "Credo in unum Deum, Patrem omnipoténtem, Factorem cæli et terræ…". Il dogma è che quel Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, e che noi conoscevamo già grazie ai preambula fidei, con la ragione naturale, sappiamo per la ragione naturale, ma soprattutto per la Rivelazione, che il Creatore – ecco, questa parola è fondamentale, quello che Don Alfredo ha detto della procreazione: collaborare al disegno di Dio di popolare il cielo di santi – è Dio creatore.

 

Il Dio creatore – che precede, logicamente, il Dio rivelatore – è Colui che ha dato al cosmos, al mondo, un ordine. Avendo creato il mondo per amore – per amore degli uomini ("Tutto è vostro, voi siete di Cristo e Cristo è di Dio") –, quest'ordine della creazione si chiama, con queste parole di Sant'Agostino – bellissime e insuperabili –: ordo amoris. Ossia, le cose del mondo, uomini compresi, le cose materiali, le cose spirituali, tutto quello che chiamiamo mondo (cosmos dei greci), è voluto da Dio con una dinamica che l'ordine: ogni cosa per un fine, parziale, secondario, momentaneo, e un fine ultimo. Tutto è nato dall'Amore di Dio e tutto deve portare all'Amore di Dio. Se le cose vanno secondo il volere di Dio tutto porta alla gloria di Dio, che la gloria dell'uomo redento ed è destinato alla beatitudine.

 

Pertanto nel dogma della santa fede cattolica c'è il fatto che Dio ci ha messi – ognuno di noi, creandoci – in un ordine creazionale, in un ordine cosmico, che l'uomo dotato di ragione vede e comprende. Questa si chiama – in termini, diciamo così, filosofici –: la legge di natura.

 

La legge di Dio è la legge di natura. E San Tommaso, che ha spiegato queste cose molto bene… E ci torno sopra perché lo stesso papa Benedetto XVI, per la sua formazione teologica tedesca novecentesca, filo-luterana, e tanti altri – soprattutto teologi da strapazzo –, se la prendono con la nozione di diritto naturale. E dicono: Non si può più sostenere una morale familiare sulla base del diritto naturale, o addirittura lo chiamano – con un termine rinascimentale che non c'entra niente – giusnaturalismo. Il giusnaturalismo, di Grozio, non c'entra niente. Il diritto naturale c'era prima del cristianesimo, nella filosofia stoica. Il diritto naturale c'è in Cicerone, in Seneca.

 

Il diritto naturale è stato preso in pieno dalla filosofia cristiana, dalla patristica dell'età tarda antica, e soprattutto è stato sviluppato da San Tommaso d'Aquino. Il quale dice: "Dio creatore, nel fare le cose, le ha fatte secondo la logica, il Logos. E ha fatto, le cose, con un'intenzione. E questa si chiama: la legge eterna di Dio".

 

Lex aeterna Dei. Ricordateti queste parole perché non vengono molto dette, dai teologi da strapazzo di oggi. E sono fondamentali. Lex aeterna Dei. E la legge eterna di Dio rispetta – dice San Tommaso – quello che è ogni legge. E che cos'è una legge?

 

Ordinatio rationis abeo que curam communitatis sabes promulgata.

 

La legge è un ordinamento delle cose fatto con intelligenza, con razionalità, pertanto secondo il principio di finalità. Una cosa logica, una cosa che serva, una cosa utile. Un ordinamento fatto da chi ha cura della comunità. E che dopo averlo fatto, quest'ordinamento, lo fa sapere, lo fa conoscere. La lex aeterna Dei, dice Tommaso d'Aquino, sta nella realtà delle cose. L'uomo la conosce, appunto, usando la ragione.

