Il contenuto del Vangelo e lo sviluppo sociale

"Si è diffusa l'idea che il contenuto del Vangelo sarebbe lo sviluppo sociale. Ne vediamo le conseguenze" (Joseph Ratzinger).
Inedito di Joseph Ratzinger nel Foglio di Sabato 4 e Domenica 5 Maggio
"San Luca (Gen 18, 1-33;Lc 10,38-42) lega il Vangelo di domenica scorsa del buon samaritano e il Vangelo odierno di Marta e Maria attraverso la piccola parola greca poréuestai, "essere in cammino". Il Vangelo del buon Samaritano finisce con la parola "va'!" (Lc 10,37). Il Vangelo di Marta e Maria inizia con: "Mentre erano in cammino" (Lc 10,38). E dunque questi due Vangeli sono legati dall'idea dell'essere in
cammino. Ci ricordiamo anche della grande visione di san Luca per la quale tutta la vita pubblica del Signore si svolse "in cammino", in cammino verso Gerusalemme, verso il mistero pasquale, il mistero della nostra redenzione nella Croce e nella Risurrezione. E in questo cammino, Gesù cerca il nostro amore, la nostra disponibilità ad accogliere il suo, il nostro ascolto. E ci prepara al mistero della sua presenza, al dono della sua vita nella presenza eucaristica per farci figli del Padre in Lui figlio e quindi fratelli.
E dopo Pasqua, Gesù ci dice ancora una volta: "Gesù vi precede in Galilea" (Mt 28,7). Egli continua a essere in cammino verso la Galilea, la Galilea del mondo nel quale noi ora dobbiamo annunciare – con lui, per mezzo della sua grazia – il Regno di Dio e preparare il mondo per la sua presenza. In questo senso, il Signore che ci precede in Galilea è con noi in cammino verso la nuova Gerusalemme, la Gerusalemme celeste, il Cielo. E così, in questo legame tra i due Vangeli, il Signore mostra anche le diverse dimensioni dell'amore del prossimo. Se nel Vangelo del samaritano appare soprattutto l'aspetto esteriore dell'agire sociale, dell'aiuto esteriore e materiale della pastorale, nel Vangelo di Marta e Maria viene in luce un'altra dimensione, la dimensione della pastorale, la dimensione della sua parola, la dimensione della meditazione e dell'interiorità. Questi due Vangeli insieme ci mostrano inoltre che l'amore del prossimo e l'amore di Dio non sono separabili nella pastorale, che essi devono compenetrarsi l'un l'altro, che nell'amore del prossimo ci deve essere sempre anche l'amore di Dio. Noi dobbiamo donare all'alto non solo le cose materiali, temporali, dobbiamo donargli soprattutto Dio. Altrimenti dimentichiamo l'essenziale, ciò che è davvero "necessario" (Lc 10,42).D'altra parte, però, nell'amore per Dio deve essere presente anche il prossimo, perché nel prossimo, è Gesù che viene, che continua la sua incarnazione e domanda la nostra ospitalità. Mi sembra Che sia un insegnamento molto importante, soprattutto per il nostro tempo.
Dopo il Concilio si è infatti diffusa l'idea che   il contenuto del Vangelo sarebbe lo sviluppo sociale, che bisognerebbe fare soprattutto le cose esteriori, materiali, e che solo dopo forse si può avere ancora tempo per Dio …Ne vediamo le conseguenze: anche i missionari non avevano più il coraggio di annunziare il Vangelo del Dio con noi. Pensavano che il loro compito ora fosse di contribuire allo sviluppo dei paesi sottosviluppati. Ci si è così dimenticati di Dio, del Dio con noi cioè Gesù risorto e la conseguenza è terribile: la distruzione dei fondamenti morali di queste società. Un amore del prossimo che dimentica Dio anche in famiglia, nella Chiesa, nella società, dimentica l'essenziale. Torniamo al Vangelo di Marte e Maria. A prima vista sembra una semplice istruzione umana sulle dimensioni essenziali della vera ospitalità. Il Signore ci dice: per una vera ospitalità umana non è sufficiente donare il nutrimento, le cose esteriori. Il vero ospitante dà di più, deve dare all'altro soprattutto il suo tempo, aprirsi all'altro cogliendo l'Altro, dargli un po' di se stesso, ascoltarlo, per poter rispondere alle sue esigenze. 
Ma in questo insegnamento. A prima vista puramente umano, il quale ci dice che, anche in una semplice ospitalità umana, è necessario dare non solamente delle cose esteriori, vediamo brillare una realtà più profonda che ci fa bene: la necessità di essere aperti soprattutto all'essenziale di una incarnazione che continua cioè alla presenza di Dio con noi, nella quale egli ci dona se stesso nella sua Parola e nel Sacramento.
