Domenica XXI anno A

La gente, uomini e donne oggi, chi dicono che sia il Figlio dell’uomo?
La liturgia di questa domenica rivolge a noi cristiani innanzitutto, ma al tempo stesso ad ogni uomo e ad ogni donna, la duplice domanda che Gesù pose un giorno ai suoi discepoli. Dapprima chiese loro: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Essi gli risposero che per alcuni del
popolo Egli era Giovanni Battista redivivo, per altri Elia, Geremia o qualcuno dei profeti. Allora il Signore interpellò direttamente i Dodici, viventi e formati da Lui: “Voi chi dite che io sia?”. A nome di tutti, con slancio e decisione fu Pietro a prendere la parola originando il ministero petrino: “Tu sei il Cristo, Il Figlio del Dio vivente”, Dio che possiede un volto umano come noi, che ci rivela il Padre nello Spirito Santo, Dio che è amore fino al perdono e chi è ogni uomo che Dio ama fino alla misericordia, con un destino di vita veramente vita per l’anima e per il corpo come figli in Te Figlio, quindi fratelli, uguali, liberi. Solenne professione di fede, che da allora la Chiesa, corpo della presenza e dell’azione sacramentale di Lui risorto per tutti e per tutto, continua a ripetere, a celebrare, a testimoniare nella carità.
Anche noi quest’oggi, partecipi fedelmente dell’incontro eucaristico  settimanale che rende sacramentalmente attuale il Sacrificio della Croce, vogliamo  proclamare alla libera risposta di tutti e con intima e vissuta convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, l’umanità ricreata e ricreante dopo il peccato, il Figlio del Dio vivente in un volto umano, che ci ha amato e ci ama sino alla fine, ogni persona e l’umanità nel suo insieme, il cosmo! Lo facciamo, anche dopo momenti di incertezza, di freddezza, di incoerenza ma perdonati con la consapevolezza, con il tentare e ritentare di sapere e sentire che è Cristo, Lui il vero “tesoro” per il quale vale la pena vivere sapendo della fine in polvere di questo corpo biologico per quello trasfigurato dal Risorto e per il quale vale la pena anche sacrificare tutto; Lui che si fa sacramentalmente, ecclesialmente presente è l’amico che mai ci abbandona anche nel rischio di chi lo rifiuta, ci provoca del male, perché conosce le attese più intime di vita veramente vita del nostro cuore. Gesù è il “Figlio del Dio vivente” cioè di Dio che possiede un volto umano, unito in qualche modo, ad ogni uomo, il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita veramente vita e di amore che abita in ogni essere umano. Il suo amore più grande di ogni peccato mi impedisce di definire, chi cade, dal peccato che commette: Egli bussa ad ogni cuore perché riconosca il peccato si lasci riconciliare nel Sacramento della confessione e ricominci fino al termine della vita, fino al compimento della storia umana. Pur, con il rischio del rifiuto per il libero arbitrio, non è fatale un futuro personale e collettivo di fallimento ed è tutto, anche per la vita temporale, accogliere questo annuncio che mi dona la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi posiamo affrontare il nostro presente: il presente storico, anche un presente difficile e faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta oltre la polverizzazione del sepolcro e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica storica del cammino.
“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro  e in continuità dinamica da tutta la Tradizione dei 266 successori, Gesù replica: “Tu sei Pietro e su questa pietra (su questa verità) edificherò la mia Chiesa (il mio corpo di risorto) e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli” che non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. E’ la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l’attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l’umanità intera in un’unica famiglia di uguali, liberi e fratelli. La missione dell’autorità propria del ministero petrino di Pietro fedele al Vangelo e alla costante tradizione e insegnamento, e dei suoi 266 successori, è proprio quella di servire nella carità quest’unità dell’unica Chiesa di Dio formata fin dagli inizi da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente tra gli uomini, segnati continuamente da innumerevoli divisioni diaboliche e contrasti, tra chi sperpera di fronte a chi muore di fame, la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore. Servire dunque l’unità interiore che proviene dalla pace di Dio e l’unità di quanti in Gesù Cristo tentano e ritentano di divenire fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa con la Chiesa di Roma che presiede nella carità.
Di fronte a questa enorme responsabilità e a questo servizio sosteniamo il ministero petrino con la preghiera. Ci ottenga questa grazia Maria, che invochiamo fiduciosi come Madre della Chiesa e Stella dell’Evangelizzazione. 

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