Se Draghi riuscisse

Tutto sembra cambiato dal 2020 al 2021: nel 2020 l'Italia era nel baratro, veniva considerata uno dei paesi più sfortunati e malconci. Nel 2021 sembra uno dei Paesi più ammirati e stimati

Antonio Socci, "Lo Straniero" – 20 Settembre 2021

Nel 2020 fummo i primi in occidente a subire l'impatto mortale del ciclone Covid 19 con tutte le sue conseguenze su un tessuto sociale ed economico già disastrato da una crisi ventennale. Al dramma della pandemia si aggiunsero i molti errori di un governo confuso e inadeguato.

 

Nel 2021 lo scenario si è ribaltato. Anno nuovo, governo nuovo: rispetto al precedente Conte 2, che rappresentava una minoranza del Paese, l'esecutivo Draghi ne rappresenta la quasi totalità.

 

Ora, di colpo, l'Italia stupisce in positivo. L'estate delle vittorie sportive (agli Europei di calcio, alle Olimpiadi, alle Paralimpiadi) è stata la metafora di un'Italia ammirata dal mondo intero, che cerca, con energia e coraggio, di scongiurare la ripresa autunnale della pandemia e di agganciare una crescita economica da favola: corriamo verso il 6 per cento di aumento del Pil, siamo fra i migliori, mentre eravamo stati fra i peggiori per il crollo del Pil nel 2020.

 

Tutto questo, sotto la guida di Draghi, avviene con un consenso nel Paese (oltreché nel Parlamento) che non si vedeva da decenni.

 

Fino a ieri avevamo un premier che non aveva nessuna esperienza politica e di governo, nessuna autorevolezza internazionale ed era irrilevante nei vertici europei dove l'Italia sembrava stare quasi in piedi e col cappello in mano.

 

Oggi il nostro Paese è rappresentato da un premier prestigioso, che ha dimostrato eccellenti doti di leadership come governatore della Bce e di fatto è l'italiano più stimato nel mondo.

 

Draghi si è imposto addirittura, a livello internazionale, come il più quotato erede della leadership europea della Merkel.

 

Tanto era prolisso e indeciso a tutto Conte (con la sua politica del rinvio e delle chiacchiere), quanto è silenzioso e decisionista Draghi.

 

Fino a ieri venivamo irrisi come un popolo confusionario, superficiale e ingovernabile. Oggi siamo un esempio di senso di responsabilità, un popolo compatto – con il governo – nel volere l'uscita dall'emergenza pandemica e il rilancio dell'economia.

 

Un popolo consapevole della gravità del momento, che si è dimostrato disposto – per risollevarsi – ad aderire massicciamente alla vaccinazione (più di altri) e ad accollarsi il sacrificio (ovviamente temporaneo) di certi diritti senza troppe lagne, pur di evitare una nuova ondata pandemica e nuovi devastanti lockdown.

 

Certo, non siamo in una situazione normale: per questo abbiamo un governo di unità nazionale. Né si può dire che tutte le decisioni del governo (prese o annunciate) siano giuste o che tutti i ministri meritino la promozione. Tutt'altro, qualcuno è un disastro.

 

Ma l'aria che si respira fra la gente è questa: lasciarsi alle spalle il cataclisma, uscire dalla cupezza, ricominciare a vivere, ritrovare il sano ottimismo della ricostruzione del dopoguerra e rilanciare l'Italia, rifarla bella e prospera. La classe politica dovrebbe rappresentare questo stato d'animo del Paese.

 

Certo, bisogna essere consapevoli che siamo in una democrazia gravata dal peso dell'emergenza e dovremo infine andare a nuove elezioni per tornare alla normale dialettica politica, tipica di una democrazia parlamentare.

 

Ma questo può essere anche un "momento magico" in cui – trasformando l'unità nazionale che sostiene il governo in una vera unità nazionale – si può provare a guarire alcuni problemi atavici del nostro paese: il primo è la delegittimazione, perché abbiamo bisogno di una pacificazione politica che finalmente metta fine alla "guerra civile permanente". Il secondo nodo è la questione giustizia la cui riforma è decisiva anche per il rilancio dell'economia (si spera di avere una svolta almeno con i referendum).

 

È il momento buono anche per riprendere in mano alcuni dossier accantonati – e per l'Italia cruciali – come il problema energetico, compresa la questione del nucleare di nuova generazione recentemente sollevata dal ministro Cingolani.

 

Infine c'è il problema dei problemi: la riscrittura delle regole europeeche negli ultimi vent'anni si sono dimostrate perniciose per l'Italia e molto vantaggiose per altri.

 

È un ripensamento complessivo della UE che Draghi già anticipò come governatore della Bce e che poi ha prospettato, poco prima di essere chiamato a Palazzo Chigi, come chiave di volta per uscire anche dalla crisi pandemica.

 

Pure su questo fronte bisogna riconoscere che Draghi è la carta miglioreche l'Italia ha in mano. E più di tutti dovrebbero riconoscerlo quegli esponenti del centrodestra (giustamente) critici con l'Ue e l'euro che negli ultimi tempi hanno purtroppo messo in secondo piano la (salutare) battaglia sull'economia per dedicarsi all'assurda lotta al Green pass (dall'euroscetticismo al vaccinoscetticismo). Rischiando così di screditare anche le buone ragioni che hanno nella difesa dei nostri interessi nazionali.

 

Se Draghi riuscisse a strappare alla UE una riscrittura delle regole e dei parametri sarebbe una fortuna enorme per un eventuale (futuro) governo di centrodestra. Oltreché per l'Italia.

 

 

 

Antonio Socci

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