E in questo insegnamento sulla necessità di essere aperti in continuità al Signore, di sedersi ai piedi del Signore per entrare in comunione con Lui, il Signore parla anche alla Chiesa di oggi nell'egemonia culturale di secolarizzazione. Perché gli stessi problemi che riscontriamo in Marta e Maria esistono anche oggi nella Chiesa.
In realtà noi prestiamo il servizio di Marta. Facciamo tante cose esteriori: ci sono riunioni, commissioni, sinodi, consigli pastorali, discussioni, decisioni, documenti in abbondanza, ci sono programmi pastorali e cose simili. Sì, si fanno molte cose … Ma forse in questa continua attività di Marta, che vuole predisporre tutto per il successo dell'azione pastorale, si dimentica troppo la dimensione di Maria, si dimentica che questa vera disponibilità per il Signore, per il suo Regno quando si accoglie il suo amore, esige molto di più che delle azioni esteriori soltanto, si dimentica che essa esige soprattutto la nostra disponibilità a sederci ai piedi del Signore, nella meditazione, nell'ascolto della sua Parola, nella quale Egli dona se stesso nel Sacramento. In una lettera di san Teresa di Lisieux a sua sorella Céline c'è una bellissimo passo su questa situazione nella Chiesa. Interpretando le figure di Marta e Maria, santa Teresina dice che, quando Maria versa il profumo prezioso sulla testa del Signore, gli apostoli mormorano"; e continua: "La stessa cosa ci accade oggi. I cristiani più ferventi, i preti (e i vescovi) pensano che esageriamo, che dovremmo servire con Marta, invece di consacrare a Gesù i vasi delle nostre vite con i profumi che vi sono racchiusi. E che importa se i nostri vasi si rompono? Gesù infatti è consolato e il mondo, che lo voglia o meno, è costretto a sentire i profumi che da essi si diffondono e che purificano l'aria avvelenata …(19 agosto 1894). Questa affermazione – per cui il profumo che purifica l'aria inquinata  di questo mondo viene dai vasi in frantumi delle nostre vite contemplative, da questa dimensione di Maria – rappresenta non solo una profonda teologia della vita contemplativa e della vita della Chiesa in generale, ma anche, mi sembra, una vera e profonda teologia della liturgia. Nella liturgia noi dobbiamo fare anche il servizio di una santa Marta, certamente, dobbiamo preparare al Signore l'ambiente sacro, offrirgli i nostri preparativi, allestire bene la cerimonia e il canto, presentare i doni caritativi di questo mondo, il pane e il vino: tutto questo è necessario ed ugualmente necessario farlo bene.
Ma se nella liturgia non c'è anche la dimensione di Maria, la dimensione contemplativa, di sedersi semplicemente ai piedi del Signore (Lc 10,39), manca l'essenziale; in questo senso, se la liturgia è realmente "mariana", se cioè imita l'atteggiamento di Maria di sedersi ai piedi del Signore e ascoltare la sua parola per ricevere sacramentalmente il dono di lui stesso, se la liturgia è veramente contemplativa, alla fine è da questo atteggiamento  che viene la purificazione dell'aria inquinata di questo mondo. Penso che soltanto da una liturgia realmente "mariana" può venire la purificazione dell'aria avvelenata del mondo d'oggi.
In questo senso, sia nella prima lettura di oggi, sull'apparizione  della trinità ad Abramo (e tre ne vide e uno ne adorò) (Gen 18,1-33), sia nel Vangelo, trovo una profonda visione della liturgia nelle sue due dimensioni. Nel Libro della Genesi Abramo offre la sua ospitalità con generosità al Dio Trino. Offre un vitello, pane e formaggio, lava i piedi degli ospiti, dona del suo. Ma alla fine è il Signore che gli dona l'unica cosa necessaria, l'essenziale, che gli dona il figlio, e con il figlio l'avvenire che anche noi in questo momento godiamo, la speranza, la vita. E la stessa cosa nel Vangelo: Marta offre delle cose buone al Signore, gli offre i doni della sua casa, e Maria gli offre il suo ascolto, la sua ampia e intima disponibilità. E alla fine è il Signore che dona non soltanto la sua Parola, ma in essa dona se stesso. Qui sta l'essenziale della liturgia: noi offriamo i nostri poveri doni e riceviamo dalle mani del Signore il dono, il necessario, il suo corpo e il suo sangue, la vita veramente vita, eterna, il Regno di Dio, la redenzione, il suo amore. Preghiamo il Signore che ci aiuti, che aiuti la Chiesa a celebrare bene la liturgia, a sedersi davvero ai piedi del Signore per ricevere il dono, il fondamento della vita vera, della vita veramente vita, quello che è essenziale e necessario per la salvezza di tutti, per la salvezza del mondo".
                                                                                           Joseph Ratzinger   

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