Solo l'umanesimo ebraico-cristiano - s ostanziato dagli apporti culturali greco-romani, germanici, celti, slavi - può salvare la civiltà occvidentale

 

Ho 88 anni, 62 di ministero sacerdotale e mi trovo da qualche anno nella Casa di riposo per sacerdoti a Negrar. Sto passando due anni di clausura per la pandemia e ringrazio il Signore per la gioia di rivivere momenti particolari, in questo momento soprattutto i nove anni, dal 1976 al 1985, come Direttore del Centro culturale Giuseppe Toniolo.

Veramente la Provvidenza mi fatto un cammino di preparazione. Nel 1972 ho dovuto lasciare per malattia la direzione dello Studio teologico San Zeno per la Casa di cura vicino all'Università Cattolica di Milano. Ero vicino anche alle Suore orsoline di San Carlo prossime a sant'Ambrogio dove veniva alla Messa la professoressa Sofia Vanni Rovighi. Guarito fui ospite delle suore celebrando ogni giorno e incontrando l'illustre insegnante di filosofia che, ascoltandomi nelle omelie, mi disse: "Hai fatto teologia a Venegono, fa filosofia alla Cattolica". Erano anni di grande tensione e per me un cammino meraviglioso.

Nel 1974 Mons. Giuseppe Carraro, che aveva dettato gli esercizi a Paolo VI, fu invitato al Sinodo sull'Evangelizzazione del mondo contemporaneo nel mese di ottobre del 1978 e mi invitò a seguirlo. Relatore di introduzione il card. Wojtyla, presente con la dottoressa Poltascha e un gruppo di polacchi. È nata una amicizia che non è più venuta meno. Quante sere passate sulla rotta non solo marxista ma anche dell'occidente secolarizzati sul naufragio della nostra civiltà. E il Sinodo sull'Evangelizzazione poteva contribuire ad arrestarla soltanto da un pieno recupero, da una piena e condivisa riappropriazione in essa delal concezione ebraico-cristiana dell'uomo, con tutto il patrimonio che la contraddistingue.

I Padri sinodali puntavano non ad una esortazione post-sinodale ma sinodale e nella notte del 28 ottobre sono stati in piedi fino alle 5, concludendo: "Diamo a Paolo VI tutto il materiale per una esortazione post-sinodale". Paolo VI chiese a Carraro chi lo poteva aiutare e Carraro suggerì Wojtyla, offrendogli con le Orsoline la passibilità di rimanere e di scrivere la "Evangeli nuntiandi", pubblicata l'8 dicembre del 1985 a dieci anni dalla conclusione del Concilio. Mi laureai nel 1976 e dal 1975 al 1976 preparammo con Carraro la fondazione del Toniolo, partendo da "Esiste una cultura cristiana e appunto nella Nuova Evangelizzazione solo l'umanesimo ebraico-cristiano – sostanziato dagli apporti culturali greco-romani, germanici, celti, slavi – ha consentito e consentono la nascita, la crescita, l'espansione, la durata della civiltà occidentale. Qualsiasi alternativa a esso nella sua origine e finalità divina è impossibile, in quanto non esiste un universalismo alternativo a quello che la storia dell'Occidente ha prodotto. Le dottrine che hanno cercato di contrapporsi a esso sfociano inevitabilmente nel relativismo, incompatibile con l'essenza e con la sopravvivenza della civiltà che lo ha generato.

La vittoria del relativismo contemporaneo segnerebbe La definitiva disgregazione dell'Occidente, destinato ad essere fagocitato, molto prima di quello che pensiamo, da altre civiltà impermeabili ai suoi principi e più saldamente ancorate alla propria identità. In tal caso tutta l'eredità culturale, artistica religiosa, filosofica, politica, giuridica occidentale sarebbe ben presto spazzata via.

La rotta che sta portando al naufragio la nostra civiltà potrebbe essere arrestata soltanto da un pieno recupero, da una piena e condivisa riappropriazione in essa della concezione ebraico-cristiana dell'uomo, con tutto il patrimonio genetico che la contraddistingue.