 

Questa è filosofia? Sì, ma è, allo stesso tempo, teologia biblica. Perché è esattamente quello che dice San Paolo nella Lettera ai Romani nel primo capitolo. Dicendo una cosa che sarebbe bello continuare a gridare dai tetti, adesso. Soprattutto ad un certo filosofo che si chiama Rocco Buttiglione che, per difendere l'indifendibile, dice che la legge naturale molti non la conoscono, sono incolpevoli, vanno contro il Sesto Comandamento senza saperlo, possono benissimo fare la Comunione tanto non lo sanno. Quasi nessuno lo sa, nel mondo moderno nessuno sa niente, tutti sono incolpevoli. Invece, San Paolo, nella Lettera ai Romani, dice: "Tu, uomo pagano, certo tu non hai conosciuto la legge di Mosè – perché la legge di Mosè riflette la legge naturale, il Decalogo –, ma semplicemente constatando quello che si vede, dalle cose che si vedono, l'intelletto, se ragiona, percepisce che tutto questo viene da Dio e viene secondo un ordine morale che è quello che, appunto, è riflesso nei tre primi Comandamenti che comandano il culto di Dio e gli altri sette Comandamenti che riguardano i rapporti con il prossimo. Pertanto tu, pagano, sei inscusabile quando sei empio, quando sei sodomita". Lo dice, eh, dice anche lesbica, dice tutto questo San Paolo, con linguaggio biblico, bellissimo, non sono parolacce, è un linguaggio biblico. Chi sono le lesbiche? Quelle donne che contro l'ordinamento naturale del sesso, praticano il sesso donne con donne, contro l'ordinamento naturale. Ordinamento naturale che conoscono, pertanto sono colpevoli, queste donnacce. E gli uomini peggio ancora! E anche coloro che sono empi verso lo Stato, verso i genitori, e coloro che tradiscono, e quelli uccidono… Tutti i peccati, tutta la gamma dei peccati. Offese a Dio in quanto contro la sua Volontà manifestata nei Dieci Comandamenti. Tutte queste cose qui.

 

E dice San Tommaso: "I precetti immediatamente comprensibili del diritto naturale sono nella coscienza di tutti". Non esistono persone che non se ne accorgono. Anche se Rocco Buttiglione – dicendo di essere amico di Paolo VI, e poi di Giovanni Paolo II, e poi di Benedetto XVI, soprattutto adesso è amico di papa Francesco – dice il contrario.

 

Quello che può esserci è una coscienza – lo sanno tutti – che percepisce la Volontà di Dio, anche nell'uso del matrimonio, come ha detto Don Alfredo, una Volontà ben chiara. Una coscienza che percepisce questa verità morale, basata sul Dogma, di Dio creatore e ordinatore dell'universo, di Dio che ha santificato il matrimonio, rendendolo capace di santità attraverso la Grazia, col sacramento del matrimonio. Ma il matrimonio è un'istituzione naturale.

 

Ogni persona ha questa consapevolezza, ma poi c'è un corredo straordinario di alibi culturali, che li vengono dal mondo, diciamo. Ossia da una cultura atea, secolaristica, edonistica. E da una teologia che, a questa cultura, si è totalmente venduta per interessi di bottega.

 

Dico di bottega perché, per esempio, ci sono delle botteghe che si chiamano librerie; ce ne sono sempre meno in Italia, ma ce ne sono ancora. Alcune di queste librerie fanno parte di un circuito che c'è solo in Italia, non c'è in Francia e in Germania: le librerie del circuito cattolico, le librerie cattoliche. Uno va nelle librerie cattoliche, già a partire dagli anni Sessanta, e trova in vetrina, sul bancone, tutti i peggiori libri dei falsi teologi, ma anche libri degli atei, dei massoni, dei pornografi. E invece i libri che, per esempio, edito io, della mia casa editrice – che vi raccomando, si chiama Leonardo da Vinci – le Edizioni Paoline non li vogliono a priori e non si trovano.

 

Se persino l'editoria cattolica – poi adesso il quotidiano cattolico della CEI – diffonde questa mentalità edonistica, un asservimento alle scienze umane (fra cui c'è, vi ripeto, la psicologia intesa in senso psicanalitico, pertanto è il pansessualismo). Se tutte queste cose forniscono alibi alla coscienza, cosa succede? Succede semplicemente che una persona pecca, sapendo di peccare, ma poi, dialogando con se stesso, si autoassolve. Se poi va da un sacerdote che fa parte della combriccola, trova anche l'assoluzione ufficiale.

