VII Domenica

 

Dio che è amore, creandoci a sua immagine e somiglianza, ha dotato ciascun essere umano del bene inestimabile del libero arbitrio per amare e questo affinché possa desiderare il bene e meritare il dono della salvezza e quindi non essere solo un burattino che fa il bene perché non saprebbe fare altro, come una scimmia ammaestrata. Il dono del libero arbitrio contiene però in sé stesso una tremenda possibilità: che l'uomo ne faccia un cattivo uso. In quel caso non si potrà mai dire che è stato Dio a provocare la rovina di quell'anima. Il prezzo della libertà per cui l'uomo non è schiavo è il peccato, un'offesa fatta a Dio, poi un'offesa fatta agli altri o a se stessi: peccando, scegliendo il male invece del bene, l'uomo disprezza i doni ricevuti, infrange la morale.

Il Figlio del Padre nello Spirito Santo cioè Dio "quand'eravamo nemici di Dio, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo" (Romani 5,10). Quand'eravamo ribelli, peccatori, Dio non si è accontentato di sopportarci con pazienza, ma è andato nella direzione opposta: ci ha amato donandoci il proprio Figlio. Ecco perché Gesù chiede per vivere di amare i propri nemici, cioè un amore che eccede le capacità umane. In realtà, la proposta di Cristo Via Verità e Vita è realistica, perché tiene conto che nel mondo, fin dal peccato originale, c'è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione di vita se non contrapponendo un di più amore, un di più di bontà. Questo "di più" viene da Dio: è la misericordia, che si è fatta carne in Gesù e che sola può "sbilanciare" il mondo dal male verso il bene, a partire da quel piccolo e decisivo "mondo" che è il cuore dell'uomo che nella Confessione si lascia perdonare, ricreare e con l'Eucarestia amare.

Giustamente la pagina evangelica di oggi viene considerata la magna cartha della non violenza cristiana, che non consiste nell'arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l'altra guancia" (Lc 6,29) – ma nel rispondere al male con il bene (Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell'ingiustizia. Si comprende allora che la non violenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, dell'uomo-donna nel matrimonio, di genitori-figli in famiglia, di cittadini nella società, l'atteggiamento di chi è così convinto dell'amore di Dio e della potenza del perdono, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell'amore vero, del perdono. L'amore del nemico costituisce il nucleo della "rivoluzione cristiana". La rivoluzione dell'amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa esperimentata nella Confessione e nella Celebrazione eucaristica.

In questa domenica il Vangelo ci offre il messaggio più importante, l'amore per i nemici, per chi ci offende, per chi ci fa del male anche in rapporti affettivi. Gesù chiede ai suoi discepoli non soltanto di sopportare i nemici e di essere pazienti con loro, ma addirittura di amarli. La reazione spontanea all'opposizione di un nemico è quello di rispondere con un'opposizione analoga. Quando c'è stata violenza da una parte, la reazione spontanea dell'altra parte è di rispondere con una violenza simile, anzi maggiore. Invece Gesù ci dice: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano". Quindi egli ci chiede non soltanto di avere un affetto, un sentimento nei confronti dei nemici, bensì una disposizione concreta di far loro del bene, cioè un amore effettivo, il che è ancora più difficile, anzi impossibile senza il dono sacramentale.

Gesù poi dice per vincere il male con il bene: "Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano". Questo è lo specifico del cristiano, dell'umanesimo cristiano, in quanto è lo specifico del rapporto di Cristo con noi. Mi mamma era severissima e mio papa: "di una preghiera e falle un servizio e vedrai che cambia…".

Dobbiamo chiederci se abbiamo questa consapevolezza, questa disposizione interiore, senza la quale non siamo veramente uniti al dono di Cristo. Per essere uniti a lui, dobbiamo accogliere questo comando: "Amate i vostri nemici". Il che vuol dire che il nostro fine dev'essere anzitutto quello di far trionfare l'amore.

Spontaneamente noi siamo portati a far trionfare noi stessi. Per            questo all'opposizione e all'odio rispondiamo con un'opposizione e con un odio altrettanto forti, anzi ancora più forti, sperando così di aver il sopravvento. Siamo contenti quando riusciamo a respingere i nemici, provocando loro delle perdite. Invece, Gesù ci chiede di avere come fine il progresso nell'amore, anzitutto nel nostro cuore, ma anche nel cuore degli altri.

Il progresso nell'amore nel nostro cuore si ha resistendo agli impulsi di odio e di vendetta che nascono spontaneamente in noi stessi quando siamo trattati male, ingiustamente e crudelmente. Non dobbiamo accettare che il male vinca in noi. Il che avviene quando provoca l'odio. Invece, noi vinciamo il male, se conserviamo – anzi accresciamo – in noi l'impulso dell'amore, della benevolenza. "Dove non c'è l'amore, mettere l'amore": ecco l'ideale, il compito dei cristiani. Allora l'amore sarà veramente vittorioso.

Ma per far questo, dobbiamo pensarlo e desiderarlo, come Gesù. Egli infatti non ha cercato il proprio interesse, ma il bene di tutti, perché non c'è nulla di più bello e di più grande di questo amore, che conferisce alla persona tutta la sua dignità

Una persona in cui non c'è amore, non ha una vera dignità di figlio di Dio che è amore, mentre una persona in cui l'amore è presente e supera tutti gli ostacoli, ha questa dignità

Gesù continua dicendo: "Siate misericordiosi com'è misericordioso il Padre vostro". Il nostro Padre celeste ha una misericordia infinita. Vuol bene ai peccatori, cerca il loro vero bene; non cerca di far prevalere nei loro cuori la propria potenza, ma il proprio amore, come la Regina dell'amore, della pace, la Madre del lungo cammino. 

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