Un escursus degli introiti delle Messe natalizie, cantati in gregoriano, ci fa rivivere sacramentalmente la stessa esperienza, di visioni di Dio incarnato e della contemplazione della Thetokos vissuta dai pastori

Luisella Scrosati in "La Nuova Bussola"- 25 dicembre 2022

 

In ambienti non cattolici è stata messa in discussione la visione classica del luogo della nascita di Gesù, ipotizzando che egli sia nato in un'abitazione comune. Una teoria che non corrisponde ai dati storici trasmessi dai Vangeli e che trascura fondamentali principi di fede. La verità della nascita in una povera grotta, infatti, riflette il mistero del Verbo incarnato.

 

Basilica della Natività, Betlemme

Pubblichiamo di seguito la sintesi di uno scritto di padre Serafino Maria Lanzetta, leggibile nella sua versione integrale sul sito di Fides Catholica (vedi qui).

 

***

 

LE TESTIMONIANZE DELLA TRADIZIONE

 

Nei Vangeli abbiamo pochi dati storici sulla nascita di Gesù ma sufficienti per custodire il mistero. Da Matteo e Luca apprendiamo che Gesù nacque a Betlemme di Giuda (cfr. Mt 2,1; Lc 2,4). Solo da San Luca sappiamo che non c'era posto "nella locanda" (o "nell'alloggio") e che, per questo motivo, il bambino fu avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia (cfr. Lc 2,4-7). La visione tradizionale ritiene che Gesù sia nato in una grotta. L'unico riferimento biblico letterale è il fatto che Nostro Signore fu deposto in una "mangiatoia" (cfr. Lc 2,7: phátne). Tuttavia, ci sono testimonianze storiche dei primi Padri della Chiesa sulla nascita di Gesù in una grotta: San Giustino Martire (150 d.C.), secondo il quale Gesù è nato in una grotta utilizzata come stalla, anche se non proprio la tipica stalla in pietra e legno così familiare nella nostra arte cristiana; poi Origene (250 d.C.) e San Girolamo (325 d.C.). Nel 335 d.C. l'imperatore Costantino costruì la Basilica della Natività nel luogo in cui era stata individuata la grotta della natività di Gesù a Betlemme, grazie alle testimonianze storiche di questi primi Padri della Chiesa.

 

Formuliamo un'ipotesi, che ci accingiamo a discutere: se la grotta della nascita di Gesù a Betlemme, su cui è stata costruita la Basilica della Natività, e che prima, nel 130 d.C., l'imperatore pagano Adriano, cercando di profanare i luoghi santi ebraici e cristiani in Palestina, aveva ironicamente contribuito a conservarne l'identità, non dovesse più essere il luogo della nascita di Nostro Signore alla luce di una nuova scoperta esegetica, questa nuova posizione potrebbe semplicemente mettere in discussione l'ormai plurisecolare accoglienza dell'autenticità storica di un sito così antico? Il nocciolo della questione, su cui penderebbe l'intera vicenda, è una diversa traduzione di una sola parola.

 

NON C'ERA POSTO NELLA STANZA DEGLI OSPITI?

 

Perché formuliamo quest'ipotesi? Più recentemente, a partire in particolare dagli studi di Kenneth Bailey (1930-2016, ministro presbiteriano, autore prolifico negli studi sul Medio Oriente nel Nuovo Testamento mediorientale), in particolare nella sua opera intitolata Jesus Through Middle Eastern Eyes. Cultural Studies in the Gospel (2008), la visione classica del luogo della nascita di Gesù è stata messa in discussione, favorendo una nuova teoria: Gesù sarebbe nato in una normale abitazione del tempo. Bailey segue l'interpretazione di Alfred Plummer (1841-1926, ecclesiastico e biblista della Chiesa Anglicana), nella sua opera Gospel According to St Luke (5th ed., International Critical Commentary, 1922).