 

Oppure cerca di convincere il coniuge, o il coniuge convince lui. Ad un certo punto succede quello che un santo mi diceva: "Quando due coniugi, invece di amarsi, si aiutano a vicenda a peccare, sono complici. Non si amano più, ma non complici". Come dice anche santissimamente e giustamente Don Alfredo: il peccato non unisce, ma divide, anche se in quel momento si è complici. Come succede – questo lo dico io, non lo diceva quel santo, ci aggiungo una cosa – nei film polizieschi, anche nella vita reale, dove si vede che i banditi che, come banda, un gruppo di complici, preso il bottino poi, al momento di spartirselo, si tradiscono l'uno con l'altro. La complicità non è amore che unisce. È così anche nel matrimonio.

 

Ma questi alibi non tolgono la possibilità, ripeto, di capire che le cose fondamentali che riguardano il diritto naturale sono già nella coscienza dei fedeli, soprattutto quando il Magistero della Chiese le ha continuamente confermate. Questo è il punto.

 

Perché la nascita dell'enciclica Humani Generis (mons. Livi voleva dire HV, ndr) è stata proprio questa: la necessità – dopo Pio XII che già aveva affrontato il problema con discorsi occasionali a categorie professionali diverse – di chiarire se la costante dottrina della Chiesa – già precisata nell'enciclica di Pio XI Casti Connubii – andasse modificata o no. Per cui l'intervento di Paolo VI fu per dire che il Magistero della Chiesa, che queste cose le ha sempre chiarite, difese – a difesa del diritto naturale. Il Magistero della Chiesa ha bisogno di un aggiornamento, ha bisogno di una revisione, ha bisogno di un'attenuazione? E ha detto: No. Le norme fondamentali, in questo campo, non possono essere cambiate, perché sono fondamentali. Perché sono assolutamente fondamentali legate al Dogma. Al Dogma dell'ordine creaturale in cui c'è – appunto come ha spiegato Don Alfredo – il coniugio con la sua forma, la sua materia e il suo fine. E queste cose non si possono cambiare.

 

È così. Tant'è vero che quando Gesù è intervenuto sul matrimonio ha parlato in questi termini, dicendo: Dio ha creato le cose con quest'ordine. "In principio non fu così". Ci sono state delle leggi umani, per esempio, che hanno attenuato l'indissolubilità del matrimonio. Ma "in principio non fu così". Gesù riporta tutto – lui, Gesù, il Verbo incarnato – riporta tutto all'ordine naturale, cioè della creazione. "In principio" vuol dire la creazione. "In principio", in termini biblici, vuol dire il momento della creazione. «In principio Dio creò il cielo e la terra», che in ebraico è bereshìt ecc. ecc. Lo ha detto con quelle parole per dire: "Non sono io il rivelatore di un ordine sacramentale nuovo che rende il matrimonio indissolubile. Questo è diritto naturale", dice Gesù. E se lo dice Gesù…

 

Perché poi Gesù, riguardo il diritto naturale, dice sempre: "Vi è stato detto questo, ma io vi dico ancora di più. Non sono venuto ad abolire la Legge, ma a perfezionarla". Pertanto la continuità fra il diritto naturale e la morale evangelica è una continuità intrinseca. Nella morale evangelica ci sono tutte le premesse del diritto naturale.

 

Per questo, ripeto, quando Maurizio Gronchi (Chiodi, ndr), oppure Andrea Grillo…

 

Ci sono due Grilli pazzi, in Italia, no? Uno ha fondato un partito – e non si sa per quale scopo: forse cattivo. E l'altro ha fondato una scuola teologica che ha sede in un'università pontificia, si chiama università Sant'Anselmo. E questo Andrea Grillo mi fa sempre dire: "Tanti grilli per la testa". Mentre, invece, quando parla Chiodi, dico: "Ecco, roba da chiodi!". Vedete che qualche battuta serve non solo a Don Alfredo ma anche a me.

