I santi e il Rosario, l'arma per vincere il maligno

Dal Montfort al Curato d'Ars, da Giovanni Bosco a Padre Pio, sono senza numero i santi che hanno avuto una speciale devozione per il Rosario. Una preghiera fondamentale per respingere le potenze dell'inferno. A colpi di Ave Maria

Antonio Tarallo in "La Nuova Bussola" – 9 ottobre 2023

7 ottobre, memoria della Beata Vergine Maria del Rosario. Ma in fondo, tutto ottobre è il mese – per antica tradizione – dedicato alla preghiera mariana per eccellenza. Preghiera cara a Maria, preghiera semplice che fa avvicinare ogni fedele al cuore materno della Vergine, sempre così accogliente e aperto alle sofferenze e alle speranze, ai pensieri e alle preoccupazioni di ogni fedele.

 

E molti sono stati i fedeli divenuti santi che hanno avuto nella loro vita una particolare predilezione per questa preziosissima orazione: il legame tra le aureole dorate e i grani del Rosario è storia davvero antica. Una storia che però si rinnova sempre, di santo in santo, di giorno in giorno. Basti pensare a quelle figure di santità che sono cronologicamente vicine al nostro presente: il beato Carlo Acutis, ad esempio, così fedele alla recita quotidiana del Rosario perché sapeva bene che questa orazione «è la scala più corta per salire in Cielo», così affermava. E poi, sempre le recenti pagine agiografiche ci donano un'altra figura che del Rosario conosceva bene ogni respiro: è san Giovanni Paolo II, eletto pontefice proprio nel mese di ottobre e che nel suo magistero più volte è ritornato sul tema dell'importanza della preghiera mariana, fino a scrivere la lettera apostolica Rosario Virginis Mariae che reca la data – non certo casuale – del 16 ottobre 2002, «inizio del venticinquesimo di pontificato». Sempre riguardo ai nostri tempi, la memoria corre all'esistenza della beata Chiara Luce Badano che vola in cielo proprio nel giorno dedicato alla Vergine del Rosario, il 7 ottobre 1990.

 

Intrecci di esistenze che, a loro volta, si intrecciano con la corona del Rosario: ogni grano, un petalo di rosa, un'aureola santa. Ogni vita, un grano del Rosario, da ricordare. La preghiera mariana è semplice: un susseguirsi di misteri, di Padre Nostro, Ave Maria e Gloria al Padre. Eppure, in questa semplicità c'è un mondo che non è di questo mondo, ma appartiene all'infinitezza di Dio. Così sono le vite dei santi che, legati – per diversi motivi – al Rosario, hanno vissuto radicalmente il Vangelo.

 

Come san Pio da Pietrelcina, il frate cappuccino che affidava tutti coloro che si rivolgevano alla sua preghiera alle mani amorevoli della Madonna mettendoli nel Rosario, «l'arma» – così lo definiva – per combattere contro l'Inferno. Si narra che una volta, a un frate, cogliendolo di sorpresa, disse: «Prendimi l'arma nella tasca del mio abito». Quell'arma di pace e di amore era appunto la corona del Rosario. Episodio assai curioso e simpatico ma che sottolinea un elemento importante per comprendere il rapporto tra il santo e la famosa preghiera mariana: la corona era sempre a portata di mano.

 

Meditazione e preghiera del Santo Rosario hanno segnato le giornate del Curato d'Ars, san Giovanni Maria Vianney, che alla Vergine si rivolgeva prima di tutto come figlio, come sacerdote, affidandole tutto: «Rivolgiamoci a Lei con grande fiducia, e siamo sicuri che, per quanto miserabili siamo, Lei ci otterrà la grazia della nostra conversione». Quello del Curato d'Ars per il Rosario è un amore straordinario perché nasce da un cuore profondamente umile: «L'umiltà è come la catena del Rosario; se la catena si rompe, i granelli se ne vanno; se cessa l'umiltà, tutte le virtù spariscono», così sentenzia nei suoi scritti.

 

Quando si parla del Rosario (e, di conseguenza, della Madonna) non può mancare un riferimento a un grande della mariologia: san Luigi Maria Grignion di Montfort. «Il Rosario contiene due elementi: l'orazione mentale e l'orazione vocale. Quella mentale consiste nella meditazione dei principali misteri della vita, della morte e della gloria di Gesù Cristo e della sua Santissima Madre. Quella vocale consiste nel dire quindici decine di "Ave Maria", ognuna preceduta da un "Padre nostro", meditando e contemplando le quindici principali virtù praticate da Gesù e da Maria, nei quindici misteri del santo Rosario», spiegava il Montfort.

 

Un'altra esistenza profondamente segnata da questa preghiera sublime è stata quella di san Giovanni Bosco. Il santo piemontese dava al Rosario una connotazione pedagogica per i ragazzi di Valdocco: «Il Rosario è necessario per ben vivere, quanto il pane quotidiano». Don Bosco conosceva bene l'importanza della preghiera anche in virtù di una visione che ebbe, una delle tante che il sacerdote piemontese ha narrato nelle sue Memorie e trasmesso ai suoi ragazzi. Un serpente dalle grandi dimensioni si trova in mezzo a un prato. Don Bosco vuole fuggire ma un personaggio misterioso lo esorta a rimanere: «Non fuggire! Vieni qui ed osserva!». Intanto la misteriosa guida prende una corda e gli dice: «Tieni questa corda per un capo con forza». La guida, allora, sferza un colpo sul dorso del serpente, che dopo un grande salto cade a terra quasi morente. I capi della corda vengono poi legati a un albero e a una inferriata. Intanto, il serpente si dimena per terra fino a che ne rimane solamente lo scheletro. Il serpente muore. Allora, il misterioso personaggio raccoglie la corda e ne fa un gomitolo, la pone in una cassetta e invita don Bosco a guardarvi dentro: la corda si dispone in modo da formare le parole "Ave Maria". «Vedi, il serpente raffigura il demonio e la corda l'Ave Maria o piuttosto raffigura il Rosario, che è una continuazione di Ave Maria. Con questa preghiera si possono battere, vincere e distruggere tutti i demoni dell'Inferno». Dopo queste parole, il personaggio sparisce. È una visione. Ma soprattutto un monito per il nostro oggi: la guerra quotidiana contro il male si vince a "colpi" di Ave Maria. Parola di san Giovanni Bosco: anzi, di tutti i santi.

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