 

Diversi argomenti sono portati a sostegno di questa nuova teoria. Innanzitutto il fatto che sarebbe stato quasi impossibile per Giuseppe, della casa di Davide, non trovare un luogo accogliente a Betlemme, città regale, dove Maria sua sposa avesse potuto partorire. Sarebbe stato impensabile che, bussando a qualsiasi porta e recitando la genealogia regale, non avesse trovato ospitalità per la notte. Questa manifesta incongruenza conduce a un secondo e più importante argomento esegetico. La parola usata da Luca per indicare la locanda in cui non c'era posto per la Sacra Famiglia è katáluma (da katá lúo) che significa sciogliere o slegare, cioè disarcionare i cavalli e slegare il proprio bagaglio, che quindi può alludere a un generico alloggio per uomini e bestiame. In effetti, alcuni autori, come Joseph Fitzmeyer SJ, in The Gospel according to Luke I-IX (1970), traducono katáluma con il termine generico di luogo ospitale ("lodge"), una sorta di caravanserraglio. Per Raymond E. Brown, nella sua opera The Birth of the Messiah (1977), che conduce la sua ricerca con puro metodo storico-critico, "se la mangiatoia era antecedente a quella lucana nella tradizione, la mancanza di posto nell'alloggio può essere stata una vaga supposizione di Luca, per spiegare l'uso della mangiatoia". E se invece fosse il resoconto storico di ciò che è realmente accaduto? Perché escluderlo a priori?

 

È vero, tuttavia, che quando Luca menziona una vera e propria "locanda", nella parabola del buon samaritano che si prende cura di quell'uomo incappato tra i briganti (Lc 10,34), usa un altro termine, pandocheîon, che indica una locanda commerciale, dove generalmente venivano accolti viaggiatori e ospiti. Katáluma, più specificamente, è la parola che indica la "stanza superiore" dove Gesù celebra l'Ultima Cena con i suoi discepoli (Marco 14,14 e Luca 22,11; Matteo non menziona la stanza superiore). Si tratta chiaramente di una sala di ricevimento/stanza per ospiti in un'abitazione privata. La lettura di katáluma come "stanza degli ospiti" è qui preferita per il fatto che nel Vangelo di Luca due elementi già incontrati starebbero in contrapposizione tra loro: phátne e katáluma, potendo indicare quest'ultimo, ancora più genericamente, uno spazio in qualsiasi tipo di struttura. Quindi, la conclusione è che siccome non c'era posto nella stanza destinata agli ospiti, è molto probabile che Maria e Giuseppe siano stati ospitati nell'unica stanza destinata alla famiglia, che fungeva da soggiorno e da stanza da letto, dove c'era spazio anche per gli animali, sfamati in una o più mangiatoie incavate nel pavimento o costruite come elementi indipendenti. Maria avrebbe quindi partorito Gesù nel mezzo di una casa affollata, alla presenza di ospiti e familiari, anche se solo le donne, che fungevano anche da levatrici, erano ammesse al momento del parto. I pastori sarebbero arrivati e avrebbero trovato un'atmosfera familiare di festa.

 

ALCUNI PRINCIPI DELLA FEDE FACILMENTE TRASCURATI

 

In realtà, seguendo questa teoria, apparentemente convincente, si rischia di mettere in discussione delle verità fondamentali della fede. Il segno dato era "un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia" (cfr. Lc 2, 11). Una mangiatoia all'interno del soggiorno di casa rappresenterebbe piuttosto un luogo ordinario in cui venivano custoditi gli animali e non indicherebbe nulla di speciale, al di là del suo significato immediato e tangibile. Ma ciò che più stride con il racconto evangelico è il fatto che quando i pastori arrivarono non trovarono una calca di gente, ma semplicemente coloro che sono con il Bimbo i protagonisti del mistero del Natale. "Vennero in fretta - annota il Vangelo - e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia" (Lc 2, 16).

 

Ma c'è un altro dato importante su cui riflettere, quello decisivo. Se la Madonna ha partorito in una normale abitazione, in un via vai di gente e con donne che la assistevano, la conclusione logica è che il parto non è verginale. Un contesto familiare ordinario evoca immediatamente un parto ordinario. La verginità in partu della Madre è una nascita miracolosa, straordinaria, del Figlio, di Colui che passa attraverso il grembo della Beata Vergine senza intaccarlo, senza rotture né doglie del parto. Quel momento prelude alla risurrezione di Gesù, quando il suo corpo glorioso passò attraverso il lenzuolo funebre, la sindone, lasciandola stesa lì dov'era, cosa che fu davvero sorprendente per Giovanni e Pietro. Giovanni vide questo segno e credette nella risurrezione (cfr. Gv 20,4-8); e prelude pure all'ingresso di Nostro Signore nel cenacolo, sempre dopo la sua risurrezione, passando attraverso una porta chiusa (cfr. Gv 20,19).

 

Nel silenzio della verginità di Maria, nella sua riservatezza divina, troviamo la vera culla della santa nascita di Gesù, che necessariamente riflette e modella quella materiale: l'austera grotta della nascita del Divin Pargoletto. O il mistero è un'unità di segno e realtà o semplicemente non è.

 

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