Domenica V di Pasqua

 

Domenica scorsa con il Buon Pastore il Vangelo ci ha ricordato che per credere occorre che il Padre ci renda gregge di Cristo attraverso il dono dello Spirito Santo. In questa domenica l'azione del Padre ci unisce alla vera vite che è Gesù e c'invita a rimanere uniti a Lui per portare molto frutto di amore. E il rimando sacramentale al Padre avviene attraverso il Vescovo in comunione con il Papa per essere gregge e vite di Cristo. Qui a Verona martedì 27 abbiamo celebrato liturgicamente la memoria dei Santi Vescovi della Chiesa veronese: i primi otto da Euprepio a Zeno sono canonizzati, hanno avviato la Chiesa corpo di Cristo. E la continuità, anche con riuscite e limiti, fino all'attuale Mons. Giuseppe Zenti con i sacerdoti e i genitori sono la visibilità dell'azione del Padre per essere ed operare gregge, vigna di Cristo. E la crisi in questa consapevolezza e vissuto di relazione ecclesiale è a monte dell'attuale crisi di fede, di speranza, di amore, di vita familiare, di comunità religiose, di vissuto parrocchiale, diocesano.

Nella prima lettura vediamo che Paolo, appena convertito, ha portato frutto, perché ha predicato rivelando apertamente la sua appartenenza al gregge, alla vigna di Cristo attraverso i dodici Apostoli.

Nel Vangelo Gesù ci si presenta come la vera vite. Con un severo ammonimento, pone subito, di fronte al libero-arbitrio, il problema dei frutti da portare appartenendo alla diocesi, alla parrocchia, alla comunità religiosa, alla famiglia: ogni tralcio che individualisticamente non mi appartiene come dono del Padre attraverso la diocesi, la parrocchia, la comunità religiosa, la famiglia non porta frutto e il Padre lo toglie o lo pota.

Spesso nella Bibbia cioè nell'Antica Alleanza cioè nell'Antica storia di Amore, Israele viene paragonato alla vigna feconda quando è fedele a Dio; ma, se si allontana da Lui e dal suo popolo, diventa sterile, incapace di produrre quel "vino che allieta il cuore dell'uomo", come canta il Salmo 104 (v. 15). La vera vigna di Dio, la vite vera, è Gesù l'Amato dell'Amante, il Padre, nell'Amore, lo Spirito Santo. Gesù, che con il suo sacrificio di amore ci dona la salvezza, ci apre il cammino per essere parte di questa vigna, un pollone di questa vite. E come Cristo rimane nell'amore di Dio Padre, così i discepoli, sapientemente potati dalla parola del Maestro (Gv 15, 2-4), se sono uniti a Lui e tra loro, diventano tralci fecondi, che producono abbondante raccolto. Scrive San Francesco di Sales: "Il ramo unito e congiunto al tronco (Vescovo, Parroco, Superiore, Genitori) porta frutto non per propria virtù, ma per virtù del ceppo: ora, noi siamo stati uniti dalla carità al nostro Redentore, come le membra al capo: ora noi siamo stati uniti dalla carità al nostro Redentore, come le membra al capo; ecco perché …le buone opere, traendo il loro valore da Lui, meritano la vita eterna" (Trattato dell'amore di Dio, XI). Nel giorno del nostro Battesimo, cui riandare spesso in questi cinquanta giorni pasquali, essere gregge, vigna attraverso la Chiesa vuol dire innestati come tralci nel Mistero pasquale di Gesù, nella sua Persona stessa. E quando Gesù si presenta ad un'anima preparata dal Padre attraverso il Vescovo, il Parroco, il Superiore, i Genitori, essa lo riconosce come  la vite e di cui è il tralcio. È un momento spirituale molto bello. Quando due persone si amano, pensano spesso al momento in cui si sono incontrati, conosciuti: in quel momento c'è stata una specie di riconoscimento reciproco, si sono riconosciuti come appartenenti l'uno all'altra, e la loro vita è diventata più vera, più buona, più bella. La stessa cosa, e molto più profondamente, avviene con il Signore Gesù, magari nella liturgia della Messa. E quando Lui si presenta ad un'anima che gli è stata data dal Padre in diocesi, in parrocchia, nella comunità, in famiglia, si riconoscono come tralci alla vite, come pecore al gregge. Da questa radice riceviamo la preziosa linfa per partecipare alla vita divina. Come discepoli, anche noi, con l'aiuto del Vescovo, del sacerdote, del Superiore, dei Genitori, cioè della Chiesa, sentiamo di portare l'amore, il suo presupposto è proprio questo rimanere, portare amore attraverso quella fede che non lascia mai il Signore.

È indispensabile rimanere interiormente sempre uniti a Gesù e quindi al Padre nello Spirito Santo, alla Diocesi, alla Parrocchia, alla Comunità, alla Famiglia.

Ognuno di noi  come un tralcio, che vive ed è fecondo solo unito alla vite nel corpo di Cristo che è la Chiesa e quindi se fa crescere nella preghiera, nella partecipazione ai Sacramenti, alla Messa almeno della Domenica, nella carità la sua unione con il Signore. E chi si sente amato e ama Gesù, vera vite, produce frutti di fede per un abbondante accolto di amore. Supplichiamo la Madre di Dio perché rimaniamo saldamente innestati in Gesù in diocesi, in parrocchia, in comunità, in famiglia.

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