L'Europa ha dimenticato le sue radici cristiane

L’Europa ha dimenticato le sue radici cristiane. Ratzinger lo aveva preannunciato già nel 1969 quando, in qualche modo profetizzando il futuro della Chiesa cattolica, aveva parlato dell’irrilevanza cui sarebbe destinata la nostra religione. Costretta a ripartire da piccoli gruppi e da una posizione minoritaria

Il primo atteggiamento di fronte a questo momento storico è suggerito da Benedetto XVI: “Fa parte del divenire cristiani l’uscire dall’ambito di ciò che tutti pensano e vogliono, dai criteri dominanti, per entrare nella luce della verità sul nostro e altrui essere dono, di tutto il mondo che ci circonda e, con
questa luce del Donatore divino, raggiungere la via giusta”.
Nel discorso di Ratisbona papa Benedetto XVI ha mostrato il coraggio di questo atteggiamento, pari al coraggio mostrato nei secoli passati dai martiri cristiani, un omaggio al valore della verità. L’intervento all’Università tedesca di Regensburg aveva come tema il diritto delle singole coscienze di aderire e non aderire, in privato e in pubblico, liberamente ad una fede. Il papa  osservò che Maometto aveva impugnato la spada per convertire il prossimo negando la libertà di scelta. Lo spunto fu originato dal dialogo tra Manuele II il Paleologo e un persiano colto, dove si afferma che Maometto introdusse “cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede”: ciò per tutti è irragionevole, disumano perché “non agire secondo ragione è sempre contrario alla natura di Dio”.
Papa Benedetto XVI nel settembre del 2011 tenne un discorso al Reichstag di Berlino alla presenza di parlamentari e componenti del governo tedesco guidato dal presidente Angela Merkel. Il discorso ebbe inizio con il ricordo di Salomone, il giovane Re di Israele che aveva chiesto a Dio il dono di saper giustamente distinguere il bene dal male. Ebbene, da lì papa Benedetto passò ad argomentare sulla giustizia, sottolineando in particolare quanto segue: “Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato un potere finora inimmaginabile, quel compito diventa particolarmente urgente. L’uomo è in grado di distruggere il mondo. Può manipolare se stesso, può creare esseri umani ed escluderne altri dall’essere uomini”. E proseguendo aggiungeva: “Come riconosciamo cosa è giusto? Come distinguere tra il bene e il male, tra il vero diritto e il diritto solo apparente (che è costitutivo della libertà anche del sistema democratico)? Quello della maggioranza può essere un criterio. Ma nelle questioni fondamentali del diritto, nel quale è in gioco la dignità di ogni uomo e dell’umanità, il principio maggioritario non basta”.
Affermazioni, queste, che portano a riflettere sulla gravità e le difficoltà in cui oggi viene a trovarsi un politico democratico di fronte a questioni di carattere etico e antropologico. Il cristianesimo non ha mai imposto alla società un diritto rivelato – rimandando sempre il tutto alla natura e all’armonia tra la ragione soggettiva e oggettiva – alla base sta di conseguenza la correlazione tra natura e ragione, tra fede e ragione. Ma nella  seconda metà del secolo appena trascorso si è verificato con il positivismo democratico  un “drammatico cambiamento della situazione”, un nuovo paradigma a seguito del quale il riferimento al “diritto naturale” cioè alla creazione viene sempre meno preso in considerazione favorendo la comparsa di nuovi “diritti soggettivi” e l’affermarsi della tesi di Hans Kelsen – noto maestro di diritto – secondo il quale tra l’essere e il dover essere vi sarebbe un abisso, e di conseguenza dall’”essere” non può derivare mai la verità, un “dovere”.
Papa Benedetto XVI sottolineava che “dove la ragione politica si ritiene come la sola cultura sufficiente, relegando tutte le altre allo stato di sottocultura, essa riduce l’uomo e minaccia la sua umanità”. Benedetto XVI, prima di chiudere il suo discorso al Reichstag, volle far presente che Hans Kelsen poco prima di morire aveva preso la decisione di abbandonare quella sua teoria. Questi punti salienti non solo pongono bene in luce il ruolo della giustizia, ma anche  il suo fondamentale ancoraggio ai “diritti di natura” e alle radici cristiane della creazione.  
L’abbandono delle radici cristiane della creazione, della verità dell’essere dono del Donatore divino di ogni essere umano, di tutto il mondo e quindi alla luce della ragione accessibile a tutti del “diritto naturale”, dei “principi non negoziabili” a fondamento della democrazia, dopo quanto ebbe a dire a Berlino nel settembre 2011 Benedetto XVI avviene un precipitare di testi in corso d’esame dei parlamenti del mondo occidentale che trattano tematiche quali “fecondazione eterologa”, “aborto”, “cambio di sesso”, “cultura del gender”, “matrimoni gay”, “eutanasia”, e anche quelle sulla mercificazione di embrioni, ovociti, uteri in affitto. Questo è il male profondo che incombe sull’uomo di oggi quando il Donatore divino di ogni essere dono rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenire superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto di un panteismo naturale, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. L’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio, di ogni valore non negoziabile. Benedetto XVI invitava, anche in piccoli gruppi, ad una fede pienamente accolta, vissuta e pensata insieme per ravvivare i “principi, i valori non negoziabili” sui quali fondare una società sana, una democrazia vera.   
Senza radici cristiane l’attuale cultura occidentale che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. Per questo il magistero di Ratzinger- Benedetto XVI sta avendo una riscoperta significativa. 

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