Il papato in Benedetto e Francesco

La sacramentalità continua del papato, nei successori di Pietro in Benedetto & Francesco

E’ uscito un piccolo libro di Gerhard Ludwig Muller, con prefazione di Cesare Cavalleri, dal titolo Benedetto & Francesco, Successori di Pietro al servizio della Chiesa (acquistabile alla libreria L'Isola del Tesoro a Verona - via Marconi 60A).
“Tutte le parole con le quali Gesù – Muller -, nel corso del suo operato terreno, conferì a Simon Pietro il suo compito e la sua missione, sono rivolte personalmente a tutti i
successori  del primo fra gli apostoli, che si sono alternati sulla Cattedra di Pietro (sono 266). Simone, pescatore sul lago di Tiberiade, è un uomo della realtà storica, non un personaggio ideale. Quest’uomo concreto, individuo, con la sua provenienza e storia personale, con le sue debolezze e i suoi limiti umani, diventa uno strumento della grazia, un servo del Verbo e testimone del Signore crocifisso e risorto, che ha promesso di restare con la sua Chiesa fino alla fine dei tempi”.
“Quando – sempre Muller - presso Cesarea di Filippo Pietro sintetizzò la professione di fede della Chiesa nelle parole: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’, si sentì rispondere con una frase che per lui  e per i suoi successori rappresenta una promessa e insieme un incarico: ‘E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli’ (Mt 16, 16-18). Gesù aveva chiesto alla comunità dei suoi discepoli: ‘Voi chi dite che io sia ?’.e Pietro gli aveva risposto in prima persona a nome di tutti. Così anche Gesù nella persona di Pietro si rivolge alla Chiesa tutta intera”.
“Nel cenacolo – sempre Muller -, la sera prima della sua morte, quando il destino di tutta l’umanità stava per essere deciso davanti a Dio, Gesù disse a Pietro: ‘E una volta ravveduto. Conferma i tuoi fratelli’(Lc 22,32). Lui, il Figlio, ha pregato il Padre con infallibile efficacia affinché la fede di Pietro non crollasse, perché Pietro, dopo essersi ravveduto, potesse rafforzare i fratelli e le sorelle nella fede in Cristo, Figlio delDio vivente e verbo di Dio fatto carne”.
“Il Signore risorto – sempre Muller – si manifestò ai discepoli sulel sponde del lago di Tiberiade. Per tre volte chiese a éietro: ‘Mi vuoi bene tu più di costoro?’. Pietro è rattristato di vedersi rinfacciare in questo modo la sua debolezza nell’aver per tre volte rinnegato il Maestro. Ma proprio questo suo rapporto con Gesù, fatto di fiducia incondizionata e sconfinato amore fino al martirio, conferisce a Pietro un’autorità esclusiva su tutta la Chiesa universale. Per tre volte Gesù gli dice: ‘Pasci i miei agnelli’ (Gv 21,15-18)”.
“In Pietro, - sempre Muller -,i Papi esercitano la funzione pastorale di Cristo, venuto a dare la sua vita per i suoi agnelli. Il Concilio Vaticano I, in linea con la Tradizione, riafferma con chiarezza il principio secondo cui chi siede sulla Cattedra di Pietro è chiamato da Cristo a esercitare il primato su tutta la Chiesa (cfr DH 3057)”. Carismaticamente Santa Caterina da Siena individua quello che è ad Avignone quando poi diverranno tre papi il vero successore e lo qualifica sacramentalmente come il dolce Cristo in terra, aggiungendo filialmente di non far fare brutta figura a Lui.
“L’incarico – sempre Muller – conferito a Pietro, che definisce la natura del primato petrino, è accompagnato da rimandi alla debolezza umana dell’Apostolo, che si manifesta quando Pietro tenta di separare la messianicità di Gesù dalla sofferenza e dal servizio, e ancor più quando Pietro, di fronte al pericolo per la sua vita e la sua reputazione, sconfessa pubblicamente Gesù, il Figlio del Dio vivente. L’esegesi non cattolica ha tentato più volte di interpretare  il rimprovero di Gesù a Pietro, o anche la disputa di Antiochia, quando Paolo si oppose a Pietro ‘perché evidentemente aveva torto’ nel suo atteggiamento verso i non circoncisi, come una relativizzazione della promessa di primato. Se ciò fosse vero, sarebbe come dire che Cristo si sia sbagliato nella scelta dei suoi apostoli o che la realtà abbia infranto le sue aspettative ideali; come se il suo tentativo di edificare la Chiesa come casa comune di popolo di Dio fosse fallito. La domanda che allora ci poniamo con alla nostra mentalità umana è: ‘Ma perché Cristo, con la sua onnipotenza e onniscienza divina, non ha scelto i suoi apostoli, vescovi e Papi fra i saggi, i forti, i potenti?’. E ci sentiamo rispondere da san Paolo: ‘Perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio’ (! Cor 1,29). Secondo la grazia di Dio, gli apostoli sono come muratori della casa di Dio, che ha le sue salde fondamenta in Cristo. Chi vien dopo gli apostoli potrà costruire come meglio crede – con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno o paglia (1 Cor 3,10s). L’ultima parola su ogni uomo, anche su un Papa, spetta a Dio soltanto, che è l’unico a poter giudicare secondo giustizia. Ognuno è chiamato a contribuire all’edificazione del regno di Dio in base ai suoi mezzi e alle sue naturali capacità. Soltanto il giudizio divino sarà la sede in cui valutare la nostra opera di ‘collaboratori di Dio’ (1 Cor 3,9) e ‘cooperatori della verità’ (3 Gv 8). Così possiamo considerare ogni pontificato come un tratto di strada percorso dalla Chiesa nella sua storia, una specifica realizzazione del primato petrino, mediata dalla personalità di colui che Dio stesso ha chiamato a proseguire l’edificazione della sua grazia. In termini religiosi e teologici non ha molto senso, confrontare fra loro le singole persone che si sono succedute sulla Cattedra di Pietro, o esprimere una valutazione dei singoli pontificati secondo criteri umani. Ciò che conta è il rapporto col primato di Pietro, che deve essere il metro e la bussola per le decisioni di ogni Papa. Poiché ogni Papa è il successore di Pietro, e non soltanto del proprio predecessore in ordine cronologico” (pp. 9-22). In questo orizzonte di continuità sacramentale dinamica cioè alla luce della Bibbia e della Tradizione la fede cattolica è in relazione con tutti i 266 papi.
