La questione migratoria e i risvolti culturali

“L’estremismo e il fondamentalismo trovano un terreno fertile non solo in una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di ideali e nella perdita d’identità – anche religiosa -, che drammaticamente connota il cosi detto Occidente” (Papa Francesco)

L’11 gennaio 2016 Papa Francesco ha incontrato il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per l’annuale cerimonia degli auguri. Il Papa ha messo al centro del suo discorso l’attuale problema storico dei rifugiati e degli immigrati, invitando i singoli Paesi e la comunità
internazionale a cercare soluzioni creative per tutelare insieme la sicurezza dei propri cittadini e l’accoglienza dei migranti. Più volte ha insistito richiamando, insieme al dovere dell’accoglienza, l’esigenza che sia tutelata la sicurezza dei cittadini e che ai rifugiati e immigrati sia chiesto di rispettare non solo le leggi ma anche “i valori e le tradizioni” dei Paesi che li ospitano, correggendo implicitamente dichiarazioni che, in occasioni di cronaca drammatica, si limitano all’accoglienza ispirandosi a un buonismo ingenuo. Il problema è epocale come in altri momenti storici.
“Nell’affrontare la questione migratoria non si potranno tralasciare, infatti, i risvolti culturali connessi, a partire da quelli legati all’appartenenza religiosa. L’estremismo e il fondamentalismo trovano terreno fertile non solo ina una strumentalizzazione della religione per fini di potere, ma anche nel vuoto di ideali  e nella perdita di identità – anche religiosa -, che drammaticamente connota il cosi detto Occidente. Da tale vuoto nasce la paura che spinge a vedere l’altro come un pericolo ed un nemico, a chiudersi in sé stessi, arroccandosi su posizioni preconcette. Il fenomeno migratorio pone, dunque, un serio interrogativo culturale, al quale non ci si può esimere dal rispondere. L’accoglienza può essere dunque un’occasione propizia per una nuova comprensione e apertura di orizzonte, sia per chi è accolto, il quale ha il dovere di rispettare i valori, le tradizioni e le leggi della comunità che lo ospita, sia per quest’ultima, chiamata a valorizzare quanto ogni immigrato può offrire a vantaggio di tutta la comunità. In tale ambito, la Santa Sede rinnova il proprio impegno in campo ecumenico ed interreligioso pe rinstaurare un dialogo sincero e leale che, valorizzando le particolarità e l l’identità propria di ciascuno, favorisca una convivenza armoniosa fra tutte le componenti sociali”.
Al nostro interno non si tratta di annunciare il Vangelo a uomini miscredenti, che non si curano di Dio. Con gli immigrati ci si rivolge a un mondo profondamente compenetrato da convinzioni religiose, impregnati fin nelle più piccole realtà quotidiane, tanto che la devozione di queste persone diventa motivo di umiliazione per la stanca fede dei cristiani. Di conseguenza non ci si può più accontentare di ritenere i seguaci di altre religioni solo come dei pagani o, in maniera del tutto negativa, come dei non cristiani. Occorre imparare a conoscere la loro specificità; non si può chiedere semplicemente di distruggere o dissolvere  il loro mondo religioso, le loro pratiche tanto meno con un proselitismo cristiano. Occorre puntare a vedere se è possibile – se non addirittura necessario – comprenderlo dall’interno soprattutto nella scuola e accogliere parte della loro eredità nel cristianesimo.
Così, a poco a poco, l’ecumenismo cristiano si allarga al dialogo delle religioni. Questo dialogo non si propone semplicemente di ripercorrere il cammino della ricerca storica sulle religioni del secolo XIX e del principio del XX. In essa si era preteso in modo laicista di porsi al di fuori e al di sopra, con una cultura secolarizzata, delle religioni, a partire da una prospettiva liberale e razionalistica, giudicando le singole religioni con la certezza della ragione illuminata nichilista di non darle nessun spazio pubblico. Oggi si costretti a rivedere, anche in Europa, che un simile punto prospettico non è più possibile. Questo tipo di cultura rappresenta  un taglio non solo con le radici cristiane dei valori di uguaglianza tra uomo-donna, di libertà, di fraternità dell’Europa anche laica, ma più in generale con le tradizioni religiose  e morali dell’umanità: il laicismo radicale originato dalla rivoluzione francese, diverso dalla laicità religiosa del Nord America, non è in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e sula direzione non nichilista della nostra vita. Perciò l’attuale cultura europea è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. Ci si impone in Occidente che, per comprendere la religione e quindi la cultura, la si deve vivere dall’interno e che solo a partire da questa esperienza, necessariamente particolare e storicamente condizionata nel suo punto di partenza e di cultura, si può giungere alla comprensione reciproca e, quindi, a un approfondimento e una purificazione della religione con tutte le conseguenze culturali, sociali,  a cominciare dal rapporto  uomo-donna  nell’esclusività sessuale nel matrimonio o nella libertà reciproca.
Il Papa ha ricordato che “Molti migranti provenienti dall’Asia e dall’Africa, vedono nell’Europa un punto di riferimento per principi come l’uguaglianza di fronte al diritto e valori iscritti nella natura stessa di ogni uomo, quali l’inviolabilità della dignità e dell’uguaglianza di ogni persona, l’amore al prossimo senza distinzione di origine e di appartenenza, la libertà di coscienza e la solidarietà verso i propri simili”…
“Come allora, anche oggi si ode l’Angelo ripetere: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò” (Mt 2,13). E’ la voce che sentono i molti migranti che non lascerebbero mai il proprio Paese se non vi fossero costretti. Tra questi vi sono numerosi cristiani che sempre più massicciamente hanno abbandonato nel corso degli ultimi anni le proprie terre, che pure hanno abitato fin dalle origini del cristianesimo. Infine, anche oggi ascoltiamo la voce del salmista che ripete: “Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion” (Sal 136 (137),1). E’ il pianto di quanti farebbero volentieri ritorno nei propri Paesi, se vi trovassero condizioni di sicurezza  e di sussistenza. Anche qui il mio pensiero va ai cristiani del Medio oriente desiderosi di contribuire, come cittadini a pieno titolo, al benessere spirituale e materiale delle rispettive Nazioni”.
L’Italia costituisce, in questo momento in Europa, ancora un terreno favorevole alla testimonianza cristiana. “Una particolare riconoscenza – sempre Papa Francesco –desidero esprimere all’Italia, il cui impegno deciso ha salvato molte vite nel Mediterraneo e che tutt’ora si fa carico sul suo territorio di un’ingente numero di rifugiati. Auspico che il tradizionale senso di ospitalità e solidarietà che contraddistingue il popolo italiano non venga affievolito dalle inevitabili difficoltà del momento, ma, alla luce della sua tradizione plurimillenaria, sia capace di accogliere ed integrare il contributo sociale, economico e culturale che i migranti possono offrire”. 

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