Un contributo del Toniolo a tale riscoperta non rappresenterebbe affatto la rinuncia al patrimonio del razionalismo, del metodo scientifico, del sapere critico, della laicità, dell'illuminismo, ma all'opposto la loro piena valorizzazione e comprensione all'interno di una vicenda storica dotata di senso per l'origine e la finalità divina: quella appunto, fondata sull'uomo come valore assoluto, non negoziabile, essere integralmente razionale e libero.

Un altro dono della Provvidenza l'ho avuto nel 1966. Carraro era in difficoltà con i Biblisti nell'interpretazione della Dei Verbum considerata unica fonte, mentre lui insisteva Bibbia e Tradizione, e mi ha mandato dal Preside della Facoltà di Venegono. E quando m'ha visto e sentito il motivo: "Bene, c'è qui Ratzinger e ti può aiutare". Ho passato due ore con la soluzione: ispirata ontologicamente solo la Bibbia, con l'assistenza necessaria della Tradizione. Ma poi abbiamo affrontato la sua severa diagnosi sull'"odio di sé dell'Occidente" e sull'avvento della "dittatura del relativismo".

Nel discorso L'Europa nella crisi delle culture, tenuto a Subiaco nell'aprile del 2005, poche settimane prima della sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger ricordava che l'Europa "è stata il continente cristiano" in quanto "il cristianesimo, fin dal principio, ha compreso sé stesso come la religione del logos, come la religione secondo ragione". Il cristianesimo ha dunque rappresentato l'origine e la finalità della civiltà europea, quelal che ha dato a essa una veste dell'universalità, e le ga consentito di essere "traducibile" in ogni linguaggio.

Quando, invece, la cultura europea dell'epoca moderna ha preteso di sviluppare "una razionalità puramente funzionale", che "esclude Dio (principio e fine della civiltà) dalla coscienza pubblica", isterilita in un uso strumentale e amorale del mondo visibile in base a calcolo ed esperimenti, essa ha suscitato al proprio interno contraddizioni insanabili, negando appunto le proprie radici, la propria finalità e la propria natura autentica di civiltà:

Essa taglia coscientemente le proprie radici storiche privandosi delle forze sorgive dalle quali essa stessa è scaturita, quella memoria fondamentale dell'umanità, per così dire, senza la quale la ragione perde l'orientamento. Infatti adesso vale il principio che la capacità dell'uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare...

Il relativismo, che costituisce il punto di partenza di tutto questo, diventa così un dogmatismo che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione, e in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell'umanità in fondo superato.

Su tale base, Ratzinger, concludeva con un appello ai laici per la ricongiunzione tra ragione e cristianesimo:

Dovremmo allora capovolgere l'assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell'accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita 'veluti si deus daretur', come se Dio ci fosse. Questo è il consiglio che già Pascal dava agli amici non credenti; è il consiglio che vorremmo dare anche oggi ai nostri amici che non credono. Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno.

E a questo sguardo indirizzato sull'infinito si fondano i principi fondamentali che sostengono la convivenza in società dove le libertà civili e politiche vengono salvaguardate, a cominciare dalla vita fin dal concepimento:

Sulla base della convinzione circa l'esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l'idea dei diritti umani, l'idea dell'uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell'inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona fin dal concepimento e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come un mero passatempo  sarebbe un'amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza.

Ma per essere storicamente efficace la piena riappropriazione del patrimonio di civiltà occidentale questo non può avvenire certo a comando, in maniera soltanto esteriore. E devo riconoscere che i risultati non hanno soddisfatto tanto da essere mandato nel 1985 parroco a Torri del Benaco. Un risultato c'è stato, però, nel 1981 con il referendum sull'aborto: mentre a livello nazionale l'opposizione è stata del 32%, a Verona il 78%.

 

 

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