 

Questi due dicono: "L'HV va aggiornata perché fu fatta per seguire l'evoluzione del costume morale del popolo". Ma quando mai?! Ma quando mai?! "Ma adesso va riformata perché adesso il popolo non l'accetta più, non la capisce". Ma come fanno a dirlo? Questa è un'affermazione sociologica. Un teologo non ha nessuna competenza sociologica. E i sociologi non hanno nessuno competenza teologica.

 

Poi la sociologia… Io sono molto amico di Pierpaolo Donati, dell'università di Bologna, che è un grande sociologo – è anche cattolico, ma soprattutto è sociologo – e litighiamo continuamente perché gli dico: "La sociologia non è una scienza. Possono essere sicuri solo alcuni dati che sono sempre parziali, momentanei e discutibili. Ma le estrapolazioni le fa il sociologo". E lui dice: "In un certo senso hai ragione". "No – rispondo – io ho ragione in tutti i sensi". La sociologia, se poi diventa sociologia religiosa, è una favola, è mito, è una favola.

 

Dire che il popolo di Dio non accetta… ma quando mai hanno fatto un'inchiesta continua – perché poi le inchieste vanno aggiornate continuamente – su tutti i milioni di cattolici. Loro vedono qualche cosa che appare, soprattutto tramite i giornali in Europa occidentale, ma mica vanno nella foresta dell'Amazzonia gli indios, quelli convertiti al cristianesimo, nemmeno vanno in Africa, nemmeno vanno in Corea del Sud dove c'è una fiorente comunità cattolica molto fedele alla tradizione dei missionari. Ma anche se fosse vero che molti cattolici non capiscono l'HV, oggi, nel 2018, io dico: Mi ricordo benissimo che all'epoca, molti cattolici non la capivano, 50 anni fa. Tant'è vero che io, come sacerdote in cura d'anime, facendo tutta la giornata, soprattutto il pomeriggio, in confessionale, con direzione spirituale con persone sposate, vedevo che la maggior parte delle persone, buone – quelle che vanno a confessarsi, perché le altre nemmeno ci pensano –, avevano problemi con questo argomento. Dicevano: "Io avevo sempre paura che la Chiesa con la pillola, la contraccezione, il preservativo, ecc., fossero cose che la Chiesa… poi è venuto questo papa e ha chiarito che le cose sono così. Ma è difficile, io non capisco. Ma perché? Ma per come?". Nel '68 nessuno l'accettava facilmente. Ma non per questo… E il Papa lo sapeva perfettamente. E poi glielo dicevano tutte le conferenze episcopali. Ma non per questo le cose cambiavano.

 

Quando mai un documento del Magistero si basa su un sondaggio d'opinione di una parte del popolo di Dio? È una cosa assurda! Non ha nessun senso. Non l'ha fatto nemmeno Gesù, perché lo deve fare il papa?

 

Vi ricordate il sondaggio d'opinione che fece Gesù? "Chi dicono gli uomini che io sia?". E tutti si sbagliavano. E solo uno ha detto bene, solo perché gliel'ha suggerito direttamente il Padre, non la carne e il sangue. Come per dire: "Voi uomini, se ragionate da uomini, non ci azzeccate mai. Pertanto vi conviene fidarvi di Me. Fidatevi di quello che vi suggerisce il Padre, tramite il Figlio e lo Spirito Santo". È questo il Magistero. Non è un "venire incontro". Perché poi non ha nessun senso.

 

Perché, poi, quello che voglio dirvi è che la legge morale ha contenuto così esistenziale e così personalistico, che mi fanno ridere quei teologi da strapazzo che adesso dicono… Anche uno che era tanto bravo, Livio Melina, preside dell'Istituto Studi sul Matrimonio e sulla Famiglia fatto da Giovanni Paolo II – affidato all'inizio a Caffarra, e poi Caffarra ha dovuto andare a Bologna, dove c'era Don Alfredo. Il successore è stato, come preside dell'Istituto, mons. Livio Melina, bravissimo teologico, ma poi è stato cacciato, messo sotto processo, diciamo, teologico, dottrinale. E lui adesso si difende dicendo: "Sì, effettivamente, Paolo VI, come poi anche Giovanni Paolo II, hanno accolto nella teologia morale la nuova ventata di personalismo che supera i manuali che c'erano nella neoscolastica, tutti formalistici". Ma quando mai?! Ma che discorso è?!

