Domenica 5 gennaio

Il Verbo una realtà vivente: un Dio che si comunica facendosi Egli stesso Uomo


La liturgia di questa domenica ripropone il Prologo del Vangelo di san Giovanni, proclamato solennemente nel giorno di Natale. Questo mirabile testo esprime, nella forma di un inno, il mistero dell'Incarnazione, predicato dai testimoni oculari, gli Apostoli, in particolare da Giovanni, la cui festa, non a caso si celebra il 27 dicembre. Afferma san Cromazio di Aquileia che "Giovanni era il più giovane di tutti i discepoli del Signore; il più giovane per età, ma già anziano, profondo per la fede". Quanto leggiamo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" )Gv 1,1), l'Evangelista innamorato di Gesù – paragonato tradizionalmente ad un'aquila per la profondità cui lo porta l'amore -  si eleva al di sopra della storia umana scrutando le profondità di Dio; ma ben presto, seguendo il suo Maestro, ritorna alla dimensione terrena dicendo: "E il Verbo si fece carne"(Gv, 1, 14), i nostri occhi lo videro, le nostre orecchie lo udirono, le nostre mani toccarono il Verbo della vita.  Il Verbo è una realtà vivente: un Dio che si comunica facendosi Egli stesso Uomo. Infatti, attesta Giovanni, "venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria" (Gv 1,14). Egli si è abbassato ad assumere l'umiltà della nostra condizione umana senza che ne fosse diminuita la sua Persona divina. Leggiamo ancora nel prologo: "Dalla sua pienezza tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia" (Gv 1,16). "Qual è la prima grazia che abbiamo ricevuto?" – si chiede Agostino e risponde – "È la fede". La seconda grazia, subito aggiunge, "è la vita eterna" che ci rende già forti nell'amore.

Il Figlio unigenito di Dio, venuto in mezzo a noi e che risorto rimane e opera sacramentalmente, ci dà la possibilità di diventare figli adottivi di Dio. Ovviamente noi non siamo dèi, come il Figlio di Dio, ma partecipiamo in modo profondo a questa figliolanza del Verbo incarnato. Dice Giovanni: "A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio. A quelli che credono nel suo nome".

Questo è lo scopo dell'Incarnazione: il Figlio unigenito di Dio si è fatto carne, non soltanto per essere in mezzo a noi, ma per essere proprio uno di noi e introdurci in una relazione intima con il Padre celeste e tra noi fratelli.

Alla Vergine Maria, che il Signore ha affidato come Madre del "discepolo che Egli amava" e quindi alla Chiesa, chiediamo la forza di comportarci come fi "figli generati da Dio" (Gv 1,13), accogliendoci gli uni e gli altri e manifestando così l'amore fraterno.


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