La musica favorisce la fede


La musica sacra può favorire la fede e cooperare alla nuova evangelizzazione

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“Questo vostro convegno (Incontro promosso dall’Associazione Italiana Santa Cecilia) si colloca nella ricorrenza del 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. E con piacere ho visto che l’Associazione Santa Cecilia ha inteso riproporre alla vostra attenzione  l’insegnamento della Costituzione conciliare sulla liturgia, in particolare là dove – nel sestocapitolo – tratta della musica sacra. In tale ricorrenza, come sapete bene, ho voluto per tutta la Chiesa uno speciale Anno della fede, al fine di promuovere l’approfondimento della fede in tutti i battezzati e il comune impegno per la nuova evangelizzazione. Perciò, incontrandovi, vorrei sottolineare brevemente come la musica sacra può, anzitutto, favorire la fede e, inoltre,cooperare alla nuova evangelizzazione.
Circa la fede, viene spontaneo pensare alla vicenda personale di Sant’Agostino – uno dei grandi Padri della Chiesa, vissuto tra il IV e il V secolo dopo Cristo – alla cui conversione 
contribuì certamente e in modo rilevante l’ascolto del canto dei salmi e degli inni, nelle liturgie presiedute da Sant’Ambrogio. Se infatti sempre la fede nasce dall’ascolto della Parola di Dio – un ascolto naturalmente non solo dei sensi, ma che dai sensi passa alla mente e al cuore – non c’è dubbio che la musica e soprattutto il canto possono conferire alla recita dei salmi e dei cantici biblici maggiore forza comunicativa. Tra i carismi di Sant’Ambrogio vi era proprio quello di una spiccata sensibilità e capacità musicale, ed egli, una volta ordinato Vescovo di Milano, mise questo dono al servizio della fede e dell’evangelizzazione. La testimonianza di Agostino, che in quel tempo era professore a Milano e cercava Dio, cercava la fede, al riguardo è molto significativa. Nel decimo libro delle Confessioni,della sua Autobiografia, egli scrive: “Quando mi tornano alla mente le lacrime che canti di chiesa mi strapparono ai primordi nella mia fede riconquistata, e alla commozione che ancor oggi suscita in me non il canto, ma le parole cantate, se cantate con voce limpida e la modulazione più conveniente, riconosco di nuovo la grande utilità di questa pratica” (33,50). L’esperienza degli inni ambrosiani fu talmente forte, che Agostino li portò impressi nella memoria e li citò spesso nelle sue opere; anzi, scrisse un’opera proprio sulla musica, il De Musica. Egli afferma di non approvare, durante le liturgie cantate, la ricerca del mero piacere sensibile, ma riconosce che la musica e il canto ben fatti possono aiutare ad accogliere la Parola di Dio e a provare una salutare commozione. Questa testimonianza di Sant’Agostino ci aiuta a comprendere il fatto che la CostituzioneSacrosanctum Concilium, in linea con la tradizione della Chiesa, insegna che “il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria e integrante della liturgia solenne” (n.112). Perché “necessaria ed integrante”?Non certo per motivi puramente estetici, in un senso superficiale, ma perché coopera, proprio per la sua bellezza, a nutrire ed esprimere la fede, e quindi alla gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli, che sono il fine della musica sacra (ibid.). Proprio per questo motivo vorrei ringraziarvi per il prezioso servizio che prestate: la musica che eseguite non è un accessorio o solo un abbellimento esteriore alla liturgia, ma è essa stessa liturgia. Voi aiutate l’intera Assemblea a lodare Dio, a far scendere nel profondo del cuore la sua Parola: con il canto voi pregate e fate pregare, e partecipate al canto e alla preghiera della liturgia che abbraccia l’intera creazione nel glorificare il Creatore.
Il secondo aspetto che propongo alla vostra riflessione è il rapporto tra il canto sacro e la nuova evangelizzazione. La Costituzione conciliare sulla liturgia ricorda l’importanza della musica sacra nella missione ad gentes ed esorta a valorizzare le tradizione musicali dei popoli (n.119). Ma anche proprio nei Paesi di antica evangelizzazione, come l’Italia, la musica sacra – con la sua grande tradizione che è propria, che è cultura nostra, occidentale – può avere e di fatto ha un compito rilevante, per favorire la riscoperta di Dio, un rinnovato accostamento al messaggio cristiano e ai misteri della fede. Pensiamo alla celebre esperienza di PaulClaudel, poeta francese, che si convertì ascoltando il canto del Magnificat durante i Vespri di Natale nella Cattedrale di Notre – Dame a Parigi: “In quel momento – egli scrive – capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fu toccato e io credettiCredetti con una forza di adesione così grande, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così potente, in una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che, dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata hanno potuto scuotere la mia fede né toccarla”. Ma senza scomodare personaggi illustri, pensate a quante persone sono state toccate nel profondo dell’animo ascoltando la musica sacra; e ancora di più a quanti si sono sentiti nuovamente attirati verso Dio dalla bellezza della musica liturgica come Claudel.  E qui, cari amici, voi avete un ruolo importante: impegnatevi a migliorare la qualità del canto liturgico, senza aver timore di recuperare e valorizzare la garnde tradizione musicale della Chiesa, che nel gregoriano e nella polifonia ha due delle espressioni più alte, come afferma lo stesso Vaticano II (SC 116). E vorrei sottolineare che la partecipazione attiva dell’intero popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo Spirito la Parola, e quetso vale anche per la musica sacra. Voi, che avete il dono del canto, potete far cantare il cuore di tante persone nelel celebrazioni liturgiche.
Cari amici, auguro che in Italia la musica liturgica tenda sempre più in alto, per lodare degnamente il Signore e per mostrare come la Chiesa sia il luogo in cui la bellezza è di casa” (Benedetto XVI, Ai partecipanti all’Associazione Italiana Santa Cecilia, 10 novembre 2012).

Vorrei sottolineare un giudizio molto importante di Benedetto XVI: “La partecipazione attiva dell’intero popolo di Dio alla liturgia non consiste solo nel parlare, ma anche nell’ascoltare, nell’accogliere con i sensi e con lo Spirito la Parola, e questo vale anche per la musica sacra”. Si pensa che l’unica forma attiva sia che cantino tutti  e non più esperimentata la potenza unificante dell’ascolto comunitario, della meraviglia comunitaria, della commozione comunitaria prodotta dalla Schola cantorum, in una profondità non esprimibile a parole. Nelle esperienze degli ultimi anni una cosa si è resa evidente per cui la Chiesa fatica ad essere il luogo in cui la bellezza è di casa. Il ripiegamento sull’utilizzabile non ha reso la liturgia più aperta, ma solo più povera. La necessaria semplicità non è realizzabile per mezzo dell’impoverimento.

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