Domenica XXII anno A

Solo perdendo liberamente cioè per amore la vita Cristo la riceverà nuova ed eterna per Lui, per noi e per il cosmo
Anche oggi, nel Vangelo, compare in primo piano l’apostolo Pietro. Ma, mentre domenica scorsa l’abbiamo ammirato per la sua fede schietta in Gesù, da lui proclamato Messia e Figlio di Dio in un volto umano, questa volta, nell’episodio immediatamente seguente, mostra una fede ancora immatura e troppo legata alla “mentalità di questo mondo”
(Rm 12,2), Quando infatti Gesù comincia a parlare apertamente del destino che l’attende a Gerusalemme, che cioè dovrà soffrire molto ed essere ucciso per poi risorgere, Pietro protesta dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai” (Mt 16,22). E’ evidente che il Maestro e il discepolo seguono due modi di pensare opposti. Pietro, secondo una logica umana, è convinto che Dio non permetterebbe mai al suo Figlio di finire la sua missione morendo sulla croce. Gesù, al contrario, sa che il Padre, nel suo immenso amore per gli uomini, lo ha mandato a dare la vita per loro perché giungano alla meta della risurrezione, vincendo la morte morendo.  Egli sa pure che l’ultima parola per la vita veramente vita sarà la risurrezione attraverso la morte. La protesta di Pietro, pur pronunciata in buona fede e per sincero amore verso il maestro, suona per Gesù e per noi come una tentazione, un invito a salvare se stesso, mentre è solo perdendo la sua vita per amore che Lui la riceverà nuova ed eterna per tutti noi.
Se, per salvarci e per realizzarci, Il figlio di Dio assumendo un volto umano come noi ha dovuto soffrire e morire crocefisso, non è certamente per un disegno crudele del Padre celeste. La causa è la gravità del rischio del no anziché del si Padre del libero arbitrio, la gravità della malattia da cui doveva guarirci: una male così serio e mortale da richiedere tutto il suo sangue. E’ infatti con la nuova creazione della risurrezione attraverso la morte, che Gesù ha sconfitto il peccato e  la morte ristabilendo la signoria di Dio. Ma la lotta non è finita: il male accade e resiste in ogni generazione, anche ai nostri giorni. Che cosa sono gli orrori della guerra, le violenze sugli innocenti, lo sperpero di pochi e la miseria di molti che infierisce sui deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio cioè alla paternità divina universale nell’uguaglianza, nella libertà, nella fraternità? E come far fronte a tanta malvagità se non con la forza disarmata di credere alla verità e all’amore con la sola forza della verità e dell’amore che vince l’odio, l’indifferenza privata e pubblica, del farsi dono con la vita che non teme la morte biologica? E’ la stessa misteriosa forza che usò Gesù, a costo di essere incompreso e abbandonato da molti dei suoi che irrazionalmente si lasciano sedurre trasformando il dono relativo di questa vita nel tempo e nello spazio in un idolo, in un tutto impossibile.

Carissimi, per portare a compimento l’opera della salvezza nella verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino occorre maturare fiducia, speranza, amore nella disponibilità di farci liberamente completamente dono nell’amore. E il Redentore continua ad associare a sé e alla sua missione uomini e donne disposti nell’attualizzazione sacramentale del suo Sacrificio con la Messa almeno di ogni Domenica a prendere la croce e a seguirlo assimilandoci a lui nella carità. Come per Cristo, così per gli altri Cristi che sono i cristiani, passare liberamente, per amore, attraverso la sofferenza, la croce non è facoltativo, ma una necessità da abbracciare per amore, pur tentando di alleviare le sofferenze. Nell’attuale liberismo selvaggio che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita ponendo sul piano della prassi la libertà individuale eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri valori dovrebbero sottostare, diventano egemoni forze che dividono e distruggono. L’annuncio di Cristo non cessa di proporre a tutti con una Nuova Evangelizzazione il suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, chi vuol realizzarsi nel proprio e altrui essere dono del Donatore divino, rinunci a erigere la libertà individuale a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare, escludendo Dio dalla cultura e dalla vita pubblica, porti con me la croce. Fermare questa cultura che predomina in Occidente non è facile ma non impossibile. Invochiamo l’aiuto della Vergine Santa, che per prima e sino alla fine ha seguito Gesù sulla via della croce cioè del farsi completamente dono. Ci aiuti Lei ad assimilarci al Figlio suo, per sperimentare fin d’ora, pur nella prova della sofferenza e della morte, la gloria di quella mutazione mai accaduta, di quel “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuovo della risurrezione.  

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