Che genere di persone erano questi uopmini venuti dall'Oriente, e che genere di stella era quella

Quegli uomini, i Magi venuti dall’Oriente a Betlemme dopo i Pastori, erano persone che andavano alla ricerca di Dio sulle tracce di Abramo, che aveva acconsentito che la voce di Dio lo chiamasse e per amor suo si era fatto pellegrino, si era messo in cammino

I Magi non erano sicuramente né maghi intenzionati a impossessarsi di  Dio e del mondo, né astronomi nel significato che oggi la scienza dà a questo termine, né astrologi desiderosi di sondare i misteri del futuro e di
vendere la conoscenza che ne avrebbero potuto trarne. Erano persone che andavano in cerca della vera luce che ci induca la strada sulla quale dobbiamo camminare, vivere nella nostra vita. Erano persone convinte che la firma di Dio è riportata nella creazione e che noi dobbiamo e possiamo tentare di decifrarla. Che a noi è dato di trovare le tracce di Dio e farci guidare anche da una stella fuori dell’ordinario per arrivare alla vera vita. Erano sulle tracce di Abramo la cui notizia si era diffusa in Oriente, che aveva acconsentito a che la voce di Dio (e Dio disse ad Abramo) lo chiamasse. Erano persone dal cuore irrequieto, alle quali non bastava la carta geografica e il puro e semplice sapere erudito per mettersi in cammino, che cercavano invece l’autentica saggezza che insegnasse loro come  si deve vivere, come si fa ad essere uomini. Ma a Gerusalemme che uomini discendenti da Abramo che alla voce di Dio si è fatto pellegrino trovarono?
Prima di tutto, Erode. Egli è senz’altro interessato al bambino, ma non per adorarlo, come egli afferma, bensì per eliminarlo. Erode è l’uomo di potere, che nell’altro riesce solo a vedere il rivale. Considera anche Dio come un rivale, anzi, come il rivale più pericoloso, che vorrebbe togliere agli uomini la volontà individuale e non vuole riconoscere loro la possibilità di disporre di sé come meglio credono. Perciò per lui Dio deve essere eliminato e le persone devono essere ridotte a semplici pedine nel gioco di potere che lui, Erode, sta tramando. E’ facile per noi giudicare negativamente un sovrano storicamente così brutale, ma in questo momento nell’ascolto della Parola di Dio dovremmo chiederci se non ci sia qualcosa di Erode anche in noi. Se anche noi consideriamo Dio onnipotente un rivale che riduce la possibilità di disporre della vita a nostra piacimento. I Magi, questi uomini dell’Oriente come i Pastori ebrei giungono a riconoscere che l’amore misericordioso di Dio non ci toglie niente, non ci minaccia, ma anzi è la sola cosa che ci offre lo spazio in cui possiamo realmente essere liberi e quindi essere amati, amare, vivere e sperare.
Per quanto riguarda gli abitanti di Gerusalemme: erano persone come noi, tra loro c’erano dei buoni e dei cattivi. A loro bastavano le preoccupazioni, le fatiche e le piccole gioie della vita di tutti i giorni. Non avevano tempo  forse di guardare più in alto e consideravano strani i Magi. Anche a noi succede spesso di affogare nel tran tran quotidiano e di non voler aspirare a cose più grandi e più elevate, al cammino che conduce a Dio. Abbiamo si bisogno delle speranze – più piccole e più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino come la salute, il lavoro, il benessere. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere.
Infine a Gerusalemme i Magi incontrano gli eruditi, i teologi, gli specialisti della Sacra Scrittura che sanno tutto su di essa, che ne conoscono ogni possibile interpretazione, che sono in grado di citarne a memoria ogni passo e che pertanto sono davvero di aiuto ai Magi in ricerca. Ma essi sono guide per gli altri. Indicano la via, ma restano fermi. In fondo per essi la Scrittura, la fede era solo un atlante per la loro curiosità, una quantità di concetti da passare al vaglio e sui quali discutere come è il rischio dell’ora di religione per i nostri ragazzi. E di nuovo oggi la domanda è rivolta anche a noi: non siamo tentati di ritenere la Sacra Scrittura, la fede della Chiesa, le religioni nel mondo, più un oggetto di discussione a tavola, al caffè che una via, la via che conduce alla grande speranza in virtù della quale possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, drammatico, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. Cristo non ha voluto la Chiesa perché discutesse la parola di Dio, ma perché fosse un luogo in cui quella parola che ci dice che cosa è un uomo e come può diventare retto, la verità cioè Dio che possiede un volto umano e che ci ha amato sino alle fine, che è la via e che perciò interpelli la nostra esistenza e riceva una risposta appropriata nella vita e nel cammino condivisi fraternamente con gli altri. I Magi hanno dovuto subire di essere visti come estranei, stravaganti, non facenti parte della cultura di quella società non certo interessata all’icona del presepio di Betlemme. Ma per i Magi non era importante quello che la gente diceva sul loro conto. Per essi importante era quello che era vero e dà vita autentica e per questo prendevano di buon grado su di sé le beffe della gente. 
E giunsero a constatare che colui che ha creato il mondo, che ha dato loro il segno di una stella fuori dell’ordinario è nato a Betlemme e offrirono segni simbolici oro, incenso, mirra, non certo utili per un bambino appena nato. E noi siamo qui convenuti nella festa dell’Epifania per la fede che colui che è nato a Betlemme, che hanno trovato i Magi, nell’eucarestia, nella celebrazione della Messa dimora in mezzo a noi, è lo stesso Dio vivente che ha parlato ad Abramo, che ci chiama e ci vuole per la grande speranza da vivere, da annunciare a tutti coloro che incontriamo, a tutti i popoli. 

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