Domenica XII del tempo Ordinario
Il Vangelo di questa Domenica ci libera dalle tentazioni di
rinnegare la fede e ci dà il coraggio di rafforzala donandola a chi attirato
l’accoglie liberamente cioè
per amore
La morte di Gesù, che la messa riattualizza per noi, è una
vittoria sulla morte, che poi si completa completamente con la resurrezione.
“Cristo risorto dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di Lui”
(Rm 6,9) e quindi su di noi. La testimonianza dei martiri, che in questi tempi
attraverso la televisione abbiamo potuto vedere, ci ha mostrato la
consapevolezza di partecipare con
coraggio alla passione di Gesù per aver parte anche alla Sua
resurrezione.
E Gesù ci ripete: “Non abbiate paura di quelli che uccidono
il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che
ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nell’ogni male senza alcun
bene, cioè nella Geenna, nell’inferno”. Gesù, con l’ascolto di Lui che ci
parla, ci fa vincere la paura per mezzo di una paura più grande: ci fa vincere
la paura degli uomini, dei persecutori, che uccidono il corpo, con il santo
timore di Dio, che veramente ha il potere di far perire e l’anima e il corpo
nella Geenna.
Il santo timore di Dio, cioè di non voler più il Suo amore,
ha aiutato molto i martiri. San Giustino, quando fu processato e il giudice lo
minacciò di tormenti, diceva di non temere i tormenti, ma solo di perdere la
fonte di ogni bene, cioè Dio. E’ il santo timore di Dio che dà forza. Forse noi
oggi non coltiviamo abbastanza il santo timore di Dio, cioè il senso della Sua
potenza e della Sua santità. Perciò dobbiamo recuperarlo, perché è una grande
forza per non soccombere nelle tentazioni.
Il timore di Dio è la consapevolezza che Lui è il Donatore
divino di ogni essere dono, che non può accettare alcuna infedeltà e vigliaccheria
da parte nostra. Quando la persecuzione ci minaccia, la tentazione della
vigliaccheria è molto grande; spontaneamente ognuno è tentato di fuggire, di
evitare la persecuzione o almeno l’essere preso in giro. Ma questo comportamento
fa perire ciò che di più importante c’è in noi, cioè l’anima del corpo, rompe
la nostra relazione filiale con Dio, la relazione fraterna con Cristo e perfino
ci rende indifferenti nella relazione con tutti gli altri.
Il legame con Gesù, la consapevolezza di essere importanti
agli occhi di Dio innamorato di ciascuno di noi ci dà una grandissima gioia e
anche una grande libertà.
Nella prima lettura il profeta Geremia affida al Signore la
sua causa e anche la punizione dei suoi persecutori: “Signore degli eserciti,
che provi il giusto e scruti il cuore e la mente, a Te ho affidato la mia
causa!”.
Ma i martiri cristiani non parlano di vendetta sull’esempio
di Gesù, il quale, invece di invocare la vendetta su quelli che Lo
crocifiggevano, ha invocato il perdono; ha detto: “Padre, perdonali, perché non
sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Sull’infinitesimo della loro ignoranza Egli
costruisce l’amore del Padre ed è questo l’atteggiamento che invochiamo anche
noi proprio come Stefano, che, invece di invocare la vendetta su coloro che lo
lapidavano, ha detto: “Signore, non imputare loro questo peccato!” (At 7, 60).
Come è da liberi subire tanti elementi di persecuzione senza
nessun sentimento di odio, anzi, pregando per la conversione. Gesù ha detto:
“Pregate per quelli che vi maltrattano” e non cedete alla tentazione di
provocare il male ad altre persone.
Questo ci fa crescere nella fede, nella speranza e
nell’amore. È il messaggio della liturgia di oggi che ci libera dalla
tentazione di rinnegare la fede di fronte alle difficoltà, ci dà il coraggio di
testimoniarla, rimanendo fedeli all’amore di Dio. Invochiamo la Regina dei
martiri per avere sempre questo coraggio.
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