Benedetto XVI & Papa Francesco
Riporto la Prefazione all’edizione italiana di Cesare Cavalleri (pp. 5-10).
“Il primato di Pietro in Benedetto XVI, allarga l’analisi oltre il tema indicato dal titolo per giungere al cuore della teologia ratzingheriana, fondata sul nesso, anzi, ‘sull’unità profonda e la reciproca compenetrazione’, tra fede e ragione- La celebre Lezione di Ratisbona, del 2006, resta una sintesi insuperabile che innerva il magistero del papa-teologo. Ed è proprio la chiarezza del rapporto tra fede e ragione a consentire a Benedetto XVI la lettura dell’identità ‘fra il Gesù della storia e il Verbo incarnato della fede’. La cristologia di Papa Benedetto, tuttavia, non è soltanto dottrinale, bensì contemplativa, come si evince dai suoi tre volumi su Gesù di Nazareth. In questa commovente trilogia si coglie un Papa che fonda la sua vita ascetica e la sua missione apostolica sulla risposta di Pietro, a nome di tutti gli apostoli, alla domanda di Gesù nella regione di Cesarea di Filippo: ‘Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente’. E’ questa la testimonianza che la Chiesa offre al mondo, ed è questo il fondamento anche del primato dei successori di Pietro.
La povertà: via dell’evangelizzazione nello spirito di Papa Francesco
“Francesco vuole ‘una Chiesa povera e per i poveri’, ed esclama: ‘Non lasciamoci  rubare l’entusiasmo missionario!’. Il cardinale Muller commenta: ‘La Chiesa percorre la via del Vangelo quando si fa povera nella natura umana di Cristo per divenire ricca nella sua natura divina’. E’ questa la cristologia di Francesco. Ancora Muller: ‘Nell’annunciare il Vangelo di Cristo ai poveri e agli oppressi, partecipando alla costruzione di una società libera, solidale e giusta nel rispetto dell’inalienabile dignità di ogni creatura umana, la Chiesa percorre la via di Cristo, ‘che ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni’(LG 8)”.
“Papa Francesco – Cavalleri - : ‘L’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica’. E ribadisce: ‘L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione privilegiata e prioritaria’ (EG 200). Troviamo dunque la cristologia di Papa Francesco in queste ulteriori parole del cardinale Muller: ‘In Gesù Cristo si esplicita un’intima coerenza tra theologia crucis e la theologia gloriae, sia nell’antropologia cristiana sia nella ecclesiologia perché Cristo è per noi il Crocefisso e contemporaneamente il Risorto’. Non senza un pizzico di humour in questa citazione: ‘Non dolore esistenziale, ma evangelii gaudium, la gioia del Vangelo: questo è il PIN –Personal Identification Numeber – di noi cristiani”.
“Di grande interesse – sempre Cavalleri – anche il secondo saggio qui raccolto, che fa il punto su Che cosa è la laicità per il cristiano. Il tema è vagliato attraverso il rapporto verità/libertà, analizzando come dal soggettivismo settecentesco si sia  giunti a un’assolutizzazione dell’agnosticismo. ‘Ma’, argomenta il cardinale Muller; ‘ si può fornire una prova filosofica del fatto che la ragione umana è per principio incapace dell’infinito (incapax infiniti)?’. Di più: ‘In quale modo si finisce per escludere a priori che una ragione creata e finita possa essere elevata da Dio ad avere parte alla Sua ragione con la mediazione del Suo Verbo fatto carne?’. Da qui la proposta, molto ratzingheriana, rivolta anche ai non credenti ‘di vivere e orientare la loro vita etsi Deus daretur, ‘ come se Dio esistesse’. Questa è la laicità critica e costruttiva che noi cristiani dobbiamo alla comunità’. Il discrimine tra sana laicità e laicismo, sul quale Benedetto e Francesco concordano, in linea con il perenne insegnamento della Chiesa, sarà dunque ‘il riconoscimento della legge morale naturale che si rende conoscibile nella coscienza di ogni uomo, ed è il solo fondamento saldo per una coesistenza pacifica e solidale nella società pluralista e nella famiglia dei popoli’. Senza il riconoscimento della legge morale naturale ‘s’installerebbe il principio del darwinismo sociale, ossia il diritto del più forte nella competizione di tutti contro tutti’.
(…)
Il cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede conclude: ‘Nella ‘dittatura del relativismo’ e nella ‘globalizzazione dell’indifferenza’, per riprendere le espressioni di Benedetto e di Francesco, i confini tra verità e menzogna, tra bene e male si confondono. La Chiesa consiste nel resistere a queste infezioni mondane e nella cura delle malattie spirituali del nostro tempo”.
     Con questo articolo, pur con tante preoccupazioni dottrinali, intendo offrire un contenuto imbevuto  di profondo amore per la Chiesa e per il suo Capo visbile.

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