Natale

Urge seguire il cammino interiore di san Francesco – il cammino nella pandemia che ci rende poveri anche liturgicamente – che, però, rende il cuore capace di vedere oltre il velo sacramentale delle apparenze. Si tratta di incontrare Dio che si è rivelato in un bimbo appena nato in una mangiatoia e oggi velato nella Confessione dei nostri peccati e nel pane eucaristico della Comunione natalizia, constatandolo nell'amore dei familiari e dei poveri che aiutiamo 


"Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra?" Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113,5s), in cui esalta insieme la grandezza di Dio onnipotente e la sua benevola vicinanza agli uomini. Dio colto dalla ragione come Creatore dimora in alto sopra la natura, ma nella fede lo cogliamo che si china verso il basso…Dio è immensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi. È questa la prima esperienza cui può giungere ogni uomo. La distanza sembra infinita. Il Creatore dell'universo, Colui che guida tutto, è molto lontano da noi: così sembra inizialmente. Ma poi storicamente viene l'esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari, che "siede nell'alto", Questi guarda verso il basso. Si china in giù. Egli vede noi, vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno sguardo. Il guardare di Dio è un agire storicamente. Il fatto che Egli mi vede e provvede, mi guarda, trasforma me e il mondo attorno a me. Così il Salmo continua immediatamente: "Solleva l'indigente dalla polvere…". Con il suo guardare in giù Egli mi solleva, benevolmente mi prende per mano e mi aiuta a salire rispettando la mia libertà, proprio io, dal basso verso l'alto. "Dio si china". Questa parola è una parola profetica. Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, 2020 anni fa come bimbo giù fin nella misera della stalla, simboli di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini per cui Giuseppe per la sua sposa che doveva partorire non ha trovato altro posto. Dio scende realmente. >Diventa verginalmente un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di ogni essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo biologicamente maschio dalla nascita e bisognoso dell'amore umano della mamma e di chi gli fa da papà. Dio è nella stalla dove lo trovano i pastori guidati dagli angeli. Dio è nella nube della miseria di un bimbo senza albergo nella nube della gloria! In che modo la sua predilezione per l'uomo, la sua preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura? La nube del nascondimento della persona del Figlio di Dio, della povertà del bambino totalmente bisognoso dell'amore, è nello stesso tempo la nube della gloria. Perché niente, se ci pensiamo, può essere più sublime, più grande dell'amore che in questa maniera si china, discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme tra mamma Maria e chi gli faceva da papà Giuseppe, i Pastori e i Re magi.

Il racconto del Natale secondo san Luca che abbiamo appena ascoltato nel brano evangelico, ci narra che Dio ha un po' sollevato il velo del suo nascondimento nel volto di un bambino dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali. Luca ci dice che queste persone, però, "vegliavano". Possiamo così sentirci richiamati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con crescente urgenza fino all'Orto degli ulivi torna l'invito alla vigilanza – a restare svegli nel memorizzare il centro della storia da cui si contano gli anni per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati a riceverlo oggi velato in un pezzetto di pane sapendo  e pensando chi riceviamo Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esternamente svegli durante l'ora notturna che non ci è consentita dalla pandemia. Erano persone veramente vigilanti, nelle quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone povere ma in attesa di Dio e non si rassegnavano all'apparente lontananza di Lui nella vita di ogni giorno. Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande gioia: in questa notte in una stalla è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio. Solo il cuore vigilante con la preghiera del mattino e della sera può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni allora di un bambino che velava la presenza della Persona divina del Figlio del Padre nello Spirito Santo, oggi in un pezzetto di pane che nella consacrazione vela non solo la divinità ma anche l'umanità gloriosa: ma è sempre Lui e noi possiamo essere come i pastori.

San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano "avvolti" dalla gloria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell'intimo dell'inizio dell'Incarnazione che oggi continua nell'Eucaristia. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli angeli: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevolenza". E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli e chi si fa piccolo vigilando, quelli che sono in attesa perché relativi sono i beni di questo mondo, sperano nella bontà di Dio e lo cercano vivendo guardando a Lui da lontano soprattutto di fronte alla morte?

Nei padri della Chiesa c'è un commento sorprendente circa il canto con cui gli angeli, pur interessati, salutano l'inizio dell'Incarnazione. Fino a quel momento – dicono i Padri – gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza dell'universo, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da Lui e lo rispecchiano. Avevano accolto, per così dire, il muto canto di lode della creazione e l'avevano trasformato in musica del cielo. Ma ora era accaduta una cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro e un terzo lo ha rifiutato, i demoni. Colui di cui parla l'universo, il Dio che sostiene tutto e lo porta in mano – Egli stesso è entrato nella storia degli uomini, era diventato uno che agisce e soffre nella storia. Dal gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da questa seconda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato – dicono i Padri – era nato un canto nuovo, una strofa del quale il vangelo di Natale ha conservato per noi: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini". La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di Dio ora si trova nella stalla, iò che era basso è diventato sublime. La sua gloria è sulla terra di chi nell'umiltà e nell'amore lo accoglie. Dove c'è Lui, là c'è la pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza, oggi giungendo alla capacità di distruggere il mondo. Egli è con le persone dal cuore vigilante anche di fronte alla morte; con gli umili e con coloro che corrispondo alla sua elevatezza, all'elevatezza dell'umiltà e dell'amore. A questi dona la pace, perché per loro mezzo la pace entri in questo mondo.

Dio – partire da Adamo -ha visto che la sua grandezza provocava nell'uomo resistenza; che l'uomo si sente limitato nel suo essere sé stesso e minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato Bambino e continua l'Incarnazione diventando pezzetto di pane. Si è reso e si rende dipendete e debole, bisognoso del nostro amore.  Ora – ci dice quel Dio che si è fatto Bambino e si fa pane – non potete più aver paura, ormai potete solo aver fede e amarmi.

Su ogni bambino c'è il riverbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto n modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato l'amore di papà e mamma. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter crescere portatori di riconciliazione e di pace. Ai bambin che mediante l'industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini e delle donne perché in Italia nascono pochi bambini. Solo con il cambiamento di uomini-donne c'è speranza.

Soltanto i pastori che vegliavano con fede furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del suo arrivo e poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo che era amato dalla meraviglia e dalla gioia degli angeli per la venuta di Dio in un bambino. Ma questo venire silenzioso della gloria di Dio continua attraverso i secoli, anche a 2020 anni dall'inizio dell'Incarnazione. Là dove avviene la fede, dove c'è l'ascolto della Sua Parola, Dio raduna gli uomini  e si dona loro nel Suo Corpo velato negli accidenti di pane, lo trasforma nel suo Corpo e li rende fratelli. Egli "viene" in questo natale. E così si desta il cuore degli uomini attraverso la maternità di Maria. Regina della pace e dell'amore, nel rischio della distruzione del mondo non solo per la pandemia, rendici uomini e donne biologicamente fin dalla nascita, gioiosi della paternità e maternità, operatori della benevolenza di Dio e quindi di pace.




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