Domenica XIV ordinario

Il vero rimedio alle ferite dell’umanità è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio
Oggi, nel Vangelo, il Signore Gesù ci ripete quelle parole che conosciamo così bene, ma che sempre ci commuovono soprattutto in momenti difficili, drammatici: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che
sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro perla vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30). Il regno di Dio che vi offro e a cui convertirsi non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; si fa presente là dove sono amato e dove il mio amore vi raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste  ciò che solo vagamente aspettiamo: la vita che è “veramente” vita.
Quando Gesù percorreva le strade della Galilea  annunciando il regno di Dio e guarendo molti ammalati, sentiva compassione delle folle, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,35.36). Quello sguardo di Gesù sembra estendersi fino ad oggi, fino al nostro mondo, fino a me. Anche oggi si posa su tanta gente oppressa in condizioni di vita difficili, ma anche priva di validi punti di riferimento per trovare un senso e una meta all’esistenza. Moltitudini sfinite si trovano nei Paesi più poveri, provate dall’indigenza; e anche nei Paesi più ricchi sono tanti gli uomini e le donne insoddisfatti, addirittura malati di depressione. Pensiamo ai numerosi sfollati e rifugiati, a quanti emigrano mettendo a rischio la propria vita. Lo sguardo di Cristo si posa su tutta questa gente, anzi, su ciascuno di questi figli del Padre che è nei cieli, e ripete: “Venite a me, voi tutti…”.
Gesù promette di dare a tutti “ristoro”, ma pone una condizione alla libertà, alla responsabilità: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore”. Che cos’è questo “giogo”, che invece di pesare alleggerisce, e invece di schiacciare solleva? Il “giogo” di Cristo è la legge dell’amore, è il suo comandamento, che ha lasciato ai suoi discepoli (Gv 13,34; 15,12) . Il vero rimedio alle ferite dell’umanità, sia quelle materiali, come la fame e le ingiustizie, sia quelle psicologiche e morali causate da un falso benessere, è una regola di vita basata sull’amore fraterno, che ha la sua sorgente nell’amore di Dio. Per questo bisogna  abbandonare la via dell’arroganza, delle violenza utilizzata pere procurarsi posizioni di sempre maggiore potere, per assicurarsi il successo ad ogni costo. Anche verso l’ambiente bisogna rinunciare allo stile aggressivo che ha dominato negli ultimi secoli e adottare una ragionevole “mitezza”. Ma soprattutto nei rapporti umani, interpersonali, sociali, la regola del rispetto e della non violenza, cioè la forza della verità contro ogni sopruso; è quella che può assicurare un futuro degno dell’uomo.
In questo centenario di Fatima celebriamo Maria Santissima lodando Dio per il suo Cuore Immacolato. Ci aiuti la Vergine a “imparare” da Gesù la vera umiltà, a prendere con decisione il suo giogo leggero, per sperimentare la pace interiore e diventare a nostra volta capaci di consolare altri fratelli e sorelle che percorrono con fatica il cammino della vita.

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