Un documento veronese della Tradizione, costitutivo della Rivelazione come la Scrittura, è il santruario della Madonna della Corona nella rticca storia di Dario Cervato

Don Gino Oliosi

    Così conclude Dario Cervato le 261 pagine come saggio della Tradizione della Chiesa veronese. "Né ci spaventi – Dario Cervato – la quantità dei dati e delle manifestazioni di tale pietà, per cogliere, attraverso la quantità, la qualità della dedizione a Dio e ai fratelli, che è venuta manifestandosi e maturando intorno alla Pietà della Corona, cioè della Montagna. L'immagine, la tradizione e la storia della Pietà, con i punti certi e le questioni rimaste aperte, aprono al grande Mistero della pietà e alla pietà della Chiesa e nostra, accogliere, vivere e testimoniare Cristo morto e risorto, perché questo mistero diventi Fons Pietatis. Come lo fu ed è per Maria e la Chiesa, lo sia anche per ognuno di noi, che ci sentiamo interpreti della preghiera di santa Teresa di Gesù Bambino (1873-1897): "Voglio vivere con te, Mamma diletta, in questo duro esilio, e seguirti ogni giorno. Mi tuffo rapida nella tua contemplazione, e scopro gli abissi d'amore del tuo cuore! Tutti i miei timori svaniscono nel tuo sguardo materno, che m'insegna a piangere, e gioire", perché nell'addolorata è tanto il bene che sopraggiunge che ogni pena diventa diletto.

   Il santuario dell'Addolorata, quindi, ha insegnato a piangere e gioire. Alla luce del Vangelo di Giovanni il Crocefisso prima di morire consegna la mamma a Giovanni, alla Chiesa rivelando che il Padre l'avrebbe risuscitato. Se non l'avesse risuscitato il Verbo incarnato, se fosse finito in croce, pur avendo compiuto tanti segni, non poteva divenire il fondamento della fiducia, della speranza di tutta l'umanità nella maternità divina dell'Addolorata.

   L'unico limite dell'opera di Cervato lo spazio eccessivo, pur necessario in una storiografia obiettiva, al dubbio del miracolo nel 1522 da Rodi alla Corona per la mancanza di documentazione della presenza della statua del Castrobarco nell'isola. Sto con Elena da Persico e con tutta la Tradizione. Significativa la preghiera di San Giovanni Paolo II pellegrino nel 1988 al Santuario: "A te affido, o Madre, l'intero popolo cristiano che vive, lotta, soffre, ama in questa terra dissodata dalle fatiche apostoliche di Santi, tra i quali ora si pongono anche i due nuovi Beati (così pieni di fede del miracolo da Rodi alla Corona aggiungo io): fa che la sua fede resti salda come la roccia a cui s'aggrappa questo tuo singolare Santuario; pura come l'acqua dei ruscelli che da quesii monti scendono ad irrigare il piano: feconda di opere buone come le valli ubertose, su cui l'occhio spazia vertiginosa altezza di questo naturale balcone./ Accogli sotto il tuo manto questa eletta porzione del gregge tuo Figlio e conduci su sentori sicuiri versoi pascoli della vita eterna, o clemente, opia, o dolce Vergine Maria!".

   Personalmente di rettorato rivivo le otto ore di confessionale nei mesi estivi e le numerose rogazioni per la pioggia nella siccità.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

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