San Giuseppe Cafasso

San Giuseppe Cafasso ricorda ai sacerdoti l’importanza di dedicare tempo al Sacramento della Riconciliazione e alla direzione spirituale

“Mi piace ricordare che il Papa Pio XI, il 1 novembre 1924, approvando i miracoli per la canonizzazione di san Giovanni Maria Vianney e pubblicando il decreto di autorizzazione per la beatificazione del Cafasso, accostò queste due figure di sacerdoti con le seguenti parole: “Non
senza una speciale e benefica disposizione della Divina Bontà abbiamo assistito a questo sorgere sull’orizzonte della Chiesa cattolica di nuovi astri, il parroco d’Ars, ed il Venerabile Servo di Dio, Giuseppe Cafasso. Proprio queste due belle, care, provvidamente opportune figure ci si dovevano oggi presentare; piccola e umile, povera e semplice, ma altrettanto gloriosa la figura del parroco d’Ars, e l’altra bella, grande, complessa, ricca figura di sacerdote, maestro e formatore di sacerdoti, il Venerabile Giuseppe Cafassso”. Si tratta di circostanze che ci offrono l’occasione per conoscere il messaggio, vivo e attuale, che emerge dalla vita di questo santo. Egli non fu parroco come il curato d’Ars, ma fu soprattutto formatore di parroci e preti diocesani, anzi di preti santi, tra i quali san Giovanni Bosco. Non fondò, come gli altri santi dell’Ottocento piemontese, istituti religiosi, perché la sua “fondazione” fu la “scuola di vita e santità sacerdotale” che realizzò con l’esempio e l’insegnamento, nel “Convitto Ecclesiastico di S. Francesco d’Assisi” a Torino.
Giuseppe Cafasso nasce a Castelnuovo d’Asti, lo stesso paese di san Giovanni Bosco, il 15 gennaio 1811. E’ il terzo di quattro figli. L’ultima, la sorella Marianna, sarà la mamma del beato Giuseppe Allamano, fondatore dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Nasce nella Piemonte ottocentesca caratterizzata da gravi problemi sociali, ma anche da tanti Santi che si impegnavano a porvi rimedio. Essi sono legati tra loro da un amore totale a Cristo e da una profonda carità verso i più poveri: la grazia del Signore sa diffondere e moltiplicare i semi di santità. Il Cafasso compì gli studi secondari e il biennio di filosofia nel Collegio di Chieri e, nel 1830, passò al Seminario teologico, dove, nel 1833, venne ordinato sacerdote. Quattro mesi più tardi fece il suo ingresso nel luogo che per lui resterà la fondamentale ed unica “tappa” della sua vita sacerdotale: “il “convitto Ecclesiastico di S. Francesco d’Assisi” a Torino. Entrato per perfezionarsi nella pastorale, qui egli mise a frutto le sue doti di direttore spirituale e il suo grande spirito di carità. Il Convitto, infatti, non era soltanto una scuola di teologia morale, dove i giovani preti, provenienti soprattutto dalla campagna, imparavano a confessare e a predicare, ma era anche una vera e propria scuola di vita sacerdotale, dove i presbiteri si formavano nella spiritualità di sant’Ignazio di Loyola e nella teologia morale e pastorale del grande Vescovo sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Il tipo di prete che il Cafasso incontrò al Convitto e che egli stesso contribuì a rafforzare soprattutto come Rettore – era quello del vero pastore con una ricca vita interiore e un profondo zelo nella cura pastorale: fedele nella preghiera, impegnato nella predicazione, nella catechesi, dedito alla celebrazione dell’Eucaristia e al ministero della Confessione, secondo il modello incarnato da san Carlo Borromeo, da san Francesco di Sales e promosso dal Concilio di Trento. Una felice espressione di san Giovanni Bosco, sintetizza il senso del lavoro educativo in quella Comunità: “al Convito si imparava ad essere preti”.
San Giuseppe Cafasso cercò di realizzare questo modello nella formazione dei giovani sacerdoti, affinché a loro volta, diventassero formatori di altri preti, religiosi e laici, secondo una speciale ed efficace catena. Dalla sua cattedra di teologia morale educava ad essere buoni confessori e direttori spirituali, preoccupati del vero bene spirituale della persona, animati da grande equilibrio nel far sentire la misericordia di Dio e, allo stesso tempo, un acuto senso del peccato. Tre erano le virtù principali del Cafasso docente, come ricorda san Giovanni Bosco: calma, accortezza e prudenza. Per lui la verifica dell’insegnamento trasmesso era costituita dal ministero della confessione, alla quale egli stesso dedicava molte ore della giornata: a lui accorrevano vescovi, sacerdoti, religiosi, laici eminenti e gente semplice:a tutti sapeva offrire il tempo necessario. Di molti, poi, che divennero santi e fondatori di istituti religiosi, egli fu sapiente consigliere spirituale. Il suo insegnamento non era mai astratto, basato soltanto sui libri che si utilizzavano in quel tempo, ma nasceva dall’esperienza viva della misericordia di Dio e dalla profonda conoscenza dell’animo umano acquisita nel lungo tempo trascorso in confessionale e nella direzione spirituale: la sua era una vera scuola di vita sacerdotale.
Cari fratelli e sorelle, san Giuseppe Cafasso sia un richiamo per tutti ad intensificare il cammino verso la perfezione della vita cristiana, la santità; in particolare, ricordi ai sacerdoti l’importanza di dedicare tempo al Sacramento della Riconciliazione e alla direzione spirituale, e a tutti l’attenzione che dobbiamo avere verso i più bisognosi. Ci aiuti l’intercessione della Beata Vergine Maria, di cui san Giuseppe Cafasso era devotissimo e che chiamava “la nostra cara Madre, la nostra consolazione, la nostra speranza” (Benedetto XVI, Udienza Generale, 30 giugno 2010).

A questa scuola sono accaduti – come ricorda in una preghiera al Santo Curato d’Ars di Paolo VI - presbiteri, ministri e dispensatori dei misteri di Dio, caratterizzati da un cuore nuovo, capace di avvertire come una sorprendente rivelazione il sacramento da loro ricevuto, rispondendo sempre con freschezza nuova ai doveri incessanti del loro ministero verso il Corpo Eucaristico   e  il corpo Mistico, con una attenzione straordinaria verso i più bisognosi.
Ministri, discepoli e apostoli di Cristo Signore rivelano un cuore puro, allenato ad amare Lui solo, con la pienezza, con la gioia, con la profondità che Egli solo sa infondere. San Giuseppe Cafasso sapeva formare preti con un cuore puro, che non conosca il male se non per definirlo nel confessionale e nella direzione spirituale; un cuore puro, come quello di un fanciullo capace di entusiasmarsi e di trepidare nel ministero: un cuore grande aperto alla silenziosa e potente parola ispiratrice e chiuso ad ogni meschina ambizione, alieno da ogni miserabile competizione umana e tutta pervaso dal senso della santa Chiesa; un cuore grande e avido d’eguagliarsi a quello del Signore Gesù; un cuore grande e forte nell’amare tutti, a tutti servire, per tutti soffrire; grande e forte nel sostenere ogni tentazione, ogni prova, ogni noia, ogni stanchezza, ogni delusione, ogni offesa; un cuore costante fino al sacrificio, solo beato di palpitare con il cuore di Cristo, e di compiere umilmente, fedelmente, virilmente la divina volontà. Questa la tensione ideale condivisa alla scuola di questi santi preti nel tentare e ritentare con fiducia e speranza anche oggi.

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