 

Il Magistero non è un manuale di teologia morale neoscolastica. Il Magistero è Magistero, non è teologia! E poi parlare di una teologia personalistica è assurda, non è esiste. È sempre stato personalistico.

 

Perché il diritto naturale è l'uomo che capisce la Volontà di Dio che lo ha creato e poi, da cristiano, lo ha redento. L'uomo che cosa vede nella legge morale? La Volontà di Dio. "Fa' questo e vivrai". Che cosa ti comanda Dio? Il tuo bene. "Fa' questo e vivrai". E a chi lo dice? A una persona! Quando nel Deuteronomio si parla della Legge ci si rivolge ad una persona. "Ho messo nelle tue mani il bene e il male, la vita e la morte. Scegli il bene e avrai la vita. Evita il male e eviterai la morte". "Tu". È un dialogo fra Dio e me. E Dio mi dice: "Per il tuo bene, fa' questo". E poi suscita, lo Spirito Santo, un salmo che dice: "Il mio bene non è senza te, o Dio. Certo, io voglio fare la tua Legge per il mio interesse". Non è che Dio è contro i miei interessi, e allora io mi devo piegare alla volontà di un despota.

 

Dio è mio Padre, il mio creatore, il mio amore; mi vuole felice e mi dice la strada della felicità.

 

Tutto questo, che io dico in termini teologici, sta detto da Dio stesso in termini poetici nel salmo che abbiamo recitato oggi. Non so se voi avete recitato le lodi, ma comunque io sì. E il foglietto che c'era lì, nella chiesa, sembra affatto apposta, della III Domenica di Quaresima – una cosa non fatta da me –, c'è un brano della Sapienza, in forma di salmo, un inno, un cantico, in cui l'anima del credente parla della Legge di Dio con affetto, con riconoscenza, con amore. Questo è personalismo! Che bisogno c'è che adesso venga la fenomelogia, o l'esistenzialismo, a dirci che la morale dev'essere personalistica, al contrario di quella di prima. Non esiste questo contrario, è un'invenzione puramente retorica. E io mi ribello! Quando vedo che in filosofia ci si contrappone i moderni e gli antichi su una base che non esiste, questa è pura retorica, auto-propaganda. Sono stupidaggini.

 

Dice il libro della Sapienza: "Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua Parola" – la Parola di Dio che crea, è la stessa parola di Dio che ci rivela l'intenzione di Dio creatore – "che con la tua Sapienza hai formato l'uomo perché domini sulle creature che tu hai fatto". Ecco l'ordine. Sulla Laudato Si' questo è un po' attenuato. Il fatto che l'uomo sia padrone della creazione non piace tanto, adesso, all'ecologismo. Ma è l'ordine della creazione, c'è poco da fare.

 

"E governi il mondo con santità e giustizia e pronunci giudizi con animo retto". E qua, rivolgendosi a Dio creatore e legislatore, poi prega il credente: "Dammi la sapienza". Che cos'è la sapienza? La sapienza è capire la Volontà di Dio, amare la Volontà di Dio, leggere le circostanze, interne ed esterne, alla luce della Volontà di Dio. Come quei coniugi che entrano, dopo il matrimonio, a casa, nel talamo nuziale, e capiscono che c'è tutto il Cielo che li guarda e anche il demonio che li tenta. Questa è la sapienza.

 

"Dammi la sapienza che siede accanto a Te, in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli". Perché uno che perde la sapienza va dietro alla falsa sapienza dei sofisti, dei falsi teologi… "Perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi". Ecco, l'uomo si rende conto che, pur conoscendo la Legge di Dio, poi le sue applicazioni, quando sono ardue, difficili, onerose, portano ad una certa confusione la coscienza, al desiderio di trovare degli alibi, delle scuse, delle attenuanti, delle scorciatoie.

