Libertà e volontà, intelletto‏

L’amore supera la conoscenza ed è capace di percepire sempre di più del pensiero, ma è sempre l’amore di Dio “logos – amore

Duns Scoto ha sviluppato un punto a cui la modernità è molto sensibile. Si tratta del tema della libertà e del suo rapporto con la volontà e con l’intelletto. Il nostro autore sottolinea la libertà come qualità fondamentale della volontà, iniziando una impostazione di tendenza volontaristica, che si sviluppò in contrasto con il cosi detto intellettualismo agostiniano a e tomista. Per san Tommaso d’Aquino, che segue sant’Agostino, la libertà non può
considerarsi una qualità innata della volontà, ma il frutto della collaborazione della volontà e dell’intelletto. Un’idea della libertà innata e assoluta collocata nella volontà che precede l’intelletto, sia in Dio che nell’uomo, rischia, infatti di condurre all’idea di un Dio che non sarebbe legato neppure alla verità e al bene. Il desiderio di salvare l’assoluta trascendenza e diversità di Dio con una accentuazione così radicale e impenetrabile della sua volontà non tiene conto che il Dio che si è rivelato in Cristo è il Dio “logos”, che ha agito e agisce pieno di amore verso di noi. Certamente, come afferma Duns Scoto nella linea della teologia francescana, l’amore supera la conoscenza ed è capace di percepire sempre di più del pensiero, ma è sempre l’amore del Dio “logos”. Anche nell’uomo l’idea di libertà assoluta, collocata nella volontà, dimenticando il nesso con la verità, ignora che la sua libertà deve essere libertà dei limiti che le vengono dal peccato.
Parlando ai seminaristi romani – l’anno scorso – ricordavo che “la libertà in tutti i tempi è stata il grande sogno dell’umanità, sin dagli inizi, ma particolarmente nell’epoca moderna.”. Però, proprio la storia moderna, oltre alla nostra esperienza quotidiana, ci insegna che la libertà è autentica, e aiuta alla costruzione di una civiltà veramente umana, solo quando è riconciliata con la verità Se è sganciata dalla verità, la libertà diventa tragicamente principio di distruzione dell’armonia interiore della persona umana, fonte di prevaricazione dei più forti e dei violenti, e causa di sofferenze e di lutti. La libertà, come tutte le facoltà di cui l’uomo è dotato, cresce e si perfeziona, afferma Duns Scoto, quando l’uomo si apre a Dio, valorizzando quella disposizione all’ascolto della Sua voce, che egli chiama potentia oboedientialis: quando noi ci mettiamo in ascolto della Rivelazione divina, della Parola di Dio, per accoglierla, allora siamo raggiunti da un messaggio che riempio di luce e di speranza la nostra vita e siamo veramente liberi.
Cari fratelli e sorelle, il beato Duns Scoto ci insegna che nella nostra vita l’essenziale è credere che Dio ci è vicino e ci ama in Cristo Gesù, e coltivare, quindi, un profondo amore a Lui e alla sua Chiesa. Di questo amore noi siamo i testimoni su questa terra. Maria Santissima ci aiuti a ricevere questo infinito amore di Dio di cui godremo pienamente in eterno nel Cielo, quando finalmente la nostra anima sarà unita per sempre a Dio, nella comunione dei santi” (Benedetto XVI,  Udienza Generale, 7 luglio 2010).

La nuova evangelizzazione deve affrontare una duplice crisi:
-         la sfiducia riguardo alla possibilità, per l’uomo, di conoscere la verità su Dio e sull’uomo stesso per la radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza della cultura moderna, che era una rivendicazione della centralità dell’uomo e della sua libertà. L’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso.
-         I dubbi che le scienze moderne, naturali e storiche, sollevano riguardo ai contenuti e alle origini del cristianesimo.
La gravità e il carattere radicale di una simile crisi si comprendono alla luce di quella che è la natura propria del cristianesimo. E’ certamente vero che esso non è anzitutto “una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Deus caritas est, n.1), ma è altrettanto vero che l’opzione per il logos cioè per la verità o realtà in tutti gli ambiti, e non per il mito, ha caratterizzato fin dall’inizio lo stesso cristianesimo.
Ogni persona umana, però, non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza, ma sensibilità, volontà cioè libertà. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere dono del Donatore divino, il bisogno di amore, di essere amata  e di amare a sua volta. Ritorna dunque, insistente, la domanda se nella nostra vita ci possa essere uno spazio sicuro per l’amore autentico, una domanda cui la ragione da sola non riesce a rispondere senza la fede. Qui, molto più di un ragionamento umano, ci soccorre la novità sconvolgente della rivelazione biblica: il Creatore del cielo e della terra, l’unico, l’Essere tutto in atto cui i filosofi sono giunti ad argomentare validamente, Dio che è la sorgente di ogni essere ama personalmente ogni uomo, lo ama appassionatamente e vuol essere a sua volta amato da lui. Dà vita perciò a una storia d’amore con Israele, il suo popolo, e in questa vicenda, di fronte ai tradimenti del popolo, il suo  amore si mostra ricco di inesauribile fedeltà e misericordia, è l’amore che perdona al di là di ogni limite. In Gesù Cristo un tale atteggiamento raggiunge la sua forma estrema, inaudita e drammatica: in Lui infatti Dio si fa uno di noi, nostro fratello in umanità, e addirittura sacrifica la sua vita per noi. Nella morte in croce si compie dunque “quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo – amore, questo nella sua  forma più radicale” ma non irragionevole. Ecco perché Dio non costringe mai, non fa spettacolo ma attende la libera risposta di ogni uomo e manifesta la sua onnipotenza nell’amore che giunge al perdono. Come nella lezione di Ratisbona del 12 settembre 2005 Benedetto XVI critica chi esalta a tal punto il primato della libertà e della volontà sulla ragione da aprire la strada non a un Dio – Logos – Amore ma a un Dio puro Arbitrio, “che non sarebbe legato neppure alla verità e al bene”.

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