La sfida del silenzio
Il silenzio, scrive il cardinale Sarah, “è condizione dell’amore e
conduce all’amore”, è il linguaggio di Dio
La Nuova Bussola Quotidiana, 5 Ottobre 2016
È un libro scaturito da
un’amicizia «nata nel silenzio, cresciuta nel silenzio e che continua a
esistere nel silenzio». Il titolo ne è una mirabile sintesi: La force du
silence, la forza del silenzio. Esce oggi in Francia per le edizioni parigine Fayard e
domani verrà presentato in Italia all’Insitut francaise
Centre Saint
Louis di Roma. È il frutto della rinnovata collaborazione tra il cardinale
guineiano Robert Sarah, prefetto della Congregazione vaticana per il Culto
Divino, e il giornalista francese Nicolas Diat. Insieme avevano già dato alle
stampe quello che si è rivelato come un vero e proprio best seller, Dio o
niente (Ed. Cantagalli, 2015).
L’AMICIZIA CON FRERE VINCENT
L’incontro che ha dato sostanza a
questo testo di grande forza spirituale è quello tra il cardinale e un giovane
monaco certosino francese, frère Vincent-Marie. Si sono incontrati nel 2014
all’abbazia di Lagrasse, monastero situato tra Carcassonne e Narbonne, mentre
il giovane Vincent era minato dalla sclerosi a placche, incapace ormai di
pronunciare parola e per cui «il più piccolo respiro era un enorme sforzo». Il
10 aprile 2016 frère Vincent ha reso l’anima a Dio e il cardinale Sarah,
colpito indelebilmente dagli incontri con il giovane monaco, ha partecipato
alle sue esequie pronunciando l’omelia.
«Osservandoti in silenzio», disse
Sarah in quella omelia, «ho sempre considerato che il tuo volto splendeva. Il
tuo corpo portava la sofferenza e il dolore. Ma sul tuo viso si poteva vedere
una grande gioia, un’immensa pace e un abbandono totale a Dio. (…) E il
silenzio ha insegnato a entrambi che l’unità della sofferenza e della
beatitudine, è il segreto di Dio che dobbiamo accogliere nella fede e con una
grande serenità». Ecco perché Nicolas Diat può scrivere nella prefazione che
«La force du silence non avrebbe mai potuto esistere senza frère Vincent».
COME IL FUOCO SUL METALLO
Il silenzio, indiscusso
protagonista della pagine del libro, appare come il fuoco sul metallo, come il
torchio che estrae il succo buono. Forgia l’uomo e ne estrae la sostanza. Ne
tira fuori umiltà e mitezza, virtù essenziali per vincere la dittatura del
rumore, come recita il sottotitolo del libro. Il silenzio, scrive il cardinale
Sarah, «è condizione dell’amore e conduce all’amore», verso «un’esistenza più
radicale di contemplazione e di santità». Il silenzio è il linguaggio di Dio.
«Il silenzio non è un assenza, ma
la manifestazione di una presenza, la più intensa di tutte le presenze. Il
discredito portato sul silenzio dalla società moderna», sottolinea il cardinale,
«è sintomo di una malattia grave e inquietante». Il rumore per l’uomo
post-moderno «è come una droga di cui è divenuto dipendente. Con la sua
apparenza di festa, il rumore è un tourbillon che impedisce di guardarsi in
faccia. L’agitazione diviene un tranquillante, un sedativo, una morfina, un
sogno senza consistenza. Ma questo rumore è un farmaco pericoloso e illusorio,
una menzogna diabolica». Per questo, dice, «l’umanità deve intraprendere una
forma di resistenza» Solo attraverso questi spazi di silenzio si potrà ancora
riconoscere la voce di Dio. Come «un muro esteriore che dobbiamo erigere per
proteggere un edificio interiore». Un muro che non riguarda solo i suoni, ma
anche la custodia dello sguardo e quella del cuore contro le passioni più basse
e ingannevoli.