 

"Anche il più perfetto tra gli uomini, privo della tua sapienza sarebbe stimato un nulla". Anche il più perfetto dei papi, privo della tua sapienza, sarebbe stimato un nulla. Qui bisogna che chiunque parli della Legge di Dio, parli con la sapienza di Dio e non con le scienze umane o con le ideologie, o con addirittura dottrine diaboliche.

 

Vi dico, tra l'altro, che sto per pubblicare nella mia casa editrice un libro sulla psicanalisi dove si studia tutta la vita di Sigmund Freud, tutta la vita di Karl Gustav Jung, tutta la vita dei loro pazienti, i quali, al 90%, sono tutti morti di pazzia. E tutti loro, questi due grandi fondatori della psicanalisi, erano omosessuali, oltre che libertini; libertini fino a 40 anni, poi dopo omosessuali fra di loro. E poi praticavano il culto demoniaco, alleati alla massoneria di radice ebraica, perché erano ebrei. Il peggio che si possa immaginare! Tutto questo poi ha dato l'uomo alla rivoluzione sessuale e a tutte le altre cose che ne conseguono. A tutta questa politica dell'ONU d'imporre l'educazione di genere, tutte queste cose qua son tutte collegate a cose demoniache. Ma non secondo retroscene immaginari, ma secondo documenti. Freud è arrivato a scrivere, in una lettera – ho letto l'originale in tedesco, per tanto non posso sbagliarmi –: "Adesso, finalmente, io sono l'Anticristo, perché il vero cristo, il vero salvatore del mondo, sono io. Perché ho scoperto le leggi della natura che sono la libido, l'erotismo…". Consapevole anche del fatto che questo libertinaggio, questo sfranato sfogo degli istinti bestiali, questo disconoscere la coscienza, è morte. Tant'è vero che dice: "Non vedo l'ora che tutto questo finisca nella morte".

 

Questo per dire che fa bene, nel libro della Sapienza, il credente a dire: "Signore, dammi la sapienza perché la tua Volontà me l'hai detta chiaramente, ma io facilmente mi confondo, facilmente mi perdo. Aiutami!". «Non c'indurre in tentazione» anche lì si applica.

 

"Con Te è la sapienza che conosce le tue opere" – le opere del mondo. Dio ha creato l'uomo maschio e femmina, il matrimonio: sono tutte creazioni di Dio, sta nel libro della Genesi – "che era presente quando creavi il mondo. Essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi". Quest'espressione è bellissima, è personalistica. È tipica dei mistici.

 

I mistici dicono sempre: "Che cosa fa piacere al Signore?". Non so se voi avete letto Santa Teresa d'Avila, una donna meravigliosa; non ha mai fatto studi biblici, né teologici, ma aveva talmente la Sapienza, anche per le sue esperienze mistiche, che vedeva tutto in questa chiave: bisogna far piacere a Nostro Signore. "Signore, che cosa ti fa piacere? Che cosa ai tuoi occhi è bene? Che cosa vuoi che io faccia per farti piacere? Cosa posso fare per riparare le offese degli uomini?". Sono queste le espressioni del personalismo più chiaro.

 

Quelli che presentano – persino qualche discorso sfortunato di papa Francesco – la morale come qualcosa di oppressivo, di prepotenza dei farisei contro i poveracci – quelli che mettono un peso sulle spalle degli altri e non li portano –, ma questo non esiste nel mondo della fede; può esistere nel mondo dei miscredenti o dei falsi cristiani. Perché ogni sacerdote, se ricorda a qualcuno i suoi doveri, e riconosce a uno che si confessa che è veramente peccatore, e lo invita a pentirsi e non peccare più, lui stesso, sacerdote, è uno che si confessa spesso, è uno che ha la coscienza di essere peccatore. Come diceva un santo che mi ha educato: "Io sono capace di tutti gli errori e di tutti gli orrori!". Non c'è sacerdote, non c'è pastore, non c'è teologo che non sia umile e che parli della Legge di Dio – e la legge è di Dio, non la propria legge. Non sono io che impongo nulla. Paolo VI era così.

