Domenica II di Quaresima

Incontrare oggi, ascoltare Cristo è l’unica via che conduce alla pienezza della gioia e dell’amore

Soprattutto nel cammino quaresimale come figli nel Figlio fin dal Battesimo il Signore sempre parla a chi si mette in ascolto cioè in preghiera, in atteggiamento penitenziale di conversione verso il sacramento pasquale della Riconciliazione cioè della risurrezione. Ce lo ricorda la pagina di questa seconda Domenica, riproponendo la memoria della trasfigurazione di Gesù con i tre, Pietro, Giacomo e Giovanni, in preghiera sul monte Tabor. I monti per Gesù sono luoghi di particolare vicinanza con Dio: il
monte della tentazione che abbiamo rivissuto domenica scorsa, il monte della sua grande predicazione, il monte della preghiera, il monte della Trasfigurazione, il monte dell’angoscia, il monte della Croce e infine il monte  dell’Ascensione; su di esso il Signore – in opposizione  con l’offerta del dominio sul mondo in virtù del potere del demonio – dichiara: “A me è stato dato ogni potere nella zona di Dio cioè in cielo e in terra” (Mt 28,18). Sullo sfondo si stagliano però anche il Sinai, l’Oreb, il Moria – i monti della Rivelazione e, dal canto loro, rimandano anche al monte del Tempio su cui la rivelazione diventa liturgia, tocco sacramentale di Dio.
Mentre stavano attoniti al cospetto del Signore trasfigurato che discorreva con Mosè ed Elia, Pietro Giacomo e Giovanni furono ad un tratto avvolti da una nube, dalla quale uscì una voce che proclamò: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo” (Mc 9,7). Si ripete la scena del Battesimo di Gesù, quando il Padre stesso dalla nube aveva indicato Gesù come Figlio nello Spirito Santo: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1,11).
A questa solenne proclamazione della dignità filiale si aggiunge però l’imperativo: “Ascoltatelo!”. Sul monte Sinai Mosè aveva ricevuto la Legge, la parola d’insegnamento di Dio, continuata da Isaia. Gesù è la stessa Legge e per noi la morale è lasciarci assimilare a Cristo, imparare pregando e agendo sempre di nuovo: “Ascoltatelo!”, congiungete all’udire nella preghiera l’ubbidire nella vita cioè tentare di fare sempre ciò che piace a chi ci ama senza misura, fino al di più del perdono, per amare con il suo amore.
Capita nella preghiera che diventa vita brevi momenti di fervore, di serenità di pace, di grazia provando anche sensibilmente una forte esperienza di Dio: è come se si vivesse qualcosa di analogo a quanto avvenne per i tre discepoli in preghiera con Gesù durante pochi minuti di trasfigurazione: per un momento si pregusta qualcosa di ciò che costituirà la beatitudine del Paradiso. Si tratta in genere di brevi esperienze, che Dio a volte concede, specialmente in vista di dure prove. A nessuno, però, è dato di vivere in continuità “sul Tabor” mentre si è su questa terra. L’esistenza umana infatti è una lotta,  è un cammino di fede e, come tale procede più nella penombra che in piena luce, non senza momenti di oscurità e anche di buio fitto. Finché siamo nel “non ancora”, il nostro rapporto con Dio avviene più nell’ascolto che nella visione; e la stessa contemplazione si attua, per così dire, ad occhi chiusi, grazie alla luce interiore accesa in noi dalla Parola di Dio e dal tocco sacramentale nella liturgia e nell’esistenza. Una luce che ha però momenti di trasfigurazione anche nelle tribolazioni.
La stessa Vergine Maria, pur essendo tra tutte le creature umane la più vicina a Dio, ha camminato giorno dopo giorno come in un pellegrinaggio della fede che cresce (LG 58), custodendo e meditando costantemente nel suo cuore la Parola che Dio le volgeva, sia attraverso le Sacre Scritture sia mediante gli avvenimenti, i tocchi della vita del suo Figlio, nei quali riconosceva e accoglieva la sacramentale, misteriosa voce del Signore, del Figlio di Dio. Ecco allora il dono e l’impegno per ognuno di noi nel cammino quaresimale: ascoltare Cristo, come Maria, a cominciare dalla sua presenza eucaristica con la Messa più volte la settimana e dai suoi atti, dai sacramenti, la confessione in particolare. Ascoltarlo nella sua Parola, custodita nella Sacra Scrittura. Ascoltarlo e toccarlo nella partecipazione liturgica e negli eventi stessi della nostra vita, delle nostre amicizie, cercando di leggere in essi i messaggi della paternità divina che vede e provvede per i figli nel Figlio, nei battezzati. Ascoltarlo, infine in tutti gli esseri umani che egli ama, specialmente nei piccoli a rischio e nei poveri, nella cui carne Gesù stesso domanda il nostro amore concreto. Ascoltare Cristo e ubbidire alla sua voce ci trasfigura: è questa la via maestra, l’unica, che conduce alla pienezza della gioia e dell’amore.



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