La verità nell'incontro con Cristo vi fa liberi

"La verità vi farà liberi" era la frase della Scrittura che più stava a cuore  a Giovanni Paolo II, e tutta la sua vita e il suo ministero sono stati un instancabile annuncio della Verità nell'essere dono del Donatore divino di ogni essere umano e di tutto il mondo
A 40 anni dall'elezione a Papa riprendiamo la strada che san Giovanni Paolo II ci ha indicato con la testimonianza del suo amico e filosofo Stanislaw Grygiel in La Bussola Quotidiana 16 ottobre 2018
Quaranta anni fa, il 16 ottobre 1978, l'arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyła veniva eletto papa, con il nome di Giovanni Paolo II. Affacciandosi al balcone su piazza San Pietro, subito dopo l'elezione disse - oltre al famosissimo "Se
mi sbaglio, mi corrigerete" - parole che vanno ricordate: «E così mi presento a voi tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza, la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della Chiesa, con l'aiuto di Dio e con l'aiuto degli uomini». Vogliamo ricordare questo straordinario Pontefice attraverso le parole del suo amico filosofo Stanislaw Grygiel, tratte dall'articolo scritto (di cui presentiamo ampi stralci) per il numero di ottobre del mensile "Il Timone", che ai 40 anni di Giovanni Paolo II ha dedicato il Dossier.
Il caos e la tempesta in cui ci è stato dato di vivere richiedono di volgere lo sguardo al «Redentore dell'uomo, centro dell'universo e della storia» (Redemptor hominis, 1). Sulla barca sbattuta dalle onde minacciose che spaventano noi che siamo semplici navigatori, Lui non dorme. Nei momenti pericolosi per la Chiesa, Cristo è presente negli uomini santi che hanno il coraggio di dare testimonianza alla Verità, Via e Vita senza calcolare i rischi, persino di perdere la vita. Uno di questi testimoni è Karol Wojtyła, quarant'anni fa eletto papa Giovanni Paolo II.
(...) Negli anni 1966-67, ascoltando alcune lezioni di filosofia e di teologia all'Università Cattolica di Leuven, rimasi sbalordito dal fatto che il principio marxista - «la praxis precede la verità e decide di essa» - serviva di fondamento per i ragionamenti di tanti professori. I numerosi studenti dell'America Latina che li seguivano non volevano credere nelle conseguenze disastrose di questo errore metafisico e antropologico, che io avevo vissuto in Polonia. Raccontai le mie perplessità e paure al cardinale Karol Wojtyła. Breve fu il suo commento: «Lo pagheranno caro, e noi purtroppo pagheremo con loro».
Le sue parole si sono avverate. Il marxismo si è insinuato nella mentalità degli intellettuali occidentali e anche di tanti uomini di Chiesa così da indurli nella loro praxis a modificare la dottrina della Chiesa, cioè la Persona di Cristo. La confusione che ne consegue costituisce, per dirla con le parole pronunciate dal cardinale Karol Wojtyła nel corso degli esercizi spirituali da lui tenuti nel 1976 al beato Paolo VI, il più grande pericolo per la Chiesa.
Le persone che non cessano di desiderare di credere in Dio si pongono l'ansiosa domanda: «Cosa dobbiamo e cosa possiamo fare?». Questa mi fa pensare alla risposta che Giovanni Paolo II diede alla domanda: «Quale sentenza della Bibbia Lei conserverebbe, se essa dovesse essere distrutta e Lei avesse la possibilità di salvarne una?» Rispose Giovanni Paolo II: «La verità vi farà liberi».
La voce della coscienza che assiste l'uomo nei tempi difficili, quando egli non sa cosa debba fare, gli dice infatti: «Se non sei in grado di dire la verità, non devi mentire!». È chiaro che non mentire non significa vilmente tacere. Anche il silenzio è una testimonianza data alla verità, quando con esso l'uomo risponde a quelli che non l'amano. Tacere però, quando si deve parlare, è altrettanto vile menzogna come lo è parlare quando si deve tacere. Gli uomini privi di educazione non sanno quando e cosa bisogna dire e quando invece bisogna tacere per dire ciò che deve essere detto.
