Gesù Cristo Re dell'Universo
Missione della Chiesa è annunciare e testimoniare Cristo, perché
l’uomo, ogni uomo possa realizzare la sua vocazione regale cioè di amore
Celebriamo oggi, ultima domenica
dell’anno liturgico, la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re
dell’universo. Fin dall’annuncio della sua nascita, il Figlio unigenito del
Padre, assumendo un volto umano nascendo dalla Vergine Maria, viene definito
“re”, nel senso messianico, cioè erede del trono di Davide, secondo le promesse
dei profeti, per un
regno che non avrà fine (Lc 1,32-33). Questa regalità
rimase del tutto nascosta fino ai suoi trent’anni, trascorsi in un’esistenza
ordinaria a Nazareth. Poi, durante la vita pubblica, Gesù inaugurò il nuovo
Regno, che “non è di questo mondo” (Gv 18,36) e accade già in questo mondo là
dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la
possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno senza perdere lo
slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo
amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo
vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è
“veramente” vita. Sappiamo dai Vangeli che Gesù rifiutò il titolo di re cioè di
messia quando esso era inteso in senso politico, alla stregua dei “capi delle
nazioni” (Mt 20,24). Invece, durante la sua passione, egli rivendicò una sua
singolare regalità davanti a Pilato, il quale lo interrogò esplicitamente: “Tu
sei re?”, e Gesù rispose: “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18,37). Pilato,
l’autorità pubblica, lo riconoscerà con la scritta sulla croce. La regalità di
Cristo, infatti, è rivelazione e attuazione di quella di Dio Padre. Il quale
governa non costringendo ma attirando liberamente tutti e tutto con amore
misericordioso e giustizia. Il Padre ha affidato al Figlio che ha assunto un
volto umano la missione di dare agli uomini la vita veramente vita amandoli
fino al supremo sacrificio, e nello stesso tempo gli ha conferito il potere di
giudicarli, dal momento che si è fatto Figlio dell’uomo, in tutto simile a noi
rivelandoci sia chi è Dio e chi è ogni uomo (Gv 5,21-22.26.27).
Il Vangelo odierno insiste
proprio sulla regalità universale di Cristo giudice, con la stupenda parabola
del giudizio finale, che san Matteo ha collocato immediatamente prima del
racconto della Passione (25,31-46). Le immagini sono semplici, il linguaggio è
popolare, ma il messaggio è estremamente importante: è la verità sul nostro
destino ultimo, sul senso di ogni vita e dell’umano, e sul criterio con cui saremo
valutati. “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere, ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35) e così via. Chi non
conosce questa pagina? Fa addirittura parte della nostra civiltà. Ha segnato la
storia dei popoli che accogliendo pienamente la fede, vivendola e pensandola
insieme è divenuta cultura cristiana in dialogo con tutte le culture: la
gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali.
In effetti, il regno di Cristo non è di questo mondo, ma porta a compimento
tutto il bene che, grazie a Dio, esiste nell’uomo e nella storia e diviene
dramma l’attuale frattura secolare fra Vangelo e cultura. Se accogliamo da
Cristo l’amore per chi ci è prossimo nel bisogno, secondo il messaggio evangelico,
allora facciamo spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in
mezzo a noi. Se invece di persone con lo sguardo di amore verso il bene comune
erigiamo, sul piano della prassi sociale, la libertà individuale a valore
fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare vanno in rovina
tutte le relazioni in una solitudine infernale.
Il regno di Dio non è un al di là
immaginario, posto in un futuro che non arriva mai, non è questione di onori e
apparenze, ma, come scrive san Paolo, è “giustizia, pace e gioia nello Spirito
Santo” (Rm 14,17), Spirito Santo che nella comunità trinitaria di Dio è Amore.
Al Signore sta a cuore il nostro bene, cioè che ogni uomo abbia la vita, e che
specialmente i suoi figli più “piccoli” possano accedere al banchetto da lui
preparato per tutti. Nel suo regno eterno fuori del tempo e dello spazio, Dio
accoglie non solo chi riesce ma quanti tentano e ritentano giorno per giorno di
mettere in pratica la sua Parola. Per questo la Vergine Maria, la più umile di tutte le
creature, è la più grande ai suoi occhi e siede Regina alla destra di Cristo
Re. Alla sua celeste intercessione vogliamo affidarci ancora una volta con
fiducia filiale, per poter realizzare la nostra missione regale cioè di amore nel
mondo.
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