IL SILENZIO SACRO E
L’ONNIPRESENZA DEL MICROFONO
Dal prefetto del Culto Divino,
che tra l’altro dedica il libro a Benedetto XVI, non poteva mancare una
profonda riflessione sul tema del sacro e della liturgia. «Il silenzio sacro»,
annota, «permette all’uomo di mettersi gioiosamente a disposizione di Dio» ed è
«la sola reazione veramente umana e cristiana di fronte all’irruzione di Dio
nella nostra vita».
Occorre far vivere il profondo
legame tra silenzio sacro e mistero, perché «senza il mistero noi siamo ridotti
alla banalità di cose terrestri. Spesso», riflette Sarah, «mi chiedo se la
tristezza delle società urbane occidentali, piene di tante depressioni, di
suicidi e tristezza morali, non deriva dalla perdita del senso del mistero». Il
silenzio «è un velo che protegge il mistero».
Con forza il prefetto richiama
alla necessità di custodire il silenzio nella celebrazioni liturgiche. «Nelle
liturgie della Chiesa, il silenzio non può essere una pausa tra due riti; (…)
il silenzio è la stoffa nella quale dovrebbero essere tessute tutte le nostre
liturgie. Nulla in esse può rompere l’atmosfera silenziosa che è il suo clima
naturale. Ora, le celebrazioni divengono faticose perché si svolgono in un
chiacchiericcio rumoroso. La liturgia è malata. Il sintomo più sorprendente di
questa malattia può essere visto nell’onnipresenza del microfono».
ORIENTATI VERSO IL SIGNORE E LA
“RIFORMA DELLA RIFORMA”
«Non può esserci vero silenzio
nella liturgia se noi non siamo, nel nostro cuore, rivolti verso il Signore.
(…) Perché ognuno comprenda che la liturgia ci rivolge interiormente verso il
Signore», puntualizza il cardinale, «sarebbe utile che nelle celebrazioni,
tutti insieme, prete e fedeli, fossero corporalmente rivolti verso oriente,
simbolizzato dall’abside. Questo modo di fare è assolutamente legittimo. È
conforme alla lettera e allo spirito del Concilio».
In questo modo il cardinale
ritorna su alcuni temi da lui già più volte espressi in vari interventi, non
ultimo quello tenuto a Londra nel luglio scorso e che non ha mancato di sollevare
alcune polemiche. A proposito della discussa “riforma della riforma” liturgica,
promossa dall’attuale papa emerito, Sarah ricorda che non si tratta di
contrapporre delle forme liturgiche, ma «si tratta di entrare nel grande
silenzio della liturgia; bisogna lasciarsi arricchire da tutte le forme
liturgiche latine o orientali che privilegiano il silenzio».
«Il senso del mistero è sparito a
causa di cambiamenti, adattamenti permanenti, decisi in modo autonomo e
individuale per sedurre la nostra profana mentalità moderna, segnata dal
peccato, il secolarismo, il relativismo e il rifiuto di Dio».
«Io», sottolinea il cardinale
africano, «desidero profondamente e umilmente servire Dio, la Chiesa e il Santo
Padre, con devozione, sincerità e un attaccamento filiale. Ma ecco la mia
speranza: se Dio lo vuole, quando e come Egli lo vorrà, in liturgia la riforma
della riforma si farà».
L’AVVENIRE È NELLA MANI DI DIO
«Il nostro avvenire», riconosce
il porporato tra le pagine de La force du silence, «è nelle mani di
Dio e non nell’agitazione rumorosa delle negoziazioni umane, anche se queste
possono sembrare utili. Ancora oggi, le nostre strategie pastorali senza
esigenze, senza appelli alla conversione, senza un ritorno radicale a Dio, sono
cammini che portano al nulla. Questi sono giochi politici che non possono
condurci verso il Dio crocifisso, nostro vero Liberatore»
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