 

Paolo VI – voi lo sapete – quanto tribolò, perché chiese consiglio a tanti, fece una commissione apposta. La maggioranza della commissione disse: "È il momento di attenuare la legge sulla contraccezione". E lui disse: "Farò il contrario". E c'era, fra coloro che avevano detto di cedere, il patriarca di Venezia, che poi sarebbe stato Giovanni Paolo I. E lui resistette a tutto, perché in coscienza, mentre pregava, diceva: "Signore, ma tu vuoi io mascheri la tua Legge? Signore, tu vuoi che io insegni alla gente che tu hai detto questo? Non l'hai detto! Non lo puoi dire! È assurdo".

 

Per questo fu considerato… Voi siete giovani, forse non lo ricordate. La rivista Time, degli Stati Uniti, pubblicò l'uomo dell'anno, chiamandolo "L'amletico". Perché diceva una cosa, poi ne diceva un'altra: dubitava, dubitava. Ma dubitava perché, nel travaglio della sua coscienza, ma poi decideva. Alcune cose bene – come questa qua –, altre cose male, come la riforma liturgica. Ma, insomma, decideva; decideva in coscienza.

 

La riforma liturgica riguardava un ordinamento cultuale, è una cosa secondaria, ma qui si trattava dal sacramento del matrimonio, dell'istituto naturale del matrimonio, della sessualità, della procreazione, insomma, del piano di Dio più primigenio e più fondamentale. E lui, in coscienza, disse: "Preferisco che mi crocifiggano sulla terra piuttosto che andare all'inferno per aver tradito". Perché poteva fare due cose: non pronunciarsi, non fare un'enciclica, lasciare che la gente in giro fosse turbata da certe voci, lasciando tutti nella cosiddetta coscienza perplessa; oppure intervenire a favore dal lassismo, oppure intervenire a favore del rigorismo. E così fece, in coscienza. Anche lui, in coscienza, sapeva che come Vicario di Cristo, non poteva permettersi il libertinaggio intellettuale che si permettevano tanti teologi.

 

Allora, finisce il libro della Sapienza: "Manda la tua sapienza dai cieli santi, dal tuo trono glorioso, perché mi assista" – io, eh, personalismo biblico – "e mi affianchi nella mia fatica" – la fatica di vivere – "e io sappia ciò che ti è gradito". Son parole stupende!

 

Che cos'è la morale? Sapere quello che è gradito a Dio. Che cos'è l'insegnamento della Chiesa infallibile? Farci sapere con chiarezza, oltre quello che già sappiamo, che cosa è gradito a Dio. Per cui se tu, di proposito, fai quello che non è gradito a Dio, pecchi sapendo di peccare, e allora non hai scuse. E grida San Paolo: "Sei inescusabile!". "Ma io sono un cattolico adulto", dice Prodi. Sarai adulto, ma sei un peccatore inescusabile.

 

"Essa, la Sapienza, tutto conosce e tutto comprende. Mi guiderà con prudenza nelle mie azioni mi proteggerà con la sua gloria". Perché una delle cose belle che ha detto recentemente papa Francesco, l'ha letto sicuramente su qualche libro di teologia di Walter Kasper, sicuramente, "la Parola di Dio non è teoria, ma è pragmatica, performativa, serve per fare qualche cosa". Certo, serve per fare qualche cosa, ma secondo la Verità. Per cui non è la pragmatica toglie l'aletica. Quello che è aletica, cioè la Verità, suggerisce le strade della pragmatica. Per cui la pastorale dipende dal Dogma, non viceversa. E il Dogma non viene creato in itinere, man mano che le cose vanno avanti, secondo i gruppi di pressione dalla pastorale.

 

Qui finisce l'inno dentro il libro della Sapienza. E poi c'è il Gloria al Padre.

 

Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

 

Non ho cambiato niente. Ho letto proprio quello che c'era scritto lì.

 

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