Il tentativo pastorale di Papa Francesco di tenere insieme componenti laiche e cattoliche
Eugenio Capozzi, in "L'autodistruzione dell'Occidente da pag.25 a pag. 30"
L'idea di un "post-Occidente": Chiesa bergogliana e cultura laicista
Uno tra gli aspetti più interessanti in tale dinamica sta però nel fatto che l'appello di Morin al "nuovo umanesimo" sia stato ripreso – oltre che da altri intellettuali progressisti – proprio dalla più alta autorità religiosa e cristiana mondiale: papa Francesco, pontefice della Chiesa cattolica.
Quest'ultimo ha più volte fatto appello, fin dai primi tempi del suo pontificato, a una convergenza tra impostazioni religiose e culture diverse per affrontare i problemi più pressanti dell'umanità, e in primis proprio quello ambientale, posto al centro della sua attenzione con la sua prima enciclica, la Laudato sì del 2015.
In essa papa Bergoglio, a partire dalla consolidata riflessione cattolica su quella che è stata chiamata "ecologia integrale", esprimeva l'esigenza per i cristiani, in nome della custodia della Terra come "casa comune", di contribuire a una convergenza pluriculturale su soluzioni per la salvezza del pianeta, minacciato da una sconsiderata e irresponsabile incuria dell'uomo:
La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale […] Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti (pp.14-15)
Successivamente, il pontefice ha ulteriormente sottolineato la sua convinzione della necessità per la Chiesa di farsi promotrice di un dialogo interconfessionale e interculturale a tutto campo per combattere tanto gli squilibri ambientali quanto quelli economici e sociali, oltre ai conflitti religiosi ed etnici.
Questo sforzo di costruire una koiné globale ha determinato una convergenza di fatto con le considerazioni di Morin, le cui idee erano probabilmente già note al papa all'epoca della prima enciclica. Significativamente il 26 giugno 2019 il filosofo francese ha tenuto una conferenza a Roma all'ambasciata francese presso la Santa Sede, in cui ha parlato della convergenza tra il proprio pensiero e quello del pontefice. E il giorno dopo, il 27 giugno, è stato ricevuto in udienza privata dallo stesso Francesco.
Il 12 settembre successivo il papa ha pubblicato un messaggio in cui, rifacendosi alle argomentazioni esposte nell'enciclica ma anche evidentemente alla riflessione di Morin, lanciava un "Patto educativo globale", annunciando che nel maggio 2020 si sarebbe tenuto a Roma un evento dedicato al tema, destinato in primo luogo alle giovani generazioni.
Nel messaggio, Bergoglio auspicava "un'ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un'umanità fraterna". E proponeva di "costruire un 'villaggio dell'educazione' dove, nella diversità, si condivida l'impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte", per "un'alleanza tra gli abitanti della Terra e la 'casa comune', alla quale dobbiamo cura e rispetto […] generatrice di pace, giustizia e accoglienza tra tutti i popoli della famiglia umana nonché di dialogo tra le religioni", e per "costruire un tessuto di relazioni con le famiglie, tra le generazioni e con le varie espressioni della società civile, così da comporre un nuovo umanesimo".
Si trattava, come si vede, di un progetto che guardava esplicitamente a un minimo comune denominatore di principi etico-politici al di là delle differenze religiose, culturali, di civiltà, di costume e tradizioni, nella persuasione che soltanto in tale prospettiva sincretista la governance globale possa trovare risposte costruttive: nel senso della collaborazione piuttosto che del conflitto insanabile, e nel senso della cura, appunto per i "beni comuni", cioè le risorse e l'ambiente terrestre, a fini di promozione una "integrale".
Il presupposto sottinteso dell'iniziativa di papa Francesco era, evidentemente, che la cultura occidentale non è sufficiente a tale scopo, così come non lo è il cristianesimo. Ciò benché egli avesse precedentemente sottolineato come proprio la figura concreta di Cristo sia il necessario riferimento di quel concetto, in quanto in Lui si riassume l'autentico amore per ogni essere umano: affermazione che per motivi diversi sembrava riprendere l'idea maritainiana di umanesimo integrale.
La risposta a questa apparente contraddizione si può forse ritrovare nell'idea che l'umanesimo cristiano in quanto tale non sia automaticamente comprensibile a popoli di cultura e religione diverse, e che dunque l'urgenza di affrontare le "molteplici crisi" connesse al mondo globalizzato e al "futuro del pianeta" non possono essere trovate in quel patrimonio storicamente accumulato di fede, pensiero, scienza, diritto, istituzioni. Quest'ultimo deve essere, a suo avviso, trasceso per sperimentare nuove soluzioni, attingendo a diverse radici. Questo è il punto in cui la sua riflessione confluisce con quella laica di Morin.
L'evento mondiale annunciato dal papa non si sarebbe poi tenuto, a causa delle restrizioni legate alla pandemia di Covid-19. Ma l'aspirazione alla costruzione di un percorso verso una koiné globalista, che in quella idea si esprimeva, ha continuato a caratterizzare i pronunciamenti pubblici e gli atti ufficiali del pontefice, fino all'enciclica Fratelli tutti, pubblicata nell'ottobre 2020.
Nel frattempo, è interessante notare come la formula del "nuovo umanesimo" eserciti un influsso, tra gli altri, anche sul linguaggio della politica. Ne è testimonianza, tar l'altro, la menzione di essa da parte del presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte nei suoi discorsi pubblici, e in particolare il 29 agosto 2019 al Quirinale, nella conferenza stampa tenuta dopo l'accettazione del suo secondo incarico come capo dell'esecutivo dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, la richiamava come una sorta di nucleo programmatico per la sua azione, chiosando: "Non ho mai pensato che fosse lo slogan di un governo. Ho sempre pensato che fosse l'orizzonte ideale per un intero Paese". La formula del "nuovo umanesimo" è stata in seguito ripresa dal premier italiano, significativamente, nel discorso tenuto ad Assisi il 4 ottobre 2020 in occasione della celebrazione del patrono d'Italia, di cui il pontefice porta il nome, come a sottolineare la consonanza con l'ispirazione bergogliana.
Si tratta – con qualsiasi modo si voglia valutare la strategia personale di Conte e quella della sua coalizione politica – di un segno della circolazione delle idee messe in circolo da Morin e da papa Francesco nelle classi dirigenti europee, soprattutto come collante di schieramenti progressisti, europeisti e globalisti che puntano a tenere insieme componenti laiche e cattoliche.
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