Le parole di san Giovanni Paolo II erano sempre decise e chiare. Egli non adoperava mai parole in chiaroscuro e di compromesso quando difendeva la verità della persona umana, fuori della quale l'uomo cade in preda agli «ingegneri delle anime». Ricorro al termine coniato da Andriej Żdanow, famigerato collaboratore di Stalin, perché proprio l'ingegneria delle anime irruppe nel mondo occidentale e nella Chiesa attraverso l'errore antropologico che permette di staccare l'uomo dalla verità e incatenarlo alla praxis. Essa decide come l'uomo e le cose debbano essere. Ogni praxis che produce la verità si riduce alla pura politica.
San Giovanni Paolo II non ha mai fatto la politica. Non si lasciava legare a questo o a quell'altro partito. Per lui essere sacerdote, vescovo, e poi Pietro, significava incatenare ogni giorno la propria persona e le persone affidate al suo lavoro alla verità dell'uomo rivelata nella Persona di Cristo. Questa verità lo rendeva libero da se stesso e dalla politica e allo stesso tempo idoneo a giudicare «l'universo e la storia». Grazie a questa idoneità egli è stato uno dei più grandi politici cui sia data la capacità di cambiare il mondo. Il suo essere irradiato dalla luce della verità univa gli uomini. I suoi giudizi non li dividevano mai. La persona di questo Papa ci dice una verità antica e sempre nuova, che a dividere gli uomini non è la verità ma la menzogna. Nel dramma Cleopatra e Cesare di Cyprian Kamil Norwid, Cleopatra dice a Cesare: «Cesare! Tra gli uomini che si comprendono, pare ci sia una cosa orribile – l'ombra della non–verità».
Avendo paura di gettare quest'«ombra» tra Cristo e l'uomo, san Giovanni Paolo II non l'ha mai preceduto sulla via verso la croce, come aveva fatto Pietro alla fine della vita terrena del Maestro (cfr Mc 8, 33). Giovanni Paolo II è sempre andato dietro al Maestro, Lo ascoltava e meditava la Parola ricevuta, custodendoLa nel cuore. Il timor Dei lo teneva al riparo dall'aggiungerLe qualcosa di sé. Cristo è da adorare e non da modificare. Giovanni Paolo II non adeguava Cristo al mondo amministrato e traviato dai potenti, ma faceva tutto il possibile per condurre loro stessi al «centro dell'universo e della storia», la cui luce svela in ogni essere la verità da contemplare e il bene da compiere.
L'insegnamento di san Giovanni Paolo II, radicato nella fede della Chiesa e nella Sacra Scrittura, ci rende evidente che le persone e le loro comunioni - i matrimoni, le famiglie, le nazioni e la Chiesa - non sono da riformare. Queste realtà o rinascono o muoiono. Rinascono ritornando al Principio in cui Dio crea l'universo e l'uomo nella Parola che è Suo Figlio. È nella conversione al primordiale atto dell'Amore, cioè all'atto della creazione, che vengono rinnovati l'uomo e la terra da lui coltivata. (...)
La rinascita esige però da noi tutti la confessione e il riconoscimento di essere colpevoli e responsabili del caos in noi stessi e negli altri. Bisogna rendere giustizia alla verità del proprio essere per poterla rendere agli altri. I giusti giudicheranno il mondo. Ma si troveranno almeno dieci Giusti, quelli cercati da Abramo perché Sodoma e Gomorra fossero salvate dalla misericordia di Dio? Le parole di Cristo: «La verità vi farà liberi», ci dicono che la misericordia di Dio opera non tanto nello spazio della nostra beneficenza, che è estranea alla carità, quanto nel nostro rendere ciò che è dovuto alla verità Divina che si rivela nell'altro uomo.


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